Difficile dire chi fra Fonseca e Leao vincerà il braccio di ferro. Facile invece immaginare che, se andrà avanti, a perderci sarà il Milan, che non può permettersi uno scontro fra l’allenatore e il giocatore di maggior talento. Stefano Pioli era accusato dai tifosi di non sapere far fruttare il numero 10, per sua natura divino solo quando vuole. Ma almeno lo faceva giocare. Il nuovo tecnico — non nuovissimo, visto che ha in mano la squadra da inizio luglio — lo mette invece in panchina. È successo a San Siro contro l’Udinese: Rafa non ha messo piede in campo e la squadra ha vinto 1-0. È successo di nuovo col Napoli, ma non è andata altrettanto bene. Quando Fonseca dopo un’ora si è deciso a mandare in campo il ragazzo di Almada, togliendo Okafor, era troppo tardi. Il risultato era da un pezzo sul 2-0 per la squadra di Antonio Conte, che i milanisti la scorsa estate sognavano di vedere a Milanello, e che di giocatori indolenti alla Leao ne ha raddrizzati tanti, usando tanto bastone e poca carota, ma senza metterli da parte.
Leao, un solo gol in 782 minuti
Ci risiamo. È probabile che questa sera a Monza il fianco sinistro dell’attacco rossonero sarà di nuovo affidato allo svizzero. Fonseca ieri in allenamento non ha provato fra i titolari Leao. Un’esclusione — sarebbe la terza di fila in campionato — che suona come una condanna all’atteggiamento dell’eroe dello scudetto del 2021/22, che con un girone da superstar regalò ai rossoneri la gioia di vincere in rincorsa sull’Inter, ma che in questa stagione ha segnato la miseria di un gol in 782 minuti. In campo Leao cammina, al massimo trotterella, e tutto nel suo corpo dice che i giorni belli sono lontani. “Non c’è nessun conflitto tra noi”, ha detto il tecnico dopo la sconfitta col Napoli, dando l’impressione di non crederci nemmeno lui. Più indicativa la seconda parte della dichiarazione: “È obbligo dei giocatori fare il loro meglio per la squadra. Non devo pregarli, o mendicare il loro impegno”.
Senza campo Leao rischia di deprezzarsi
Se Fonseca lascia in panchina Leao è anche perché la società glielo lascia fare. Pensare che Ibra, ex compagno di Rafa e dirigente alle primissime armi, sia contento delle scelte dell’allenatore è forse eccessivo. Ma non le contrasta. Quanto a Furlani, uomo di conti prima che di calcio, non può rallegrarsi del fatto che l’asset più lussuoso del club — nel Monòpoli della rosa rossonera, Leao è Parco della Vittoria — perda valore. Quotato in casa un centinaio di milioni, con buona dose di ottimismo, rischia di deprezzarsi. Succede, quando un calciatore e un allenatore, o un intero club, non vanno d’accordo. Citofonare all’Inter e chiedere del signor Icardi. O fare due domande a Napoli su un certo Osimhen.
Possibile addio a giugno
È improbabile che il portoghese voglia andarsene a gennaio, comunque andranno le cose. Anche perché al momento di offerte irrinunciabili non si ha contezza. Più realistico che possa pensarci per giugno, quando avrà 26 anni, non pochi in un calcio europeo in cui scintillano i Bellingham e gli Yamal. Sempre che Fonseca a quel punto sia ancora in sella. E non è affatto scontato. Nella scorsa stagione dopo nove partite Pioli, non più on fire, aveva comunque raccolto 21 punti. Anche se avesse vinto la gara rinviata contro il Bologna — e come sanno gli interisti potrebbe non essere una passeggiata — il portoghese sarebbe a quota 17, al settimo posto, fuori dalle coppe.
L’azzardo di Fonseca
In un quadro così, è evidente che per l’allenatore lasciare fuori il proprio miglior calciatore sia un azzardo. Diventerebbe un pericoloso all-in se Fonseca decidesse di non schierarlo nemmeno martedì al Bernabeu contro il Real Madrid. Leao è pur sempre quello che il 7 novembre 2023 in Champions a San Siro sconfisse praticamente da solo il Psg. E certe cose non si dimenticano in un anno.