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Milan, l’addio alla Champions e i milioni in fumo: tutte le colpe di Ibrahimovic

La mancata qualificazione agli ottavi costa tantissimo al Diavolo. Le scelte sul mercato, Gimenez a parte, al momento non pagano. Il vero obiettivo ora è il quarto posto

MILANO – Bocciato. Al primo vero esame della sua nuova vita, Zlatan Ibrahimovic è stato rimandato. Il Milan eliminato dalla Champions è un fallimento che ricade su Conceiçao e su di lui, sempre più volto della squadra. La faccia ce l’ha messa anche ieri, dopo la partita con il Feyenoord, andando a parlare in tv: “Ci siamo ammazzati da soli, colpa nostra”, ha ammesso. Il Diavolo non è mai stato in corsa per lo scudetto, è fuori dall’Europa prima ancora degli ottavi e ora si trova a dover inseguire il quarto posto in campionato che diventa il vero obiettivo da centrare, più della Coppa Italia dove pure potrebbe esserci una semifinale contro l’Inter.

I milioni in fumo senza Champions

Con il pareggio di ieri sono andati in fumo 11 milioni di euro (il premio Uefa per il passaggio del turno), a cui se ne potrebbero aggiungere altri 50 (minimo) senza la qualificazione alla prossima Champions. In un quadro del genere, non basta la Supercoppa o un ipotetico successo in Coppa Italia a salvare la stagione. Conceiçao si è assunto le sue responsabilità (“Sono io il colpevole”), ma è arrivato da un mese e mezzo. Il peso del fallimento è soprattutto sulle spalle di Ibra, che col suo carisma ha messo in ombra l’ad Furlani e il dt Moncada.

Il mercato invernale firmato Ibra

L’Euroflop lascia un retrogusto amaro anche sullo scoppiettante mercato invernale. È vero, è arrivato Santiago Gimenez (pur pagato 35 milioni), un centravanti di livello che mancava da tempo. Ma gli altri colpi non hanno risolto i problemi di una rosa costruita male. La vera necessità, oltre a una punta in grado di segnare con continuità, era portare a Milano un centrocampista di corsa e geometrie, uno alla Tonali, mai veramente sostituito. Si è invece preferito accontentare Conceiçao (e il suo agente Mendes) prendendo Joao Felix dal Chelsea, per poi pescare nelle ultime ore Bondo dal Monza, un mediano di buona prospettiva ma certo non pronto a fare subito la differenza. Scelte che portano la firma di Ibrahimovic: è lui che da super consulente di RedBird ha assorbito anche le funzioni di ds, dopo l’allontanamento di D’Ottavio (con cui non aveva buoni rapporti). Non è tutto da buttare, anzi è apprezzabile la volontà di investire per correggere gli errori estivi e provare a dare una scossa a una stagione disgraziata, ma i risultati sono ugualmente negativi.

Le critiche di Boban

Sulla costruzione della rosa è intervenuto anche Boban, ex dirigente rossonero, ora commentatore a Sky. Ieri, dopo la partita, ha chiesto a Ibrahimovic perché si è deciso di smantellare il gruppo che nel 2022 ha vinto lo scudetto. Zlatan, col volto tirato, ha replicato orgoglioso: “Io all’epoca giocavo, posso dire che questa squadra è il doppio più forte di quella lì”. Una risposta che non ha convinto Zvone: “Queste parole sono curiose. Quel Milan aveva un centrocampo straordinario, con Bennacer, Kessie e Tonali, Saelemaekers che dava equilibrio. Ha vinto uno scudetto ed è arrivato in semifinale di Champions”. E ancora: “C’erano Leao e Theo, ma erano diversi rispetto a oggi”. Concetti netti, in linea con il personaggio Boban, condivisi però da buona parte della tifoseria.

Theo Hernandez, storia verso i titoli coda

Tira aria di rivoluzione, serve aria fresca. Per il nuovo nemico pubblico numero uno, Hernandez, difficilmente ci sarà spazio nel nuovo corso. Alla vigilia della sfida col Feyenoord Ibrahimovic lo aveva responsabilizzato: “Quando sono arrivato era un ragazzino, ora non lo è più”. Neanche ventiquattro ore dopo Theo ha vissuto la sua notte più buia, con l’inaccettabile espulsione che ha condannato il Milan. Che però ha le sue colpe nella gestione di un giocatore che fino a pochi mesi fa era un patrimonio del club, adesso è un problema. Nato con la trattativa per il rinnovo, arenatasi per le richieste del giocatore, ritenute eccessive dalla società: 7 milioni a stagione, lo stipendio più alto della rosa insieme a Leao.

Il vaso si è rotto a gennaio, quando il Milan lo ha di fatto ceduto al Como per 40 milioni: Theo ha rifiutato, ma si è sentito scaricato. Nel suo atteggiamento in campo, perennemente svogliato, c’è anche questo trattamento, che di certo non gli è piaciuto. In estate, con un solo anno di contratto rimanente, verrà probabilmente venduto a cifre più basse del suo valore. Un’altra sconfitta per un Diavolo rosso di vergogna e nero di rabbia.

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