Il momento di dirsi addio. Arriva e arriva anche per i più grandi. E sono lacrime. Messi si lascia l’Argentina alle spalle, è il giorno giusto per lasciarsi. Non si può più andare avanti, non ho l’età. I piedi fatati, la classe infinita, il genio nel sinistro non bastano più. Il fisico inizia a soffrire, i 38 anni a farsi sentire. Il presente è l’Inter Miami, il futuro è senza mondiale, niente è per sempre.
Ci sarà la partita in Ecuador, giocherà forse ancora quella, ma questa col Venezuela è l’ultima in casa e il mondiale a 39 anni è un miraggio.
Con i figli in campo, una folla che urla il suo nome, gli accendini come ai concerti, gli striscioni “Mio capitano”. È l’ultima del 10 in casa, per l’Argentina è il giorno che non doveva esserci.
Gli occhi lucidi prima del fischio d’inizio e le lacrime davanti ai tifosi del Monumental sono un colpo allo stomaco. Il sorriso per la doppietta al Venezuela è l’ultimo regalo agli argentini: non volevo lasciarvi, ma vi lascio così.
Gli abbracci con i compagni e i messaggi non lasciano dubbi. E le parole a fine partite sono amare, come tutte quelle che accompagnano un addio: “Non credo che giocherò un altro Mondiale. La cosa più logica è che non accadrà. Finire così è quello che ho sempre sognato. Se non starò bene preferisco non esserci”.
Accompagnato da sempre dal paragone con Maradona, per anni ha vissuto con la condanna di non aver vinto nulla con l’Argentina. Non era il profeta in Patria. Poi è arrivata la Coppa America. Poi è arrivato il mondiale in Qatar. E tutto ha preso colore. Tra Messi e il suo Paese non è più solo amicizia e affetto, diventa storia d’amore. Ma anche le storie d’amore più intense possono finire.