BOLOGNA – Un lavoro di gruppo. Non c’è un unico imputato alla sbarra per il Milan che crolla a Bologna e vede sfumare forse definitivamente la prossima Champions. Il volto della sconfitta numero sette in campionato è Conceiçao, che però è salito a bordo a fine dicembre. Le responsabilità vanno condivise con la società, che negli ultimi mesi si identifica con Ibrahimovic, il senior advisor di RedBird. Ieri nella pancia del Dall’Ara il tecnico si è chiuso per un’ora negli spogliatoi insieme alla squadra. Il primo a uscire è stato Leao, che ha parlato a nome del gruppo. Poi è sbucato Conceiçao: provato, con la faccia tirata e gli occhi stanchi. Soprattutto, solo. Ibra in queste settimane gli ha ribadito la fiducia anche pubblicamente, ma dopo una notte così nera non gli ha fatto da scudo, non gli si è messo accanto. Così Conceiçao si è sfogato, “vi sto aprendo il mio cuore” ha detto. Lo ha fatto con orgoglio e rabbia (per le decisioni arbitrali sui gol del Bologna), lanciando anche una stilettata a Maurizio Sarri.
Il rapporto poco chiaro con il club
Il primo messaggio è sul suo futuro: “Tutti i giorni si parla della mia situazione, se sono o meno confermato. Non è giusto. So cosa voglio, so cosa posso fare: se non servo più prendo la valigia e vado via senza chiedere un euro in più dal Milan”. Frasi dure, legate a quel contratto fino al 2026 che il club rossonero può interrompere a giugno. Il Milan è ottavo, a 8 punti dalla Juventus quarta: l’obiettivo minimo della stagione, la qualificazione alla Champions, a cui è legata la sua permanenza a Milano, è ormai un miraggio. Sergio però non molla: “Fin quando avrò la forza di continuare, lo farò. Se la società la pensa diversamente, mi sta bene così”. Ecco, un altro passaggio chiave: un riferimento alla volontà del club (che evidentemente l’allenatore non ha così chiara), buttato fuori in un momento in cui Conceiçao era solo.
La frecciata di Conceiçao a Sarri
Il tecnico portoghese si leva anche qualche sassolino dalle scarpe: “Leggo interviste di altri allenatori nel giorno in cui giochiamo, non va bene. Io non lo avrei mai fatto a un collega”, ammette quasi deluso in riferimento a una recente intervista di Sarri che, parlando dei rossoneri, aveva detto di aver ricevuto “proposte formulate in maniera tale da non farmi vacillare”. Parole che Conceiçao non ha apprezzato. Così gonfia il petto, elencando i suoi successi contro le squadre italiane in Europa, citando ogni singolo allenatore superato col suo Porto: “Ho battuto Pioli al Milan, Sarri alla Lazio, Di Francesco alla Roma, anche con la Juve ho passato il turno, ho perso solo contro l’Inter finalista”. La sintesi: “Non arrivo dal nulla. Su di me leggo tante cattiverie, voglio rispetto anche perché ho una famiglia e una vita fuori dal campo”. Uno sfogo in piena regola, comprensibile ma forse esternato nel momento sbagliato.
Le responsabilità di Ibrahimovic
Come non proprio ideale, alla luce dei risultati e del periodo delicato, è stata la recente intervista di Ibrahimovic a GQ, in cui parla di management affamato (“Noi siamo il rock and roll”), di muri da sfondare e della sua missione: “La mia responsabilità è chiara: portare il Milan dove gli spetta. Vincere”. Frasi che suonano male nei dieci giorni in cui il Diavolo è stato eliminato dal Feyenoord ai play-off di Champions e ha perso in campionato con Torino e Bologna, col preziosissimo quarto posto distante 8 punti. Nel mercato invernale il club ha investito per rimediare agli errori fatti in estate nella costruzione della rosa, ma ad oggi tra i nuovi acquisti solo Gimenez ha inciso, e neanche sempre. In questo Conceiçao non ha colpe. E con partite ogni tre giorni non ha avuto neanche tempo per allenare la squadra e trasmettere la sua idea di calcio. Dalla prossima settimana ne avrà di più, con meno viaggi e impegni: una situazione che a Milanello nessuno avrebbe voluto vivere, per certi aspetti però un vantaggio. Certo bisogna arrivarci. Domenica c’è la Lazio a San Siro: difficile pensare a ribaltoni immediati, ma in caso di ulteriore sconfitta nessuno scenario può essere escluso.