Questo sito contribuisce alla audience di
 

Bove, la scoperta della fragilità e il coraggio dei compagni

La grande paura per il calciatore della Fiorentina fa tornare di attualità casi del passato: atleti ipercontrollati e preparati allo sforzo che crollano in campo. Il miracolo lo fanno i defibrillatori

È quando vedi qualcuno alle porte dell’aldilà. E ti senti testimone osceno di quelli che potrebbero essere i suoi ultimi momenti. E sei a una partita di calcio di Serie A dove si corre e si scatta e non in una camera d’ospedale o in zona di guerra e nemmeno in uno screpolato campetto di periferia. E non pensi di dover avere paura, anzi sei sollevato, sai che non devi avere preoccupazioni per la salute di ragazzi iper-monitorati, che fanno continui check-up, test fisici, che hanno sensori anche quando dormono, che sanno quanti chilometri corrono e hanno tutti i dati a loro disposizione. Credi che questa attenzione super specialistica li metterà al riparo dallo sforzo eccessivo, dagli scherzi e dai mancamenti del cuore. Vanno a mille perché possono, sono allenati a farlo, perché l’hanno fatto altre volte. È il calcio moderno: aggressività ripartenze, pressing.

Il malore di Bove

È quando ti accorgi che sotto una maglia non c’è un giocatore, ma un uomo di 22 anni che sta male, gli occhi rovesciati. E al minuto 16 di Fiorentina-Inter dopo che Edoardo Bove è crollato sul prato vedi gli altri compagni che si mettono le mani nei capelli che urlano, che piangono, che invocano soccorsi, che vogliono che si faccia presto, non la rimessa, ma la barella, l’autoambulanza. Ma possibile, senza uno scontro fisico?

I precedenti

Sono i ricordi che ti assalgono, quella volta che a Perugia contro la Juve il 30 ottobre 1977 se ne andò Renato Curi. Aveva solo 24 anni. Walter Sabatini era in panchina. “Pioveva, Renato cadde a faccia in giù su una pozzanghera, gli altri credevano gli avesse ceduto il ginocchio, io no, capii subito, dal suo viso nel fango, rientrai nello spogliatoio sapendo che era morto”. Piermario Morosini che si accascia il 14 aprile 2012 al 31’ di Pescara-Livorno. 25 anni. Causa della morte: una rara malattia ereditaria, la cardiomiopatia aritmogena. Lionello Manfredonia, giocatore della Roma che il 30 dicembre 1989 a Bologna si affloscia per un arresto cardiaco. “Faceva freddo, io ero stressato dalla perdita di mia madre, sono stato giorni in coma e quando mi sono svegliato la mia vita era cambiata”. È la sgradevole sensazione che la morte possa entrare in campo nei novanta minuti che invece dovrebbero celebrare la supervita di atleti attrezzati per ogni sforzo. Udine, aprile di quest’anno, al 71’ il giocatore ivoriano della Roma, Evan Ndicka, 24 anni, finisce a terra con dolori al petto. E quando portano all’ospedale Bove che gioca nella Fiorentina, non puoi non pensare agli altri lutti della squadra: nel 2018 per Davide Astori (non in campo) e a marzo di quest’anno per il dg Joe Barone alla vigilia della partita con l’Atalanta. Senza dimenticare il terribile scontro a Firenze il 22 novembre ’81 tra Giancarlo Antognoni e Silvano Martina, portiere del Genoa, che con un’uscita scomposta lo abbatté. Il cuore di Antognoni si fermò per 30 secondi e Martina ricevette 400 lettere tutte di una sola parola: assassino.

Il cuore di Eriksen

Viviamo il grande calcio come lo spettacolo dei Superman che si mangiano il campo. Crediamo che il miracolo sia quello e non il defibrillatore, non il pronto intervento del medico, non l’affetto dei compagni che si tolgono le loro armature da professionisti e coprono la vista del tuo corpo indifeso dallo sguardo delle telecamere. Capitò così agli Europei 2021 a Copenaghen durante Danimarca-Finlandia quando Christian Eriksen, 29 anni, collassò, gli occhi sbarrati. Davanti alla moglie che era lì allo stadio. E il capitano Simon Kjaer ebbe la lucidità di togliere la lingua dalla gola del compagno, sdraiandolo su un lato per favorire i soccorsi che arrivarono dopo 1 minuto e 55 secondi. Sette mesi dopo Eriksen debuttò in Premier con un defibrillatore sottocutaneo. Non sono mai maglie al vento, dentro ci sono gli uomini e i loro cuori.

Segui tutte le ultime notizie di sport

Next Post

Lecce-Juventus 1-1: Cambiaso illude, Rebic al 93’ beffa i bianconeri

Dom Dic 1 , 2024
La squadra di Thiago Motta non brilla, ma quando sembra aver risolto il rebus proposto da Giampaolo viene ripresa

Da leggere

P