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L’interista Giulini, il napoletano Baroni, il romanista DiFra: serve un amico per lo sprint finale

Il presidente del Cagliari, che sfida il Napoli, tifa per l’Inter. L’allenatore della Lazio ha già dato per gli azzurri, mentre la Roma chiede soccorso a un grande ex per sperare nella Champions. Storie di intrecci che riguardano anche la salvezza

Della serie: chiedo per un amico. Di vincere, per esempio. E di darci una mano, in secondo luogo. In quel sudoku di sentimenti aggrovigliati che va a comporre l’ordito dell’ultima giornata di campionato, lo scudetto è legato a doppio filo a una eletta schiera di più o meno ex in servizio attivo che andranno inevitabilmente a indirizzare la cucitura del tricolore verso Napoli e Milano. Ma non solo, perché anche la lotta salvezza e la corsa all’ultimo piazzamento valido per la qualificazione in Champions League si consumano nell’intreccio non previsto di molti destini. E’ come quando si scopre di avere un vecchio amico – sportivamente parlando – che avevamo dimenticato di avere.

Giulini, il presidente del Cagliari che tifa Inter

Toh, guarda chi salta fuori. Il presidente del Cagliari Tommaso Giulini, per esempio, venerdì sera vedrà la sua squadra opporsi al Napoli. Dettaglio: Giulini è interista, l’ha più volte ribadito, indicando in Samuel il suo personalissimo eroe. Dunque: il presidente Giulini sarebbe (molto) felice di silenziare l’entusiasmo di Napoli, per poi (da tifoso) gioire dello scudetto dell’Inter. Riuscirà il nostro eroe a stimolare l’orgoglio di una squadra già salva?

Il favore di Baroni al Napoli

Niente di nuovo, da giorni si va sulle tracce degli ex di cuore largo. L’ex nerazzurro Patrick Vieira che – dieci giorni fa – con il suo Genoa impone il pareggio al Napoli e offre all’Inter la password per la speranza, così come – domenica sera – l’ex nerazzurro Chivu blocca la squadra di Conte sullo 0-0 e ribadisce l’ipotesi di una possibile rimonta, ma ecco però che l’ex – stavolta del Napoli – Baroni, oggi allenatore della Lazio, gela San Siro quando tutto è finito anzi no, riconsegnando alla squadra a cui lui stesso regalò uno scudetto – suo il gol vittoria nel bis maradoniano del 1990 – le chiavi per entrare nella storia.

La Roma chiede aiuto a Di Francesco

E ancora: prendete la Roma. L’obiettivo è quello di battere in trasferta il Torino, sperando di superare in classifica la Juventus, soffiandole così il 4° posto. Occhio, la Juve gioca a Venezia. L’allenatore del Venezia è l’ex Eusebio Di Francesco, l’ultimo ad aver portato i giallorossi in Champions League, anno di grazia 2019, ad un passo dalla gloria: quella volta la Roma si fermò in semifinale contro il Liverpool. I tifosi della Roma domenica tiferanno (anche) per il loro vecchio mister. “E’ l’amico è/qualcosa che più ce n’è meglio è” (“Amico è”, Dario Baldan Bembo, 1984). Ma Di Francesco – fermi tutti – è anche ex di Empoli, Lecce e Verona, le altre tre squadre impegnate nella lotta per non retrocedere. Un solo uomo al comando, verrebbe da dire, se la classifica venisse letta al contrario. In ogni caso Difra a Empoli ha vissuto gli anni di formazione da calciatore (1987-1991) prima di spiccare il salto, a Lecce è stato esonerato (2011) dopo sole 13 partite mentre a Verona (2021) ci ha messo ancora meno tempo a farsi dare il benservito: 3 partite, tanti saluti. Diciamo che in queste due piazze non lo rimpiangono e anzi, gli faranno tutte e tre – le tifoserie di queste sue ex squadre – il tifo contro. Così va il calcio.

Gli intrecci della zona retrocessione

E intanto D’Aversa, tecnico dell’Empoli impegnato contro il Verona di Zanetti – ex allenatore dei toscani – per sperare che la propria squadra si salvi deve confidare nella sconfitta del Lecce, la squadra di Giampaolo (che in passato ha guidato l’Empoli) che D’Aversa ha allenato l’anno scorso per poi magari augurarsi anche – perché no? – un passo falso del Parma che, se andate a vedere, anch’essa figura nel suo curriculum, dove per suo – se vi siete persi – si intende D’Aversa. Esistono rebus di più facile soluzione, certo. La sola certezza che regolerà questo fotofinish è il vecchio adagio riadattato per l’occasione, dove si dice che essere ex significa non dover mai dire mi dispiace, ma anche sì, lì dove il dispiacere misura la distanza tra la luce e l’abisso, tra lo scudetto e il rimpianto, tra la Champions e l’Europa di periferia, tra la A e la B, tra tutto e niente.

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