Allo stadio di Torino si vede benissimo la partita. A pochi metri dal campo si apprezzano le grandi giocate, ma si notano anche le magagne. Mentre guardavo Juventus-Atalanta, pensavo alla storia dei 10 bianconeri, il 10 inteso non come numero ma come ruolo: per esempio, Del Piero non lo metto nella lista perché lo considero un attaccante. Alla Juve per personalità, assunzione di responsabilità, capacità di far passare il gioco dalla testa prima ancora che dai piedi, hanno giocato 10 come Sivori, Platini, Zidane. In quel ruolo contro l’Atalanta, e non è la prima volta che accade in questa stagione, c’era McKennie… E questo dice molto, se non tutto. Sin dalle prime battute si avvertiva che qualcosa potesse capitare da un momento all’alto. È arrivato un rigorino, quello poi segnato da Retegui, un alibi perfetto dato a Thiago Motta per provare a giustificare un rovescio del genere.
Juve, nei giocatori ha visto il senso della sconfitta
Io non voglio puntare l’indice su Motta o McKennie. Dopo periodi complessi, ricostruire una grande squadra è sempre difficile e necessita di tempo. Ce ne hanno messo Berlusconi con il Milan, Moratti con l’Inter, lo stesso Boniperti con la Juventus. Per non parlare di Ferlaino con il Napoli. Ce ne sta impiegando tanto anche la Juve attuale, solo che sta procedendo malissimo. Usare la parola dignità non mi sembra appropriato, anche perché nessuno dei giocatori si è tirato indietro. Però, nonostante quella con l’Atalanta sia stata appena la seconda sconfitta in campionato e la difesa sia la seconda migliore dopo quella del Napoli, in tutti i giocatori ho visto il senso della sconfitta.
Thiago Motta, scelte contro le regole del calcio
Anche tatticamente Motta ha lasciato a desiderare. Dopo il primo tempo poteva inserire un’altra punta, con Koopmeiners dietro (invece di decentrarlo) e cambiare sistema. Magari beccava ugualmente altri tre gol, ma almeno gli sarebbe stato riconosciuto il tentativo di provare a recuperare. Ma se sta perdendo nettamente e al posto di due difensori ne mette altri due, e poi inserisce Mbangula al posto di Nico Gonzalez… Allora significa andare contro le regole del calcio, visto che la dote principale di un grande allenatore dovrebbe essere quella di saper aggiustare in corso d’opera le cose che non vanno.
Il lavoro di Percassi e Gasperini all’Atalanta
È stato imbarazzante assistere a una Juve incapace di opporsi a un’Atalanta che non spingeva nemmeno al 100 per cento: è emersa la differenza di storia tra il lavoro di Percassi insieme a Gasperini e gli ultimi 5 anni della Juve, nel corso dei quali non sono state gettate le fondamenta per ricostruire. Qualcosa la società dovrà fare, perché Mbangula (cito ancora lui) è un discreto rincalzo ma è uno dei tanti che non possono sostenere il peso di un blasone come quello juventino.
Verso Atalanta-Inter
L’Atalanta vista domenica deve recitare un mea culpa pazzesco per i punti persi nelle ultime giornate contro le piccole, senza quei mezzi passi falsi sarebbe in testa al campionato. Domenica prossima la sfida con l’Inter mi incuriosisce molto: la squadra di Inzaghi è stanca, più mentalmente che fisicamente. Le assenze sono un po’ troppe, il problema è tutto lì. Però il livello tecnico è altissimo, e se fossi nei difensori dell’Atalanta, che saranno chiamati a continui uno conto uno, sarei preoccupato.
Bene il Napoli, al Milan serve continuità
Il Napoli che ha battuto la Fiorentina sta molto bene. Ha costruito dieci occasioni da rete, è fisicamente tonico e presto recupererà Anguissa e Neres. Passo al Milan. Fino al 2-0 per il Lecce eravamo alle solite, poi però è arrivato il ribaltone con un finale straordinario. A conti fatti la grande impresa i rossoneri l’avevano fatta anche con Fonseca (penso alla vittoria sul Real Madrid), poi però non è mai arrivata continuità. Quindi senza 4 o 5 vittorie in fila la situazione difficilmente si sbloccherà. Un plauso a Ranieri, che continua alla grande il suo percorso con la Roma. L’Empoli contro i giallorossi praticamente non ha toccato palla e non si capisce – o forse sì – come la squadra di D’Aversa sia riuscita a buttare la Juve fuori dalla Coppa Italia. Ma la bellezza del calcio è anche in queste cose.