Col trionfo nel tempio del Real, e chi l’avrebbe mai detto per un allenatore spuntato tra il no a Lopetegui e il plebiscito dei tifosi per Conte, Fonseca ha inguaiato Ancelotti, appena premiato come migliore del mondo e diventato di colpo il bersaglio di ogni critica per la doppia batosta con Barcellona e Milan: la refrattarietà di Mbappé, Vinicius e Bellingham alla fase difensiva e la mancata sostituzione di Kroos sul mercato non sono alibi contemplati, in un club condannato dalla sua stessa natura a vincere sempre. Nell’ultimo mese e mezzo, Paulo Fonseca si è trovato due volte in bilico per le sconfitte col Liverpool e col Napoli, e anche un po’ abbandonato. Se l’è cavata da solo. Nella sua capacità di riemergere dai flutti si è vista tutta la tenacia del personaggio, per sua volontà lontano dall’autopromozione e dall’uso compulsivo dei social. E ora sembra impossibile disarcionarlo dalla panchina, al di là dei complimenti che Gerry Cardinale, azionista di controllo, gli ha fatto di persona scendendo negli spogliatoi.
La gestione di Fonseca: coerenza e pugno duro
Credibile si sta rivelando il modello di gestione di Fonseca, fondato su coerenza e pugno duro. La prima si è manifestata nell’approdo a una tattica pragmatica, con la difesa a 5 e l’innesto a sorpresa di Musah. Del secondo sono espressione concreta le tre panchine consecutive riservate a Leao. La correlazione tra il castigo e la resurrezione al Bernabeu è indimostrabile, comunque due fatti dimostrano la pacificazione in atto: Fonseca ha urlato di gioia, come mai prima, al 3-1 di Reijnders, inventato da Leao, e poi ha concesso la nottata libera ai giocatori, che non se lo sono fatto dire due volte.
Fonseca ha cancellato qualsiasi sospetto di debolezza
Così, zitto zitto, il cosmopolita Paulo — che dell’archetipo portoghese conserva l’umiltà di bambino cresciuto nel sobborgo industriale di Barreiro, in riva al Tago di fronte a Lisbona, ma poi ha allenato lo Shakhtar, la Roma e il Lille, dove il Milan aveva già pescato Leao e Maignan — ha cancellato l’immagine di tecnico che non controlla lo spogliatoio, come l’insubordinazione sui due rigori sbagliati a Firenze lasciava sospettare. Grande studioso di tattica, la sera si porta a casa il lavoro, nell’appartamento fuori Milano dove vive con la seconda moglie e i due figli. Tra gli attuali crucci c’è il fatto che Leao segni poco e praticamente mai di testa, ma Pulisic ha già 7 gol e 3 assist, Reijnders è tra i centrocampisti più completi d’Europa, 12 giocatori diversi hanno fatto gol in 14 partite, Torriani e Camarda hanno debuttato in Champions, Chukwueze e Okafor sono stati rilanciati, Gabbia è arrivato in Nazionale. A Fonseca non basta: “In Champions è più facile che in campionato, dove le squadre giocano uomo contro uomo. E da Leao mi aspetto decisamente di più”. L’importante è non accontentarsi.