LOS ANGELES – Prima psicologo e poi stratega. Questo è il Chivu che vogliono i senatori dello spogliatoio dell’Inter. «Più che sulla tattica, dopo la botta di Monaco, bisogna lavorare sulla testa», dice Bastoni. «Ascolto molto i ragazzi, per capire quanto soffrano ancora per la finale di Champions», ribadisce il tecnico. Discorsi al gruppo e colloqui a quattr’occhi. Tanto orecchio e poche parole giuste. Niente a cui un (ex) allenatore delle giovanili non sia abituato, anzi. Ma c’è tanto da lavorare. All’esordio nel Mondiale per club l’Inter ha pareggiato 1-1 col Monterrey, che nel campionato messicano è arrivato quinto e che ieri notte ha preso anche un palo nel secondo tempo, quando i nerazzurri hanno avuto un calo fisico preoccupante, a cui Chivu ha risposto cambiando uomini e modulo. Chi si aspettava gradualità da parte del nuovo arrivato è rimasto spiazzato. Del calcio di Chivu, nella prima gara al Mondiale per club, si è avuto più che un assaggio.
Le scelte di Chivu
Alla vigilia, il tecnico aveva spiattellato così la sua filosofia, materia che con la psicologia si parla: «Mi interessano più i princìpi dei moduli». All’atto pratico ha lavorato su entrambi. Fra i primi, mettiamo la difesa alta, il pressing forte sul portiere avversari e la determinazione nel recupero palla. Quanto ai secondi, Chivu ha aspettato appena un’ora per proporre una variante al 3-5-2 inzaghiano, con cui aveva schierato la sua Inter all’inizio: fuori Sebastiano Esposito e dentro Thuram, che si è procurato un affaticamente ai flessori, con Lautaro e Mkhitaryan a supporto. A centrocampo, niente regista classico, con Barella e Sucic a protezione della difesa. Sulle fasce, dentro in corsa Luis Henrique, che ha gamba e si vede, e Dimarco, che comprensibilmente freschissimo non è: 3-4-2-1. Per restare in ambito nerazzurro, è il marchio di fabbrica dell’Atalanta.
La novità della difesa a zona sui corner
Di tutte le cose viste in campo la più interessante è questa: calcio d’angolo per il Monterrey, interisti che si dannano a occupare con scienza ogni angolo dell’area, il solo Sergio Ramos marcato a uomo da Acerbi. Non è andata bene, il meccanismo si è inceppato e Ramos ha segnato. Lautaro, a bocce ferme, ha poi raccontato: «Abbiamo subito quel gol su palla inattiva perché abbiamo iniziato a difendere a zona, cosa nuova per noi». Chivu ha spiegato: «Ho concordato questa mia idea con i giocatori». Tattica e coinvolgimento. Lo psicologo e lo stratega insieme. Ma non ha funzionato.
L’obiettivo è recuperare prima della fine del girone Calhanoglu, Dumfries e Frattesi, tutti fermi. In generale, l’Inter è indietro di forma. O forse è troppo avanti, consumata dopo una stagione massacrante. Non si può dire che per l’Inter sia stata buona la prima, ma dopo la disfatta con il Psg, a Pasadena era importante non perdere. «Sono contento e tranquillo», sintetizza Lautaro, che ha segnato il gol del pari. «Siamo stati bravi a fare la pressione che il mister ci chiede», ha ribattuto Asllani, autore della punizione furba, morbida oltre la linea della barriera, che ha portato alla rete del capitano.
Le prossime sfide
Unico rischio: raramente farsi i complimenti da soli aiuta a fare le cose per bene. «Non dire quanto vali, lascialo scoprire agli altri», scriveva il giovane Abramo Lincoln, immortalato in una bella statua alla Spring Street Courthouse di Los Angeles. Chivu potrebbe portarci la squadra in pellegrinaggio, prima di volare a Seattle, dove incontrerà Urawa Red Diamonds e River Plate, che battendo 3-1 i giapponesi ha messo il girone in salita per la squadra vice campione d’Europa. Perché questo è l’Inter. E Cristian, con parole e gli schemi, dovrà essere bravo a ricordarlo ai giocatori.