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Michel Platini fa 70 anni: la Juve, i Palloni d’Oro, l’Uefa e quella battuta di Agnelli

Compie gli anni Le Roi, uno dei più grandi di sempre. Simbolo bianconero. Geniale in campo, spiritoso e dissacrante fuori

Naturalmente Michel Platini oggi non compie 70 anni, ma sette volte 10: il suo numero non soltanto di maglia ma di vita, di stile. La rotondità dello zero, curvo come le celebri punizioni, e la perentorietà di quell’uno che gli sta davanti: uno, cioè numero uno, cioè il primo, il più bravo, le roi. Tra monarchia e repubblica, ma solo nel calcio, monarchia tutta la vita.

I tre Palloni d’Oro vinti da Platini

Platini è stato un 10 che segnava come un 9, anzi come un 11, maglia che Michel portava da ragazzino. Ed è proprio in questa perfetta sintesi tra regista/fantasista e attaccante che va cercata l’essenza più profonda di uno smisurato fuoriclasse capace di vincere tre Palloni d’Oro (accade di solito ai numeri 10) e, insieme, altrettante volte la classifica dei cannonieri in A (come un 11 o un 9). Non sono stati molti i giocatori capaci di simile ambivalenza, per struttura fisica e classe: Totti, un po’ Zidane (meno gol di Michel, ma di una pesantezza spaventosa, per esempio nelle finali mondiali e di Champions), un po’ Baggio e Del Piero ma non con il magistero assoluto di Platini: erano sublimi, però non leader (Baggio) e non così potenti e classici nella falcata e nel tiro, come invece il francese.

Il legame con Torino

La sua mamma si chiamava Anna Piccinelli, il suo papà Aldo, sua sorella Martina. Gli antenati arrivavano da Agrate Conturbia, novaresi come Boniperti che era di Barengo. Affinità sabaude o quasi, che legarono moltissimo Michel a Torino e al Piemonte, oltre che alla Juve. In questa terra di principi e re, molti dei quali sciagurati, e nelle città piene dei nomi di sovrani a indicare strade e piazze, Michel Platini fu il preferito dell’ultimo vero “re” d’Italia, cioè l’avvocato Agnelli. “Quel francese ci è costato un pezzo di pane, ma lui ci ha messo sopra il foie gras”, diceva.

Si presentò all’Italia segnando a Zoff

Quando tutto doveva ancora cominciare, Platini si presentò agli italiani segnando due gol su punizione a Zoff, uno dei quali annullato: era l’8 febbraio 1978, amichevole tra gli azzurri e i bleu a Napoli. Pochi mesi più tardi, al Mundial argentino, la Francia l’avremmo sconfitta in rimonta, e quattro anni più tardi Zoff sarebbe diventato compagno di squadra di quel francese.

Tutte le vite di Platini

I sette volte 10 anni di Michel Platini racchiudono una manciata di vite, tutte rimarchevoli. La prima, quella di giovane e brillantissimo calciatore a Nancy e Saint Etienne. La seconda, di stella della nazionale campione d’Europa nell’84 e protagonista, due anni prima in Spagna, di una memorabile semifinale contro la Germania che consegnò a noi italiani un avversario, la Germania appunto, stremato in finalissima dopo la sfida contro Michel, sfida che sembrava non finire mai. La terza vita, nella Juve: dove Platini vinse tutte le Coppe a parte l’Uefa, due scudetti e quel doppio “triplete” di Pallone d’Oro e re dei bomber. Fa impressione pensare che appena due stagioni dopo il terzo Pallone di France Football, Platini si sia ritirato: aveva appena 31 anni, ma troppi dolori in corpo e ormai poca benzina. Non accettava di diventare un forte giocatore qualunque, perciò smise quasi da un giorno all’altro.

La quarta vita del re, quella di dirigente: prima, organizzatore del Mondiale francese del ‘98, poi presidente dell’Uefa dal 2007 al 2016, avventura che lo avrebbe portato quasi certamente alla presidenza della Fifa, il governo del calcio mondiale, senza lo scandalo dal quale sarebbe stato assolto, sì, ma un decennio più tardi. Tardi anche per ricominciare.

Il rigore al Liverpool nella notte dell’Heysel

La classe non solo calcistica di Michel Platini è nota a tutti: spiritoso, dissacrante, molto intelligente, a volte strafottente, un timido che si nasconde dietro pose da estroverso (mai stato). La tragedia dell’Heysel lo ferì nel profondo, 40 anni fa: fu lui a segnare il rigore della vittoria contro il Liverpool e ad esultare, perché la notte fu terribile ma la partita vera, anche se il fallo su Boniek (lanciato da Michel) che la decise venne commesso fuori area. Per anni, Platini non ha più parlato di quella tragedia, non per fuggire e neppure per vergogna: ma perché anche lui aveva sofferto, non meno di altri, nel cuore di quell’assurda notte di morte.

Platini e la Juve

Oggi Michel Platini è un signore che ama mangiare, bere e giocare a golf, anche per beneficenza: non dice mai no all’invito del suo amico Massimo Mauro, che prima insieme a Vialli e ora da solo organizza nel Torinese, ogni anno, un torneo per raccogliere fondi a favore della ricerca contro il cancro. Ciclicamente si accosta il nome di Platini di nuovo alla Juventus, ma non accadrà: lui ripete di essersi ritirato, e che quei dieci anni rubati tra processi, appelli e sentenze non torneranno. Peccato, perché Michel è stato un campione anche nelle vite fuori dal campo, ma è soprattutto il fuoriclasse che giocava come nessuno a non poter essere dimenticato.

Nessuna espulsione in oltre 600 partite

Era anche correttissimo: più di 600 partite e nemmeno un’espulsione, come il suo vecchio amico Gaetano Scirea, però Gai giocava in difesa. Fa un po’ impressione pensare che Platini abbia ormai così tanti anni, perché i grandi classici sono contemporanei per sempre. Ma in fondo, non importa. E’ invecchiato il re, viva il re.

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