Torino – Il confronto di ieri fra l’ad Maurizio Scanavino, il dg Cristiano Giuntoli e l’allenatore Thiago Motta è finito con il previsto verdetto sospeso che penzolerà sulla testa del tecnico da qui fino a chissà quando: un altro risultato catastrofico come gli ultimi due (e come la tripla eliminazione dalle coppe) porterà inevitabilmente alla condanna anticipata. Che a fine campionato ci possa essere l’assoluzione è sempre più improbabile, visto quanto la fiducia reciproca si è assottigliata in questi mesi in cui tutti hanno fatto fatica a capirsi l’un altro.
Motta confermato fino al Genoa
A Motta è stato ribadito che fino alla prossima partita (Juventus-Genoa, 29 marzo) la sua posizione non è in pericolo né lo sarà dopo i colloqui con i giocatori, ai quali è stato ribadito che l’allenatore è lui ed è a lui che devono votarsi. Ma a Thiago è stato chiesto di mettere mano ai problemi più urgenti, a cominciare dall’improvvisa perdita di equilibrio di una squadra che non ha mai rubato l’occhio ma che almeno era difficile da scalfire, almeno fino a quando non ha perso, nel giro di neanche un mese, tutte le gare chiave. Motta dovrà applicare più semplicità e più linearità ai suoi metodi di lavoro, perché non è il momento delle decisioni estemporanee come quelle di Firenze, con una linea difensiva improvvisata e mal assortita, la posizione incomprensibile di Koopmeiners e McKennie, l’incapacità di organizzare il recupero della palla, la rinuncia aprioristica a Vlahovic e quelle sostituzioni che hanno fatto inorridire anche Del Piero in tv: sotto di due e poi di tre gol, in campo sono stati inseriti due terzini e uno stopper (e non Yildiz) e non c’è stato alcun ritocco alla tattica di gara.
Le decisioni sconcertanti di Firenze
Firenze, in questo senso, è una sorta di bignami del metodo Motta: decisioni cervellotiche, assenza di un piano B, incapacità di scuotere la squadra e impiego dei giocatori non nel loro ruolo più adatto. Il caso di scuola è Nico Gonzalez, che da sempre si è dichiarato maggiormente a suo agio sulla fascia destra ma che viene schierato inderogabilmente a sinistra, non solo quando c’è da fare spazio alle due ali destre di ruolo, Conceiçao e Weah, ma anche quando da quella parte sono finiti Yildiz, Kolo Muani, Koopmeiners o, come a Firenze, praticamente nessuno.
Il rapporto complesso tra Motta e i giocatori della Juventus
La squadra fatica a capire la ratio di molte scelte dell’allenatore, accusato di non essere abbastanza empatico con i giocatori. Il suo metodo, d’altronde, non prevede la confidenza ma il confronto diretto in pubblico, senza mai nulla da nascondere: Thiago Motta è una persona onesta e trasparente, per cui non ha alcun problema a esporre i suoi pensieri e le sue osservazioni al gruppo per intero anziché usare il paravento del privato. La società gli ha chiesto di ascoltare di più le richieste dei calciatori, che però nel confronto pubblico quasi mai prendono la parola. L’allenatore vorrebbe da loro più carattere e una personalità più spiccata. E dalla dirigenza, qualche pungolo in più: è un dato di fatto che le colpe dei disastri stanno ricadendo in buona parte su Thiago e in seconda istanza sulla società, che ha sbagliato il mercato estivo e forse pure quello invernale, mentre sui giocatori nessuno punta il dito e soprattutto non lo punta il club. Deresponsabilizzata in questo modo, alle prime difficoltà la squadra ha reagito tenendosi al coperto, esattamente come è successo nei due anni di Allegri: dopo un’andata da vertice, il girone di ritorno è sempre stato disastroso. L’ambiente si sfalda e i calciatori non fanno che assecondare la tendenza.
Tre allenatori per il futuro della Juve
Nel frattempo, i due mesi che mancano alla fine della stagione serviranno al club per chiarirsi le idee sul futuro. Se Motta, che continua ad avere l’appoggio di John Elkann, non verrà confermato, chi potrebbe arrivare? I tifosi sognano Conte, che tuttavia non è in buoni rapporti con Giuntoli, il quale rischia però di essere messo in discussione a sua volta. Mancini è disponibile anche subito, ma il pubblico non lo gradisce. Pioli piace un po’ a tutti, ma rappresenterebbe comunque una sorta di restaurazione dopo aver immaginato con Thiago un futuro diverso. Ora tocca comunque a lui salvare il salvabile, lui che ha cambiato 39 formazioni diverse in 42 partite, che ha messo otto giocatori diversi al centro dell’attacco, che frulla i suoi uomini tra un ruolo e l’altro: McKennie ne ha cambiati sei.