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Luis Suarez, il ricordo di Sandro Mazzola: “Il maestro di noi giovani”

Il ‘Baffo’ nerazzurro: “In allenamento volevo imitare la sua perfezione”; Bedin: “Correva più di me, Pirlo il suo erede”.

Gianfranco Bedin era lo scudiero che condivideva il centrocampo dell'Inter con Luis Suarez, un incontro che all'inizio era stato ammantato di profondo rispetto: "Quando fui aggregato alla Prima Squadra, alla Pinetina mi avvicinai a Luis e gli chiesi, usando il 'lei', se potessi portare il suo borsone negli spogliatoi; era un gesto naturale a quei tempi, lui era il Pallone d'Oro e io ero in soggezione" racconta il mediano della seconda Coppa dei Campioni a 'La Gazzetta dello Sport' "Prendeva la vita con leggerezza, era solare e raffinato: aveva il gusto dell'ironia; era un burlone, sapeva sdrammatizzare e diceva che gli spagnoli sapevano vivere. Il Mago Herrera imponeva il ritiro dopo la partita, passavamo il tempo tra partite a carte e passeggiate, a quei tempi non ci si telefonava, si parlava; lui aveva il privilegio di abitare in una camera singola".

Da piccoli dettagli si capisce quanto la figura del galiziano fosse centrale per l'Inter, in anni d'oro per la Milano del calcio: "Herrera era un maniaco della dieta, ma riusciva a portare in camera un vinello da me prodotto da assaggiare con pane e salame; lo infilava sotto la tuta, ma il Mister era d'accordo, era stato lui a convincere il presidente a investire una cifra record per prendere Luis dal Barcellona. Gli Anni Sessanta sono stati caratterizzati da Suarez e Gianni Rivera, inventori di gioco eleganti; lui correva più di Rivera, correva anzi più di me. Pirlo? Il paragone regge, si sono trasformati in registi da trequartisti".   

"Un maestro per noi giovani" ricorda Sandro Mazzola a 'Il Corriere della Sera' "Quando iniziavamo l'allenamento lo guardavo perché volevo imitarlo; non sbagliava mai nulla, nessun calo di concentrazione. Era un professore, che sapeva anche comandare e che ci veniva a cercare la notte quando noi giovani uscivamo dalla finestra. Al di là degli aneddoti, ci ha insegnato come comportarci: era la mente della squadra, lanci al millimetro, recuperi perfetti e difesa sontuosa della palla. All'intervallo spiegava gli errori che non dovevamo ripetere: da dirigente ha portato Recoba e Zamorano, ho detto tutto".

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