Stanotte comincia un mese di calcio di cui sappiamo poco o niente, che sfugge a pronostici e previsioni, ma anche soltanto a un’idea preventiva di quel che sarà. Questa sfuggevolezza è al tempo stesso il limite e il beneficio del primo Mondiale per club della storia del pallone, un carrozzone che mette in palio un miliardo di dollari (quello della Coppa del Mondo in Qatar era di 440 milioni, per dare una misura) e che il presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha messo in piedi con sua personale ostinazione e di sicuro senza che né la Uefa né i calciatori, perlomeno quelli di primo livello, gli abbiano dato corda, al contrario: nelle chiacchiere tra giocatori, affiora la stanchezza prima di tutto mentale delle stelle che si sobbarcheranno un mese di fatiche in più, in un paese poco calcistico (nella prima fase, si rischiano stadi semideserti) e per una coppa che, ora come ora, non eccita le ambizioni di chi è abituato a concorrere per la Champions o per i campionati che contano.
Un torneo imprevedibile
È anche per questo che è tutto sfuggevole: è impossibile sapere se le categorie tecniche verranno rispettate, se ai campioni verrà la voglia, se le condizioni climatiche e ambientali li incentiveranno a restare fino alla fine oppure a tornare al più presto. Che tipo di calcio sarà? Qual è la vera differenza tra il calcio europeo (che nella Coppa del Mondo orienta, di fatto, anche le selezioni extraeuropee più forti) e quello sudamericano? Quanto sono competitivi statunitensi e messicani? E gli arabi, con le loro stelle a libro paga? Sarà, più ancora che il Mondiale “vero”, un confronto di scuole, culture, metodi e mentalità completamente diverse e che non sono abituate a confrontarsi, se non in quegli sporadici incroci nell’ormai semiclandestina Coppa Intercontinentale (per la cronaca, esiste ancora). Restano invece incolmabili gli sbalzi economici: il Real Madrid incasserà un gettone di partecipazione dieci volte più alto (38 milioni) di quello dell’Auckland City, ma in generale le europee riceveranno molti più soldi degli altri, tant’è che i giocatori del Seattle nell’ultima gara di Mls hanno indossato una maglietta di protesta, con la scritta Club World Ca$h Grab (il Mondiale del furto di denaro).
Le favorite
La logica direbbe che i favoriti dovremmo rintracciarli tra i soliti noti: il City, il Real, il Psg, il Bayern. Ma cosa porteranno in America? Quale spirito, quante energie? I club sono motivati dal grano – il Real, che avrà il premio di partecipazione più alto, può arrivare a guadagnare fino a 122 milioni di dollari – ma molti calciatori sono spremuti, sfiatati. Perciò in molti aggiungono al pronostico le sudamericane, che hanno alle spalle solamente mezza stagione e stimoli decisamente superiori, probabilmente il tifo dalla loro e fatturati tra i 200 e i 250 milioni, ormai in linea con i club europei di fascia medio-alta. Il Flamengo è pieno di ex “italiani” di buon curriculum (Danilo, Alex Sandro, Gerson e Jorginho, arrivato dall’Arsenal proprio in questi giorni), il Botafogo si è appena rinforzato con Correa e Cabral. Ma sono forti soprattutto River Plate e Palmeiras, che metteranno in mostra due ragazzi del 2007 come Yamal. E già forti quasi come lui, l’argentino Franco Mastantuono e il brasiliano Estevao, soprannominato però Messinho. Costui è un’ala destra che il Chelsea ha già comprato un’estate per 61 milioni e che ha lasciato al suo club fino a questo mondiale, ma il vero crack è Mastantuono, appena arrivato al Real per 45 milioni (era il prezzo della clausola): a 17 anni, è un ragazzo di tecnica raffinatissima ma soprattutto di raffinata intelligenza calcistica. È un De Bruyne, per accostarlo a un nome di attualità.
Messi all’esordio
Il Mondiale lo aprirà però stanotte (Inter Miami-Al Ahly si gioca alle 2 di domenica, per noi) il gran signore che ha vent’anni in più e che Infantino ha reclutato a forza (non c’erano reali ragioni regolamentari perché il suo club potesse iscriversi al torneo), perché Leo Messi funziona per tutte le copertine, in ogni lingua e di ogni religione calcistica. S’è adoperato per metterlo a confronto con Ronaldo (almeno cinque o sei club hanno cercato di arruolarlo per questo mese sfuggevole, su pressing della Fifa) senza però riuscirci, perché Cristiano ha preferito tenersi per l’altro Mondiale, tra un anno. Ma alla Fifa sono convinti che alla lunga la vera Coppa del Mondo sarà questa: «Nel giro di un paio di edizioni, diventerà più importante del Mondiale per nazioni», dice Romy Gai, Chief Business Officer della Fifa, cioè quello che procaccia i soldi. «La ragione è semplice: una nazionale come la Spagna avrà 30 milioni di tifosi, ma una squadra come il Real ne ha un miliardo, se guardiamo i followers. Gli egiziani dell’Al Ahly, per dire, ne hanno 100 milioni».
Le novità
Anche per questo sarà tutto molto spettacolarizzato, americanizzato, con cerimonie rutilanti e innovazioni tipo la body cam degli arbitri. La Fifa sottolinea che saranno rappresentate 81 nazioni, 22 delle quali non hanno mai partecipato alla Coppa del Mondo, e che ci saranno più campioni del mondo qui (26) di quanti ce ne fossero in Qatar. Mancano, è vero, Yamal e Salah, per fare due nomi, ma il City ha rilucidato Haaland, investito 128 in questa finestrella di mercato (Reijnders, Aït-Nouri, Cherki) e ritrovato proprio sul finire della stagione la competitività che aveva perso all’inizio: sembra il favorito, sì. Ci sono anche 9 allenatori nuovi di zecca (tra cui Xabi Alonso al Real, Chivu all’Inter, Inzaghi all’Al Hilal) e ci sono l’Inter e la Juventus, che al momento si godono la soddisfazione dei soldi che prenderanno (26 milioni i nerazzurri, 20-22 i bianconeri) ancora prima di cominciare e che, strada facendo, potrebbero teoricamente toccare quota cento: avranno la forza e la voglia di andare lontano, basterà la freschezza di acquisti e rientri (Luis Henrique, Sucic, Pio Esposito, Kostic, Rugani) per riavviare una stagione sfiancante? I nostri entreranno in lizza dalla settimana prossima. Intanto cominciano da Messi e poi vediamo.