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Lippi: “Ho avuto la vita migliore del mondo e reso felice la gente, non rivoglio niente indietro”

Colloquio con l’ex ct campione del mondo: “È triste invecchiare da soli, a me non succederà. Spero che le nuove generazioni capiscano da YouTube cos’è stato il Mondiale del 2006. La mia Juve era la modernità”

VIAREGGIO – “Chiudi gli occhi e ascolta le onde. Lo senti il rumore spettacolare? E che profumo! Il mare è la cosa più bella della mia vita, dopo le persone care”. Un abbraccio a Marcello Lippi, stavolta ci scappa pure un bacino. S’invecchia insieme agli amici.

Stamattina il mare è una riga di pennarello viola in fondo a qualcosa, laggiù. Dopo il temporale si allarga una luce chiarissima, e le pozzanghere riflettono un occhio di sole. Passa qualche bicicletta, le gomme bagnate un poco stridono sul selciato. Si aggira un cane solitario. Con Lippi l’appuntamento è davanti al Grand Hotel Royal che ha le imposte ancora chiuse, ma presto sarà bella stagione. “A fine aprile potrò già pensare alla barca”. Lo accompagna Francesco, ormai da qualche mese è lui a guidare l’auto per Marcello che non ha più la patente. “Visto? Ho pure l’autista…”.

Il tempo di Lippi

Andiamo a sederci al Bar Galliano. Lippi ci accompagna alla vetrata che dà sulla spiaggia deserta. Un caffè, una spremuta d’arancia. Il battito delle onde picchia in testa. “Ogni volta che ho un pensiero felice c’è di mezzo il mare. La mattina lo guardo dal mio terrazzo, la vedi quella casa sul lungomare, quella con le vetrate scure? Poi scendo a fare due passi, oppure prendo la bicicletta. Ma le giornate non passano mai”. Ad aprile, insieme allo scafo da rimettere in acqua se fa bel tempo, saranno 77 anni. “I ricordi sono tanti e non li mando via, anche perché sono quasi tutti felici. Però non rivorrei niente indietro, dal momento che ho avuto tutto. Ho avuto la vita migliore del mondo, il mio tempo va bene così”.

Anche se è diventato più lento, questo tempo, e più fragile. “A volte i giorni sono un problema, specialmente i pomeriggi d’inverno così lunghi. La mattina scendo al mare, poi verso l’ora di pranzo raggiungo Simonetta nell’altra nostra casa, quella tra la pineta e Torre del Lago, e mangiamo qualcosa insieme. Mi concedo un mezzo bicchiere di vino, così mi prende sonno e posso riposare sul divano. Poi bisogna fare arrivare le sette di sera. Mi annoio un po’”.

L’odore del mare è già forte e sa di primavera. Sono appena passati i carri del Carnevale. “Mi piace quando arrivano di mattina e si fermano sotto casa mia, a volte scatto qualche foto. Il Carnevale è sempre una festa e poi diverte i bambini, che hanno un solo difetto: crescono troppo in fretta”. Due figli grandi, Stefania e Davide, e due nipoti. “Ormai Lorenzo ha 23 anni, sembra ieri che spingevo il passeggino, invece Mia è piccola, ha nove mesi e mezzo. L’amore di un nonno è più completo di quello di un padre, forse persino più grande. Non esiste Coppa del mondo che valga una gioia simile. Con Simonetta siamo insieme dal 1973”.

Lippi: “Viareggio il riassunto di una vita”

Le telefona. “Amore, ma tu hai ancora voglia di stare con me?”, le domanda sorridendo, e poi ascolta serio la risposta. Marcello, cos’ha detto? “Che dipende da me…”. Passano persone e fanno ciao con la mano. Una donna si sporge e lo chiama maestro. “Una parola un po’ esagerata, però è proprio bella”. C’è anche Max Maddaloni, suo vice in Cina. Sfreccia in tuta e scarpette. “Viareggio è il riassunto di una vita. Da qui sono partito insieme a Domenico Arnuzzo, altro amico del cuore: avevamo 13 anni e mezzo e ci presero alle giovanili della Sampdoria. Giocavo da libero: credo e spero di esserlo rimasto sempre. Dev’essere triste invecchiare soli, a me non succederà”.

Il primo scudetto con la Juve

Marcello guarda il nostro taccuino di carta, roba da dinosauri, ormai, gli diciamo. “Non c’è nessun vantaggio a essere un dinosauro, se non la forza fisica”. Gli chiediamo del primo scudetto alla Juventus: tra poco saranno trent’anni. “Eravamo la modernità. Credo che quella squadra rappresentasse già benissimo la mia idea di calcio: aggressiva in ogni zona del campo, organizzata ma senza l’ossessione della tattica che oggi ha contagiato un po’ tutti. Avevo giocatori disposti al sacrificio. La cosa più difficile è capire cos’hanno dentro le persone, e poi allenarle nella testa. Come giocano, quello si comprende al volo”.

