MILANO – La peggior partita dell’estate del Milan è stata l’unica che contasse davvero qualcosa e ha finito per increspare il sorriso di Fonseca, che non più tardi del giorno prima s’era dichiarato addirittura stupito di quanto i suoi avessero metabolizzato, “in sole cinque settimane”, i nuovi principi di gioco. Dopo il 2-2 con il Torino, strappato in modo rocambolesco con appena sei minuti, gli ultimi, all’altezza della situazione, l’allenatore era invece sorpreso di come i progressi misurati giorno dopo giorno fossero evaporati in un colpo solo, cosicché quelle stesse cinque settimane sono improvvisamente diventate un periodo ancora troppo breve per cambiare pelle alla squadra.
I difetti sopravvissuti al Milan di Pioli
“Senza palla siamo stati passivi, questo non è il tipo di atteggiamento che intendo io: io voglio una squadra aggressiva, che recuperi il pallone nelle zone avanzate del campo in modo da poter subito attaccare con molti giocatori. Se sei passivo, invece, arretri e poi non hai uomini a sufficienza per contrattaccare”. Era il difetto principale del Milan di Pioli, ed è sopravvissuto alla transizione estiva: la squadra, preoccupata dalla scarsa protezione che sentiva di avere alle spalle (anche contro il Toro la linea ha sbandato spesso, come l’anno scorso), arretrava il baricentro invece di avanzarlo per pressare. E quando invece attaccava, alzava troppo la linea di difensiva, sguarnendo la propria tre quarti.
Fonseca vuole una squadra più aggressiva
Fonseca aveva lavorato su altri concetti, era convinto che la squadra li avesse assimilati ma nel primo sabato di campionato ha scoperto che i suoi hanno fatto degli imprevedibili passi indietro. “Io voglio una squadra più aggressiva senza palla”. Contro il Toro, l’ha avuta solamente nella prima parte del secondo tempo e negli arrembanti minuti finali, quando però i granata erano sulle ginocchia e Vanoli ha dovuto sostituire per crampi Bellanova e Lazaro con due giocatori che non sono ancora all’altezza della serie A, Dembélé e Sazonov: il Milan ha intuito il disagio e ha affondato i colpi.
Il Milan ideale avrà sette titolari in più
È anche vero che, al debutto, Fonseca ha dovuto schierare una formazione quasi obbligata, anche se l’unica variante tecnica che ha potuto proporre (Saelemaekers terzino sinistro) non ha convinto. Però l’allenatore doveva fare i conti con la condizione atletica nettamente imperfetta di molti titolari designati (Théo Hernandez, Reijnders, Pulisic, Morata, Pavlovic) e con l’indisponibilità degli ultimi due acquisti: se sulla destra Emerson Royal alzerà (anche se non di molto) il livello rispetto a Calabria, in mezzo uno come Fofana proprio non esisteva.
Fofana sarà l’uomo chiave
È il francese l’uomo chiave, colui che dovrà applicare i precetti del pressing inculcati da Fonseca: Bennacer, Loftus-Cheek, Reijnders non hanno la sua stessa predisposizione all’aggressione alta, per cui è immaginabile che il Milan al completo avrà un livello tecnico generale più alto e al tempo stesso si avvicinerà alle richieste di Fonseca. Inoltre, la differenza tra Jovic e Morata non sarà soltanto nella resa sottoporta, ma soprattutto nella predisposizione al lavoro di gruppo, specie senza palla, che lo spagnolo ha di natura e che il serbo, centravanti di tutt’altre caratteristiche, nemmeno concepisce.
Tomori ammette: “Stiamo ancora cercando le posizioni”
Il punto di vista della squadra, espresso da Tomori, in fondo coincide con quello di Fonseca: “Stiamo provando a essere più corti rispetto al passato, ma stiamo ancora cercando le posizioni. Stiamo imparando a essere una squadra che difende e attacca insieme. L’anno scorso non abbiamo fatto la stagione che volevamo, adesso stiamo lavorando per essere perfetti”. A Fonseca basta che comincino a tirare fuori unghie e denti quanto la palla ce l’hanno gli altri.