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Mourinho: “Tardi per un attaccante, mai pentito di aver scelto la Roma”

Il tecnico portoghese a cuore aperto al Corriere dello Sport: “Non mi sento più a mio agio con la classe arbitrale italiana”

Roma, Europa League, calciomercato, arbitri: lunga l'intervista rilasciata da José Mourinho al Corriere dello Sport. Si parte con l'inizio dell'avventura in giallorosso: “Firmai per la Roma perché quando incontrai i Friedkin mi piacque molto il loro modo di parlare. Quelle parole mi toccarono nel profondo, di questo avevo bisogno. "Pensiamo che tu sia la persona giusta per aiutarci a rendere la Roma un club più grande", aggiunsero. Trasmisero il loro entusiasmo, mi piacque la prospettiva di un progetto diverso, tre anni di contratto, una crescita progressiva, qualcosa che in precedenza non avevo mai preso in considerazione".

Roma da portare in alto: “Sapevo che sul piano sociale la Roma era un club assolutamente fantastico, ma anche che dal punto di vista della storia calcistica aveva vinto poco, nonostante tantissimi bravi allenatori e tantissimi giocatori di prima fascia, e investimenti anche. Quando conosci la realtà romanista ti chiedi perché si sia vinto così poco. Possibile che tu non possa fare qualcosa di diverso per aiutare il club, la nuova proprietà? Se adesso mi domandi se sono pentito della scelta, rispondo di no. Assolutamente no".

La stagione non si preannuncia semplice, lo sa bene lo Special One: “Non va tutto bene, ma mi diverto anche nelle difficoltà. Mi arrabbio per un’ora e subito dopo torno positivo. Non mi deprimo, non minaccio, non dico che mi hanno promesso mari e monti e non vedo né i mari né i monti. Una cosa che non posso cambiare è la mia natura, non sono uno che racconta cazzate. Relativamente all’attaccante immaginario, posso dirti che anche se la settimana prossima arrivasse Mbappé sarebbe comunque in ritardo. Questo per dire che dopo 28 giorni di lavoro, 31 allenamenti e 6 partite, in tutto 37 sedute, più riunioni di analisi tattica e altro, non avere un attaccante è un problema. A proposito, non fate casino con Belotti, resta e farà una stagione molto più produttiva".

Classe arbitrale: “Se facciamo Uefa di qua e Italia di là, mi sento molto meglio quando parlo di Uefa e meno di Italia. In Italia mi sono sentito aggredito, hanno violato la mia libertà di uomo, la mia libertà di uomo di calcio, la mia libertà non di grande allenatore, perché in queste situazioni non ci sono grandi o piccoli allenatori, siamo tutti uomini. Qui non mi sento più a mio agio. Ho paura di ricevere altre squalifiche, ho paura di dover tornare a sentire tutto quello che ho ascoltato o letto in questi due anni".

L'Europa League, la finale, l'arbitro Taylor: “So di non essere stato elegante, ma non ho insultato nessuno. Sono andato da Rosetti e gli ho detto: "arbitro, io lo chiamo così, è rigore o non è rigore?". Rosetti ha fatto quello che di solito fanno gli arbitri, non mi ha risposto. Ho ripetuto la domanda a Webb, lui mi ha messo la mano sulla spalla e ha detto "José, sì, è rigore". Webb ha fatto quello che mi sarebbe piaciuto avesse fatto Taylor. Perché se Taylor, o qualcuno al posto suo, dopo la partita fosse venuto da noi, nello spogliatoio del pianto, e avesse detto "ho sbagliato, abbiamo sbagliato, mi dispiace", non solo sarebbe finita lì, ma lui avrebbe avuto il nostro rispetto e la nostra ammirazione. Sbagliamo tutti, forse durante quella partita ho sbagliato anch’io. Continuo a pensare una cosa: Taylor è bravo, per non dire molto bravo, positivo anche il rapporto che ho avuto in Inghilterra, mi sembra un uomo perbene, io non ho mai messo in dubbio la sua onestà. L’unica cosa che dico e dirò sempre è che era rigore e con quel rigore lì la Roma avrebbe potuto vincere. Prima di quel rigore la sua direzione non mi era piaciuta per niente, non mi erano piaciute le sue scelte tecniche, disciplinari, però continuo a pensare che sia un arbitro bravissimo e se la prossima stagione lo riavremo, nessun problema, sono sincero".

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