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Le tentazioni di Totti, il suo secondo tempo non può mai cominciare

L’offerta del Como e la folle idea del rientro dopo il ritiro nel 2017. Lui cavalca l’iperbole: “La testa ha già deciso”

Ci sono la vita terrena, la vita eterna e la vita di Totti. Quest’ultima punta all’eternità sul terreno (di gioco). Il secondo tempo della sua esistenza non è cominciato mai. Era già tutto previsto la sera di maggio di sette anni fa quando lesse l’addio che non sapeva dire. Nell’oscurità di Roma l’Olimpico era un anello di luce, un circuito da cui non avrebbe voluto né saputo uscire. La sua esistenza non procedeva in linea retta, ma in circolo: nella ripetizione di gesta, sportive e amorose, in cui poteva riconoscersi. È rientrato nello spogliatoio, ma non è mai uscito per la ripresa che tutti gli altri, in maniera e misura diversa, si sono concessi. Ha bigiato il corso da allenatore, interrotto presto la carriera di agente, non è durato neppure alla Roma come vaga stella della lupa. Non sembra adatto per fare la seconda voce in telecronaca, né per i commenti da studio (chi può immaginarlo a punteggiare Marianella o discutere con Bruno Giordano?). Come attore può ottenere sensatamente un cameo o, insensatamente, un ruolo da protagonista che lo consegni al destino di Alberto Tomba, in arte Alex l’ariete. Gli affari, anche andassero alla grande, non gli danno i brividi. Per questo ora evoca la possibilità dell’eterno ritorno, inconsapevole incarnazione filosofica in cui l’universale (il numero 10) replica il proprio corso rimanendo uguale a sé stesso.

È sembrata un’iperbole, forse un modo per distrarre da certe fotografie che indicano una sua tendenza a ripetersi in altri campi. Nessuno ci ha creduto, anche se qualcuno ha fatto finta per motivi commerciali. Poi quell’iperbole Totti l’ha cavalcata. Se lo dici una volta è una fesseria, se lo dici due volte è una mezza verità. Alla prossima ci siamo. Sostiene che la testa e le gambe si stanno parlando, la testa avrebbe già deciso (ed è facile immaginarne la scelta), le gambe ancora ci ragionano. La storia dello sport è piena di grandi ritorni, anche fuori tempo massimo. Michael Jordan è riapparso due volte, la prima per vincere altri tre campionati, la seconda per portare a spasso la propria ombra. George Foreman si riprese il titolo dei massimi a 45 anni e 9 mesi, contro un pugile di 27. A 48 e 10 mesi dovettero taroccare un verdetto per fargli capire che era ora di andare.

Balotelli al Genoa deve averlo stuzzicato: magari ha ancora voglia di corrergli dietro. Manca soltanto Cassano per rimettere insieme la vecchia banda. Non andandosene da Roma Totti non ha mai preso il vento contro. Dopo il ritiro sembra stia andando a cercarselo, per vedere l’effetto che fa. Mezza stagione al Co(s)mo(s) sul lago dorato, con le star che vengono a guardare, l’eccitazione della vigilia e del ri-debutto, poi si vedrà, muoverebbe le acque non soltanto in quel ramo, ma in tutto lo stagno di questo torneo, dove si freme per quel che resta di Morata, Lukaku, Pedro (sicuri che non avessero smesso anche loro?). Basterebbero gli ultimi dieci minuti, basterebbe un gol della bandiera (la sua) per dirsi che ne era valsa la pena. Poi qualcuno ci farebbe il titolo: “Spalletti, convocalo!”. Come la tragedia, anche il trionfo si ripresenta in abiti farseschi.

Un capitano in esilio non diventa un soldato semplice, sarebbe sempre complicato da gestire, ma se vuole giocarsela e qualcuno gliela vuole passare, non resta che assistere e raccontarla. In fondo, quanti non hanno smesso per tempo di scrivere? Totti non macchierebbe per questo la sua reputazione, che è già scolpita nei marmi del Foro Italico. Avrebbe da perdere soltanto quelle invisibili catene che lo imprigionano in una vita che non sa ricominciare.

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