RIAD — Ha vinto lui, con la sua “buona cattiveria”, ossimoro di gioia in una notte in Arabia. Sergio Conceiçao bruciava dentro, per questa sfida con la Juventus, e non solo per la febbre a 39 che lo aveva colpito nelle ore della vigilia. La tensione lo ha spinto a togliersi la giacca dopo pochi minuti dall’inizio della partita: è rimasto con un maglioncino nero a bordo campo, dove si è mosso molto più del collega Thiago Motta, sconfinando spesso al di fuori della sua area tecnica. Mille indicazioni per i suoi giocatori, il più sollecitato il regista, Bennacer, che poi ha sostituito a inizio ripresa con Musah, una delle mosse decisive per la rimonta. Conceiçao ha esultato tanto al rigore segnato da Pulisic, molto meno all’autogol di Gatti, perché il difficile iniziava allora.
L’abbraccio tra Conceiçao e i giocatori del Milan a fine partita
Appena finita la partita, l’abbraccio forte con Francisco, concluso con un bacio sulla fronte del padre al figlio: «Io ero contento, lui un po’ più triste, questa è la vita». Poi la parentesi familiare si è chiusa e ha lasciato posto alla gioia sportiva: Conceiçao ha stretto a sé i suoi giocatori e li ha riuniti in circolo per un lungo momento collettivo, per ritrovare quell’empatia collettiva che ormai si era persa nella gestione Fonseca: «Ci vuole passione nella vita, il calcio è passione, è emozione: sono momenti bellissimi».
Il Milan è cambiato nell’intervallo
Eppure il nuovo tecnico portoghese del Milan non finge di essere quello che non è: «Nell’intervallo non ho dato baci, mi sono arrabbiato perché in campo non abbiamo fatto quello che avevamo preparato. La squadra aveva tanti dubbi, la palla circolava lentamente. Abbiamo parlato, ci siamo guardati negli occhi. I ragazzi dovevano capire cosa fare per vincere. E l’hanno fatto, sono stati coraggiosi e hanno meritato la vittoria».
Conceiçao e la gestione dei calciatori
Nel primo tempo, Conceiçao ha visto «il Milan di qualche settimana fa. Il gruppo è forte e umile, gli manca ancora quella buona cattiveria per fare qualcosa in più, ma sono sicuro che arriverà con il tempo». Un tempo in cui Conceiçao sa bene come agire: «Non sono una persona simpatica. Non sono il tipo da abbracci, capita più spesso che mi arrabbi. Ma mi fa piacere che i giocatori abbiamo accettato un allenatore che non sorride tanto. I calciatori a volte hanno bisogno di belle parole, ma a volte anche di qualche botta. Del resto, io sono qui per vincere, non per trovare amici». Lunedì il suo primo derby sulla sponda rossonera. E la caccia al trofeo numero 12 da allenatore.