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Massimo Mauro: “L’arbitro è una marionetta, lo scudetto lo decide il Var”

La rubrica “Visti d’’Ala”

Lo scudetto assegnato dal Var. Praticamente dalla tarda serata di domenica non si parla d’altro. Arbitri non all’altezza? Il discorso è ampio, perché loro fanno bene il loro lavoro se rapportiamo questo al campo. Poi però arriva la tv e dà la sentenza senza appello sul loro errore. Chiffi ha considerando in campo assolutamente ininfluente il tocco di Bisseck allo scadere di Inter-Lazio, ma il video con le sue verità televisive, lontanissime da quelle del campo, ha detto cose diverse.

Da Milano a Parma gli stessi problemi

Ma anche in Parma-Napoli le cose non sono andate meglio. L’arbitro concede un rigore, diciamo un rigorino, per il fallo su Neres: e qui si può discutere se c’era o no. Ma quello che con il calcio c’entra poco è che al Var si vada vedere un fallo di Simeone nel corso dell’azione – che sinceramente mi era sembrato un normalissimo contatto – per ribaltare il tutto. Peccato per tutte queste situazioni, perché l’arbitro è ridotto a una marionetta, a un ruolo che non solo è secondario, ma è anche difficilissimo da gestire. Gli arbitri come si muovono sbagliano, quindi il 90% di loro non rischia più nulla.

Lo scudetto al Var è la mortificazione del calcio

E questo scudetto del Var è la mortificazione del calcio. E mortifica anche il gioco di Napoli e Inter, perché squadre e giocatori non c’entrano niente. La situazione venutasi a creare è fatta apposta per cambiare le regole, ma i potenti non ne approfittano e invece di tornare al calcio vero restano ancorati alla televisione. Passando al calcio giocato, il Napoli ha preso tre pali a Parma facendo molto meglio della partita in casa con il Genoa. Onore alla squadra di Chivu, che ha tolto punti a entrambe le protagoniste del campionato. Ora il Napoli ha il Cagliari salvo all’ultima giornata, e la gara mi ricorda molto quella che giocammo nel 1990 con la Lazio che non aveva niente da chiedere al campionato. Anche con il Genoa c’era l’obbligo di vincere, è vero, ma all’ultima partita è diverso.

L’Inter lo scudetto se l’è mangiato

L’Inter dal canto suo ha avuto doppia chance di vincere lo scudetto. Nel corso del campionato e domenica. Ma se non vinci la penultima in casa… In pratica l’Inter questo scudetto se l’è mangiato, ma tanto di cappello a un gruppo che è arrivato in fondo a tutto. Giocare fino all’ultimo per vincere su tutti i fronti è il senso vero di un grande gruppo, poi la vittoria è fatta anche di dettagli.

Juventus, con una difesa così il quarto posto è un’impresa

Sono stato allo stadio a vedere la Juventus con l’Udinese. La squadra di Tudor nel primo tempo ha giocato una partitaccia, con tante difficoltà davanti. Poi nella ripresa le cose sono andate meglio e sono arrivati i 3 punti: Yildiz è andato oltre il dribbling, salendo anche nella qualità dei passaggi. Ora la qualificazione in Champions è più vicina, anche se a Venezia all’ultima giornata non sarà una gara semplice. Comunque arrivare quarti non era così scontato, soprattutto guardando la difesa: Kelly, Veiga e Costa non mi sembrano proprio da squadra di alta classifica.

Il capolavoro di Ranieri: non come a Leicester, ma quasi

Vorrei chiudere facendo delle considerazioni su Ranieri. La cosa che mi è piaciuta molto della sua esperienza alla Roma sono i risultati. Una volta arrivato poteva anche mettere a posto la squadra conquistando una decina di vittorie, qualche pareggio, delle inevitabili sconfitte e tutti gli avrebbero comunque detto bravissimo. Invece ha ottenuto il massimo da un gruppo allo sbando. Ho sempre detto che l’allenatore conta il 25%, lui mi ha fatto ricredere alzando parecchio – almeno nel suo caso – la percentuale. Non dico che abbia fatto una impresa del secolo come quella con il Leicester, ma quasi. Onestamente dopo Juric la Roma era uno sfacelo. L’unico che poteva rimetterla in piedi – ma questo lo avevo affermato sin dal primo giorno – era lui. Anche l’intelligenza con cui ha definito il perimetro entro il quale la Roma poteva e potrà avere a che fare con lui è stato un capolavoro. Un grande, capace di toccare le corde umane, non solo calcistiche.

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