Lo staff di Thiago Motta più che una squadra di collaboratori è un curriculum vitae del tecnico italo-brasiliano. Una componente chiave del suo modo di intendere il calcio, in cui il pallone ha un ruolo centrale solo nel tratto finale del percorso, nell’esecuzione materiale di un lungo processo di studio e di lavoro oscuro. Lo sa bene il tecnico, che ha sempre riservato ai suoi collaboratori un ruolo chiave nelle decisioni: l’ultima, naturalmente, spetta a lui, ma il processo decisionale è spesso concertato con il suo staff. Che è stato costruito pezzo per pezzo tra Parigi, Genova, La Spezia e Bologna, e che insieme a Motta avrà il suo esame più importante della carriera proprio a Torino: l’occasione di una carriera, il trampolino di lancio per la consacrazione definitiva. Per passare dai complimenti ai trofei.
Motta, il cognato all’analisi video
Un ruolo chiave lo riveste Flavio Francisco Garcia, un amico dalla doppia funzione. Da lui dipende la conoscenza degli avversari, attraverso l’analisi video da cui fa emergere pregi, da limitare e soffocare, e difetti, da attaccare per ribaltare i rapporti di forza della partita. Non solo analista video, dato che è anche parente e compagno nelle lunghe giornate passate a pane e calcio: è il cognato del tecnico, paulista come lui, malato di pallone e spalla quotidiana dalla mattina presto fino alla sera tardi, sempre con lo sport in testa. Lo sanno bene anche Khephren e Liliam Thuram, attesi per colazione prima delle 8 nel primo giorno del centrocampista alla Continassa: un segnale dell’approccio che dovranno avere i suoi calciatori. Il lavoro di Garcia va di pari passo con quello di un altro componente essenziale dello staff, Alessandro Colasante, ex centrocampista del Cagliari la cui carriera sportiva è stata meno soddisfacente di quella da analista video. Se Garcia approfondisce le individualità, Colasante fornisce a Motta una visione d’insieme, primo passo verso la scelta della tattica migliore da adottare: a Bologna si è guadagnato la fiducia dell’allenatore grazie al suo lavoro certosino, preciso, competente. Impossibile immaginare Motta senza di lui a Torino.
I vice, tra parte tecnica e atletica
Sono due i vice allenatori di Motta alla Juventus: Alexandre Hugeux e Simon Colinet, quest’ultimo con compiti relativi alla preparazione atletica. Due scelte che riconducono al passato francese di Motta, quando avvenne la transizione da giocatore ad allenatore, un mese dopo il suo ritiro. Il rapporto con Colinet nacque quando il preparatore fisico e il Motta calciatore si conobbero: toccava a lui curare la preparazione atletica dei giocatori del Psg, club di cui faceva parte l’attuale allenatore della Juventus. Un rapporto iniziato lì e consolidatosi nel tempo, quando l’italo-brasiliano decise che i muscoli dei suoi calciatori sarebbero stati preparati da Colinet: fu così al Genoa, allo Spezia, al Bologna. Un ruolo delicato, specialmente in una società come quella bianconera, che in questa stagione sarà impegnata in cinque competizioni. “Puntiamo a giocare quante più partite possibile”, è stata una delle prime dichiarazioni di Motta: per farlo servirà avere una rosa lunga ma soprattutto pronta fisicamente e in cui la prevenzione degli infortuni sia efficace.
In campo invece sarà Alexandre Hugeux il fido collaboratore di Motta: francese, 40 anni, ha iniziato la sua carriera nelle giovanili del Psg, dove ha lavorato anche Motta. Anche se le loro strade si sono solo sfiorate, Motta lo ha apprezzato vedendolo all’opera e l’ha voluto fortemente nel 2021, durante la sua avventura allo Spezia: nello scorso campionato ha anche sostituito lo squalificato Motta contro il Sassuolo.
I portieri e il cambio dopo 14 anni
Anche per i portieri Motta ha scelto di proseguire lo storico rapporto con i suoi collaboratori. Interrompendo una tradizione, legata a Claudio Filippi, iniziata nel 2010 con Del Neri: proseguirà con le giovanili bianconere. Una scelta comprensibile, vista la necessità di attorniarsi di figure con cui il rapporto sia già consolidato. Sui numeri uno lavoreranno Alfred Dossou Yovo e Iago Lozano, due personaggi, come è quasi sempre quando si parla di portieri, decisamente particolari. Il primo è stato uno dei tecnici delle giovanili del Psg, che ha curato la formazione di Mike Maignan: nativo di Cotonou, città del Benin in cui venne firmato l’accordo che definisce il quadro generale per le relazioni dell’UE con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, ha seguito Motta in tutte le sue avventure post Genoa, cioè La Spezia e Bologna. Ha affinato le doti tecniche di profili come quello di Provedel, cresciuto esponenzialmente nel periodo in cui è stato allenato da Yovo, e Ravaglia. Il secondo, Iago Lozano, è un 28enne che ha bruciato le tappe, un enfant prodige dalla grande personalità e dalle doti innate: nativo di Rosario e grande tifoso del Newell’s Old Boys, lavorerà a stretto contatto con Yovo per la crescita di Di Gregorio e Perin.