Uno degli slogan vuoti e senza senso di questi disgraziati anni azzurri recita: la Nazionale dev’essere come un club. Lo è diventata, ma ha preso a modello il Borgorosso: il presidente ha cacciato l’allenatore all’indomani di una sconfitta alla prima giornata per scaricare su di lui tutte le colpe di una gestione fallimentare, alla vigilia di un’altra partita comunque fondamentale. Grazie a Gabriele Gravina e Luciano Spalletti, l’Italia quattro volte campione del mondo è diventata la riproduzione fedele di una delle squadre sgangherate del sistema che degnamente rappresenta: senza visione, senza qualità, senza risultati. Come in una società, paga l’allenatore solo perché non si vuole mandare a casa chi ce l’ha messo e forse lo meriterebbe di più. E qui non c’è neppure un vulcanico patron a buttar via i propri soldi, ma un dirigente stipendiato dalla federazione e una squadra che appartiene agli italiani.
Un tecnico abbandonato al suo destino
Il desolante spettacolo delle ultime ore è la fotografia di come si è ridotta la Nazionale. Spalletti, abbandonato da mesi al suo destino, comunica da solo il suo esonero nella conferenza prepartita e la considera pure una carineria da parte della Figc per consentirgli un’uscita di scena spettacolare. Gravina invece infila la svolta nella cruna temporale di tre giorni per due partite (questo non lo fanno neanche i peggiori club di Caracas, loro aspettano la sosta), perché non è capace o non vuole difendere il suo ct un minuto di più: chissenefrega se c’è una Moldova da affrontare e forse da temere, vista l’aria che tira.
Un divorzio senza rimpianti
Il divorzio breve, ratificato con zero rimpianti, suggerisce una domanda: quanto doveva essere logoro il rapporto tra i due per sgretolarsi in tal modo dopo una sconfitta dolorosa ma ampiamente annunciata? Quanta fiducia c’era nell’uomo di Montespertoli per affidargli la corsa al Mondiale e rinnegarlo dopo 90 minuti? È solo l’ultimo evento di una catena che parte dalla mancata qualificazione al Qatar, tre anni fa. Gravina e Mancini dovevano dimettersi, fu scritto invano su queste colonne, e invece si blindarono insieme, per poi separarsi un anno e mezzo più tardi, a metà percorso, per questione di soldi. Lo stesso errore è stato ripetuto con Spalletti: dopo un Europeo imbarazzante, in cui il ct aveva proposto un’Italia inadeguata, miracolata al primo turno e poi presa a scudisciate dalla Svizzera, la Figc ha confermato pure lui, e l’unica risposta al flop è stata una fantomatica commissione che sarebbe piaciuta al Conte Mascetti: non ha fatto nulla per un anno, come se fosse antani. È stato necessario farsi umiliare a Oslo e compromettere un altro Mondiale per cambiare guida.
Un uomo da club, ma difettoso come ct
Spalletti era la migliore soluzione per un club, ma difettava di molte delle doti che si chiedono a un ct: in particolare la diplomazia e l’abilità nel costruire una squadra vincente senza poterla allenare tutti i giorni. Abituato a dialettiche feroci con i leader, ha iniziato l’avventura azzurra silurando Immobile un minuto dopo averlo investito dei gradi di capitano e l’ha chiusa con l’imbarazzante rifiuto di Acerbi, prima bollato come vecchio e poi chiamato come salvagente. La gestione del già scarso capitale umano a disposizione è stata conflittuale e contradditoria, incapace di dare gioco e identità all’Italia, o anche solo di inventarsi qualcosa per non prendere sempre lo stesso gol da calcio piazzato. E pensare che per ingaggiarlo la Figc assunse il rischio di saldare una penale al Napoli.
Spalletti paga, Gravina resta: un copione già visto
Paga Spalletti, resta Gravina: un copione già visto. Ma ci sarà più di un motivo se la Nazionale non va al Mondiale da due edizioni. Se è stata spedita a casa da Slovacchia e Costarica, lasciata all’aeroporto da Svezia e Macedonia del Nord, presa a schiaffi da Svizzera e Norvegia, al punto da considerare ormai il meraviglioso Europeo vinto nel 2021 l’eccezionale favola di una outsider. Se alle Olimpiadi non si presenta dal 2008, se agli Europei Under 21 ha raggiunto una finale nelle ultime dieci edizioni (e spesso esce al primo turno). Nel giorno del disastro in Norvegia i dirigenti del nostro calcio erano impegnati a commentare il sorteggio del calendario e celebrare il Festival della serie A. La Nazionale è un fastidio, però alle ultime elezioni Gravina è stato eletto per la terza volta con il 98,7% dei consensi. Al sistema va benissimo così: vietato parlarne al conducente.