Il rapporto tra Lippi e la Juve

La Juve. Cos’avrà mai di così speciale? “La storia, e la competenza delle persone che se ne occupano. La diversità la noti davvero soltanto quando ci sei dentro. Poi, certo, la Juventus non è solo la squadra più amata, è anche la più detestata, è antipatica perché ha vinto tanto. E allora io dico che è proprio bello essere antipatici”. Le partite le guarda ancora. “Spengo la tivù solo se una delle due squadre non può più essere raggiunta. Gli allenatori mi sembrano più preparati rispetto alla mia generazione, e c’è anche un maggiore equilibrio, sono sparite le squadre materasso. Lo scudetto? Non mi stupirei se tornasse in gioco pure la Juve”.

Lippi e il video sul palco di Sanremo

Ci alziamo e passeggiamo lungo la riva, dentro un bel fresco spumeggiante. “Sono duecento metri di sabbia, nessuno ce l’ha così”. Il giubbotto chiaro, le scarpe da ginnastica e quel silenzio tra le parole. Marcello canticchia Lucio Battisti a mezze labbra, Il mio canto libero. Poi cerca un video sullo smartphone: “Guarda, era il 2003, tutti noi della Juve sul palco di Sanremo a cantare questo brano per beneficenza, per l’ospedale Gaslini. Presentava Mike, altro bianconero”. I ragazzi che fanno il coro, Del Piero, Ferrara, Pessotto, Buffon. “Ne ho allenati tanti, e tanti magnifici”.

Lippi: “Baggio uno dei più grandi della storia”

Marcello, di botto: il più grande? “Mmmm, come faccio? Se dico Del Piero non posso non pensare a Zidane, se dico Zidane non posso non pensare a Del Piero… E poi Vialli che mi manca tanto: generoso, ironico, intelligentissimo, un fuoriclasse e un mattacchione. Ma anche Conte, che era il mio punto di riferimento. E Pirlo, Nedved, Totti, Gattuso, Gigi… E Roberto Baggio, certamente: uno dei più grandi della storia”. È vero che voi due non vi prendevate? “Hanno ricamato tanto su questa cosa: una stupidaggine”. E i più forti che non hai allenato? “Maradona, Messi e Van Basten, direi. Anche se quello immenso, visto solo in televisione, è stato Pelé”.

Qualche palma intirizzita dal vento, i rumori di un cantiere in movimento dentro un negozio chiuso. La canzone quasi sussurrata, ancora. “E la verità, tararararàaa…”. Esce dalle labbra un altro po’ di Battisti: “Lui è di tutti, come la Nazionale”. Una passante vede Marcello e quasi lo abbraccia: “Io non la conosco, ma quanto vorrei che tornasse oggi stesso alla Juventus!”. Ci viene incontro un ragazzino, a occhio farà le medie. “Scusi, lei è Lippi? Possiamo scattare una foto?”.

Lippi e il Mondiale vinto nel 2006

Diciamo al maestro che chi è nato nel 2006, l’anno di Berlino, tra poco avrà l’esame di maturità. “Spero che queste nuove generazioni si facciano un giro su YouTube, ogni tanto, per guardare le partite del nostro mondiale. Avere reso felice tanta gente è la massima soddisfazione della mia carriera. Allenare gli azzurri è un po’ come fare il Presidente della Repubblica: sei di tutti. E io so che non ci dimenticheranno mai”. Nostalgia? “Ho smesso ormai da cinque anni, e la panchina sinceramente non mi manca”.

Mister, cosa facevi nel 1982, la sera del Bernabeu? “Guardavo e imparavo. Quella squadra così aggressiva e perfetta è stato uno dei miei modelli assoluti”.

Torniamo indietro, Marcello vuole mostrarci la vista dal terrazzo di casa. Lungomare Carducci. Ascensore, poi l’orizzonte. “Oggi c’è un po’ di foschia, altrimenti si vedrebbe tanta più costa ligure. E là, dall’altra parte, c’è la Capraia”. Il richiamo fortissimo del blu. “Nella bella stagione mi capita ancora di scendere e farmi una nuotata la mattina presto, oppure di sera, quando non c’è nessuno”. Stare da soli, anche questo è un esercizio: “Inevitabile, come pensare alla morte quando è passato il tempo, oppure avere paura delle malattie: per i miei cari, più che per me. Ma non mi sento ancora così vecchio”. Torniamo verso il mare facendo le scale, senza fretta.

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