Da quattro partite Romelu Lukaku non segna più e ne sta risentendo molto anche il Napoli, che sta per lasciarsi alle spalle il mese di febbraio con un bottino di risultati misero e deludente: tre pareggi e una sconfitta, la quarta dall’inizio del campionato. La flessione in casa azzurra è stata generale e sarebbe dunque ingeneroso cercare un unico capro espiatorio, anche se le critiche più severe dopo la resa di Como stanno toccando quasi giocoforza a Romelu Lukaku: per il suo status di leader, per lo stipendio da top player che percepisce e l’etichetta di pupillo di Antonio Conte, che in estate l’ha voluto a tutti i costi in maglia azzurra. Il bomber belga avrebbe dalla sua parte i numeri: 9 gol realizzati e 7 assist, nelle 24 gare complessive in cui è sceso in campo dall’inizio o part time. Ma le aspettative nei suoi confronti sono elevate e a Big Rom si chiede sempre di fare la differenza: meglio e possibilmente di più rispetto ai suoi compagni.
Lukaku sta confermando di essere un grandissimo professionista anche a Napoli. In autunno ha rinunciato a due convocazioni in Nazionale per rimettersi in forma, dopo aver saltato suo malgrado il ritiro estivo. La telenovela della trattativa con il Chelsea si era conclusa infatti il 31 agosto e il bomber era stato costretto a lavorare a lungo da solo, tra l’altro con le scorie dell’Europeo di giugno in Germania da smaltire. In azzurro s’è messo sempre a totale disposizione di Conte e del gruppo e ha sempre accettato senza battere ciglio le decisioni del suo allenatore, che lo ha spesso sostituito nei minuti finali delle partite e non ha mai fatto sconti di alcun genere a Big Rom, trattandolo come tutti i compagni a dispetto del suo eccellente palmares. Umile e gran lavoratore, al punto da farsi montare una palestra anche a casa per allenarsi persino nei rari momenti di riposo. Nessuno più di lui ha pagato dazio in campo alla cessione di Kvaratskhelia e all’infortunio di Neres, che nelle ultime partite hanno di fatto concentrato sull’attaccante belga tutte le attenzioni dei difensori avversari. Gli 8 miseri palloni toccati a Como sono la conseguenza della solitudine a cui l’erede di Osimhen è stato condannato dal resto della squadra, impoverita soprattutto nel reparto offensivo dall’emergenza e dagli errori del mercato.
Politano nel 3-5-2 deve coprire tutta la fascia e Raspadori parte da lontano. Per questo Lukaku è rimasto l’unico punto di riferimento del Napoli in attacco e quando esce sono dolori, come è successo a Como. Pur toccando pochi palloni, infatti, Big Rom aveva permesso agli azzurri di risalire con più facilità il campo, tenendo allo stesso tempo impegnati almeno due difensori (se non tre…) nella sua marcatura. Alla sua sostituzione è cambiato tutto e in peggio, con gli avversari che hanno potuto smettere di guardarsi alle spalle sui lanci lunghi e hanno alzato il loro pressing fino al limite dell’area della squadra di Conte: incapace a quel punto di riguadagnare metri con il palleggio. Ecco perché non si può mai fare a meno del lavoro sporco del centravanti belga, anche quando non riesce a incidere con un gol oppure con gli assist.
Dieci più Lukaku. Finora è stato così ed è molto probabile che le gerarchie non cambino nemmeno dopodomani con l’Inter al Maradona. Il cambio di modulo dipende dal recupero di Olivera: con lui dal primo minuto sarebbe 4-3-3, altrimenti Conte confermerà il 3-5-2 con Billing e Raspadori. Big Rom sfida anche il suo passato e sogna 90’ da protagonista, in una sfida che numeri alla mano vale una fetta di scudetto. «Ma essere così in alto non era il nostro obiettivo, siamo contenti di dove siamo arrivati e lotteremo per restarci», ha detto ieri a reti unificate il giovane direttore sportivo Giovanni Manna. Niente drammi, come è giusto che sia. Tecnico e giocatori stanno facendo il massimo e meritano solo incoraggiamenti. A loro nessuno potrà rimproverare nulla.