Sei anni fa il ritiro, polemico, dal calcio con la maglia del Milan. Poi il patentino da allenatore a Coverciano e l’inizio di una carriera da apprezzato commentatore tv: Riccardo Montolivo oggi è uno dei volti di punta di Sky Sport.
Montolivo, tra 10 giorni parte il campionato: chi è favorito per lei?«Il Napoli. È avanti rispetto alle altre, anche di tanto. È l’unica squadra che ha dato continuità in panchina e in estate ha aggiunto qualità e alternative, quelle che sono mancate lo scorso anno. Ma nonostante questo gli azzurri sono riusciti comunque a vincere. Poi Conte ha la stessa rabbia di sempre».
Il Milan ha scelto Allegri.«Lui e Tare sono stati due grandi acquisti. Max è un allenatore di buon senso, mette i giocatori al loro posto e riesce a esaltare le qualità della rosa. La rosa si è rinforzata in mezzo al campo, manca ancora qualcosa dietro, però credo sarà protagonista questa stagione. Ma oggi il Napoli è lontano».
Max sarà il valore aggiunto?«Sì, perché porta organizzazione e solidità. Poi ha già chiaro come schierare la squadra, cercando di esaltare le qualità del suo giocatore migliore che è Leao. Con la sua esperienza vincente, cambierà la mentalità di questo Milan».
Sorpreso dall’arrivo di Modric?«Un’occasione di mercato che il Milan ha fatto bene a cogliere. In A, anche a 40 anni, può fare la differenza. Non vedo l’ora di vedere i suoi colpi d’esterno. Lui e De Bruyne sono quei giocatori illuminanti che mancavano a Milan e Napoli».
Le piace l’Inter di Chivu?«Mi ha sorpreso l’addio di Inzaghi, credo abbia sorpreso anche l’Inter. Chivu è un ragazzo intelligente che sa fare questo mestiere, bisogna capire se ha l’esperienza e la lucidità per farlo in una scuola importante come l’Inter. Certo, l’episodio capitato con Çalhanoglu non è stato simpatico, può togliere molto dentro lo spogliatoio».
Tra le altre chi sarà la sorpresa?«La Roma mi piace, con Gasperini c’è un progetto chiaro, ma servirà pazienza. Poi c’è il Como, che dopo un mercato così vedremo lassù, a disturbare tutti».
E l’Atalanta?«È una stagione cruciale, con Juric ha scelto un allenatore simile a Gasperini. Io sarei andato in una direzione opposta, un po’ come fece la Juve con Allegri, dopo l’addio di Conte. Quando si fanno scelte in continuità il rischio di paragonare un percorso all’altro è altissimo».
La Juventus si è incartata con Vlahovic?«La scelta di non puntare più su di lui è stata fatta mesi fa. Bisogna trovare una soluzione, il giocatore non può più restare. Ma per chi vuole investire è un’opportunità».
Cosa succede con Donnarumma?«Il Psg ha fatto una scelta incomprensibile. È legittimo puntare su un altro portiere ma trattarlo così, all’improvviso, non convocandolo per la partita di stasera, l’ho trovata un’uscita di pessimo stile. Sulla Champions League ci sono le sue mani».
È una rottura definitiva?«Il mancato rinnovo ha inciso. Il club parigino è rimasto scottato dalla questione Mbappé, ma doveva trovare una soluzione diversa, pacifica, che accontentasse tutti».
È la stagione che deve riportarci al Mondiale. Gattuso ci riuscirà?«La Federazione si è accorta che tra il gruppo e Spalletti si era rotto qualcosa. La scelta è ricaduta su uno dei pochi allenatori disponibili. Mi auguro sia quella giusta. Da tifoso, ovviamente. Per il nostro calcio è troppo importante andare al Mondiale».
Ha riallacciato i contatti con il ct?«Non abbiamo nessun tipo di rapporto, non c’è nulla da ricostruire».
La ferita del Milan è ancora aperta?«Lui ha preso delle decisioni nei miei confronti incomprensibili senza darmi spiegazioni. Fine».
Lei avrebbe mai rifiutato una convocazione in Nazionale, come capita adesso?«La Nazionale non si rifiuta. Se l’Italia ti chiama, tu ci vai, anche se hai un problema personale con il ct. Io ci ho lasciato una tibia e un crociato in azzurro».
Perché adesso c’è questa tendenza?«Ho vissuto un periodo in cui i convocati erano 23. Andare in Nazionale era veramente dura. Ora vengono chiamati in 35, ci sono gli stage. La maglia azzurra è diventata meno elitaria, c’è sempre spazio».
Pensa a un futuro in panchina?«Per il momento va bene così, questo lavoro mi permette di stare tanto tempo con la mia famiglia. Non nascondo che in futuro mi piacerebbe provare qualcosa di diverso».
Venticinque anni di carriera, tre squadre, un solo trofeo. Qualche rimpianto?«Rimpianti no, a Firenze era complicato vincere. Al Milan invece sono arrivato nel posto giusto ma nel momento sbagliato. Il rammarico è non aver mai fatto un’esperienza all’estero. Ci sono state possibilità, ma non ho mai voluto lasciare il Milan, la squadra per cui tifavo da bambino».