Nessun altro fuoriclasse nella storia del calcio ha impastato in modo così malinconico la bellezza e il dolore, riassumendo in ogni sua apparizione l’eleganza del gesto e il calvario della sofferenza, e consegnando a noi che oggi lo festeggiamo – perché di anni ne fa 60 – il lucore definitivo del ricordo e il rimpianto dei troppi graffi di un insopportabile destino contrario. Nessun altro, se non Marco Van Basten.
Un ballerino in un fisico ciclopico
Sul fatto che sia stato il miglior centravanti degli ultimi cinquant’anni, si apra pure il dibattito. Certo è che Van Basten è stato – fuori da ogni discussione – un’enciclopedia ambulante del Gioco del Calcio. In lui tutto si combinava meravigliosamente: la tecnica sopraffina e la potenza, il fisico ciclopico (era alto un metro e ottantotto, aveva un peso forma di 80 chili) e le movenze del ballerino, la velocità – correva i 100 metri in meno di 11 secondi – e la precisione del tocco, la ferocia in area di rigore – 128 gol nell’Ajax, 90 nel Milan, 24 con l’Olanda – e la visione corale del gioco, il dribbling sullo stretto e il lancio in campo aperto per il compagno.
Le due sole squadre di Van Basten
Il Cigno di Utrecht, così soprannominato dal nome del paese dove è nato, ha militato in due sole squadre, l’Ajax (1982-1987, debuttò da predestinato, sostituendo Johan Cruijff al declino della carriera) e il Milan (1987-1992, eppure un anno prima aveva già firmato per la Fiorentina, che poi inopinatamente rinunciò all’acquisto), ha vinto 7 titoli nazionali (3 in Olanda, 4 in Italia), 2 Coppe dei Campioni (in rossonero) e altre svariati trofei per un totale di 21, è stato capocannoniere in Eredivisie quattro volte e in Serie A due, ha conquistato tre volte il Pallone d’Oro (1988, 1989 e 1992). Del Dream-Milan di Arrigo Sacchi è stato il più amato, anche più dei connazionali Gullit e Rijkaard. Con Sacchi ebbe rapporti prima tesi – una volta Arrigo lo portò in panchina: “Così mi dai qualche consiglio” – poi improntati ad una stima con sfumature di affetto. Ha subito – eccolo il destino infingardo – tre operazioni alla caviglia che lo hanno reso praticamente zoppo. Ha giocato l’ultima partita nel maggio del 1993, a 29 anni ancora da compiere, due anni dopo – ufficialmente – ha dato l’addio al calcio.
Il gol leggendario all’Urss
Nella retina di chi lo ha ammirato rimane impresso il suo gol iconico, il tiro al volo nella finale dell’Europeo vinto nel 1988 contro l’Urss: una parabola.-arcobaleno, un bacio lunghissimo, un tiro impensabile che accarezzò la perfezione. Ma tra le infinite perle è rintracciabile su Youtube un gol segnato nel vecchio De Meer, con la maglia numero 9 dell’Ajax, in una gara di campionato contro il Den Bosch. È un gol segnato in rovesciata ed ha a che fare con l’accezione più virtuosa della geometria, ovvero la scienza che studia le figure disposte sul piano e nello spazio, e le loro reciproche relazioni. L’impatto piede-pallone, sul cross che arriva dalla destra, somiglia a una frustata, secca, di quelle che dà il domatore al circo e si sente lo schiocco. Quel gol, come tanti altri, è inserito in un VHS che Fabio Capello una ventina d’anni fa consegnò personalmente ad un giovane Zlatan Ibrahimovic, fresco di passaggio alla Juventus. Ma poiché nel riavvolgere il film delle sue prodezze si rischia la digressione, va qui ricordato che Van Basten è stato – nel post-carriera – allenatore per un breve periodo (e senza grandi soddisfazioni) di Ajax e Heerenveen, quindi della nazionale olandese, nel poco gratificante quadriennio 2004-2008. Poi si è dedicato ai suoi affari e alla famiglia, è scivolato ora nella depressione e ora nell’imbarazzo, come quando – da opinionista – pronunciò il saluto nazista mentre era collegato con un allenatore tedesco. Stava scherzando, si giustificò. Era stato frainteso, aggiunse. Piccole storie ignobili. Il Van Basten eterno rimarrà quello che danzava con il pallone tra i piedi, un fenicottero arancione baciato da quella grazia divina che tocca pochi, ma anche da quel fato avverso che con certi eletti si intestardisce, interrompendo la trama della cronaca ma non intaccando la leggenda che ne segue.