Seattle – Henrikh Mkhitaryan, Simone Inzaghi racconta che quando lei parla i compagni ascoltano come se in aula fosse entrato il professore. È vero?«Dico quello che penso, senza cercare di piacere a qualcuno, che siano i compagni, i tifosi, chiunque. Quando a parlare sono gli altri, ascolto. Se apro bocca, e non lo faccio spesso, è per il bene della squadra. L’importante è non nascondersi, essere chiari, diretti. Solo così ci si aiuta a vicenda».
Qui in America avete trovato un nuovo allenatore. Come va con Chivu?«Bene, la filosofia e le idee sono nuove. Prima capiamo quello che ci chiede e meglio è. Siamo partiti subito con un torneo vero, abbiamo poco tempo. L’importante con un nuovo allenatore è accettare le indicazioni, imparare e lavorare».
Dal punto di vista umano, cos’ha portato Chivu?«È serio e simpatico. Ci supporta mentalmente e nella tattica. Fin dal primo allenamento si è vista la sua impronta. Il modulo è quello, ma l’approccio è diverso rispetto a Inzaghi».
Con Simone vi siete sentiti?«Ci siamo salutati in privato. Ho evitato di fare post sui social. Ha preso una decisione, l’abbiamo accettata. Capitolo chiuso, se ne apre un altro».
Contro l’Urawa Red Diamonds è arrivata la prima vittoria dopo la finale di Champions. Questo torneo americano può aiutarvi a superare la delusione?«Sì, ma la cicatrice resta. Il dolore non si cancella, è stata una sconfitta brutta. Non dimentichiamo il percorso che ci ha portato fin lì, abbiamo fatto grandi partite, ma indietro non si torna. Dobbiamo rialzarci, imparare e andare avanti».
Avete capito cos’è successo a Monaco?«Non serve pensarci troppo. Dobbiamo lavorare per vincere nei prossimi giorni, nelle prossime settimane e nei prossimi anni».
Chivu ha raccontato di essersi affidato a uno psicologo, in un momento difficile della sua carriera da calciatore. Quanto è importante per uno sportivo farsi aiutare?«Per me, molto. Sono andato dallo psicologo a Dortmund e all’Arsenal. Ma ognuno ha la sua sensibilità. C’è chi preferisce analizzarsi da sé, o si confida solo con persone care. Io dopo Monaco mi sono confrontato con mia madre, con gli amici. Il tempo per parlare era poco perché siamo partiti subito».
Qual è la sua parola preferita?«Positività. Essere felici di vivere la propria vita, cercare di fare le cose per bene, divertirsi».
Lei come si diverte?«Leggo molto. Sto finendo l’autobiografia di Elon Musk, in inglese. Ho letto quella di Zidane, in francese. Leggo anche in italiano».
Direbbe ancora la frase sull’Inter ingiocabile?«Non ho detto che siamo ingiocabili sempre, ma che lo siamo stati in alcune partite, per l’atteggiamento che abbiamo messo in campo. Certo che lo direi di nuovo, lo penso. Se poi qualcuno mi prende in giro, non me ne frega niente».
Altre parole famose: ha detto che potrebbe essere la sua ultima stagione. Ha deciso quando smettere?«Ho detto che questa è la stagione più faticosa della mia vita, con tre competizioni. E che non so quanto mi resti da giocare. Non escludo nulla, ma so di avere ancora voglia di andare in campo. Ho un anno di contratto con l’Inter, se non mi cacciano resto (ride). Non voglio ritirarmi col rimpianto di averlo fatto troppo presto».
Dopo l’Inter, immagina un’esperienza altrove?«Dopo l’Inter smetto. Non voglio abbassare il livello, non tornerò a giocare in Armenia. E mete come l’Arabia non mi interessano. Con tutto il rispetto, amo il calcio per il gioco, non per i soldi. Quando mi sveglio ho voglia di allenarmi e dimostrare quel che valgo».
Ha una laurea in Economia e una in gestione dello Sport. Che futuro immagina dopo il calcio giocato?«Oggi dico che vorrei uscire dal calcio, ma mai dire mai. Mi servirà tempo per riflettere e riposare, in famiglia».
La politica le interessa?«Non ci penso, sono concentrato sull’oggi. Se avrò voglia di entrare in politica, lo capirò quando avrò smesso di giocare».
Con Taremi, bloccato in Iran dalla guerra, vi sentite?«Certo, sta bene. Non lo disturbo troppo, perché sono in tanti a contattarlo per sapere quale sia la sua situazione. Ci ha fatto piacere che abbia voluto farci un in bocca al lupo per il Mondiale per club. Un grande gesto. Fa star male pensare a cosa sta succedendo, speriamo che il conflitto finisca il prima possibile».
Con i suoi ex compagni dello Shakhtar è rimasto in contatto?«Certo, ci sentiamo. C’è chi si è trasferito, chi ha cambiato Paese. La guerra cambia tutto».
Ha con sé una scacchiera qui negli Stati Uniti?«No, gioco online contro De Vrij. Ho visto giocare Carlos Augusto. Ma in questo periodo a dire il vero guardo un sacco di partite del Mondiale per club. Ce ne sono di bellissime».
E dove l’Inter sta provando molti giovani, da Pio Esposito a Carboni.«Sanno come funziona il calcio: oggi fai gol, ma domani si riparte da zero. Devi dimostrare di essere pronto, all’allenatore e ai compagni. Noi, più esperti, cerchiamo di indicare loro come migliorare. Poi dipende da te se vuoi crescere o no».
Cosa la fa ridere?«I comici armeni. Alle battute nelle altre lingue sorrido, ma per le gag, niente è come la propria».
Lei piange?«Mi commuovo, capita. Quando sento storie di persone, o guardo film che toccano il cuore».
C’è un noto personaggio italiano di cui vorrei chiederle.«Se è Al Bano, ha solo suonato al mio matrimonio, ma non ci frequentiamo. Me lo chiedono tutti».
Parlavamo di Pippo Franco.«Dicono che mi somigli, ma non è vero. Non capisco. Siamo completamente diversi».
Cosa vorrebbe che dicessero di lei i suoi due figli, da adulti?«Che ho insegnato loro a essere brave persone, a rimanere umani. E che l’ho fatto con l’esempio. Conta più delle parole».
Potesse tornare indietro nel tempo, cosa farebbe in modo diverso?«Tornerei a quando ero piccolo, per passare più tempo con mio papà. È morto quando avevo sette anni. Anche lui giocava a calcio. Mi piace pensare che da lassù mi abbia visto crescere e sia fiero di me».