«Sarebbe follia non pensare allo scudetto». Sabato il Napoli aveva tre punti meno dell’Inter. L’Atalanta non si era ancora inchiodata ai 58 del terzo posto perdendo a Firenze.Conte non sbaglia, avrà notato dopo la sosta un Napoli rifiorito, gioca d’anticipo, quelle parole sono un annuncio, una provocazione al Milan, un allarme sul campionato. Il Napoli non è folle né rassegnato. Deve solo gestire meglio i cambi per evitare finali strappacuore. Dopo una ventina di minuti il Napoli è già al raddoppio. I motivi sono plausibili.
Il Milan è frastornato, ma anche troppo lento e lezioso. Quelle sue fulminee ripartenze sono prerogativa della squadra di Conte, che dimostra di aver preparato la partita nelle segrete pieghe, non solo lo schema del vantaggio lampo. Il Napoli merita il raddoppio e Lukaku il gol 400 di una sontuosa carriera perché è in imbarazzo il Milan. Il Napoli impone ai centrocampisti la marcatura a uomo. Lobotka se la vede con Fofana, Gilmour con Bondo, apatico all’inizio l’olandese Reijnders, proprio il più raffinato e creativo, ma nei repentini cambi di posizione ottiene una libertà che nel primo tempo non sfrutta. Si accostano quando capita Anguissa, oppure accorcia Rrahmani.
La prima punta milanista Abraham subisce la più fiscale sorveglianza di Bongiorno.Rrahmani va cercarsi un rivale, a tratti collabora nella costruzione. Ma il tema è un altro. Rallenta in una serie di dubbi e test sul moduli, ora il Napoli rimonta la difesa a 4 del consueto 4-3-3 che la squadra indossa con la disinvoltura e la gioia di chi si ritrova intatto in un bell’abito di sartoria. È stato un handicap per la squadra la serie di prove e modifiche, dettate in parte dall’assenza di giocatori chiave per insulti muscolari.Hanno fatalmente indebolito una struttura solida e ben collaudata. Il sostanziale ritorno alla tradizione, al modulo che risale agli anni della bellezza di Sarri e dello scudetto di Spalletti è documentato, evidente, risolutivo.
Non può essere un caso, se Di Lorenzo ritrova la leggerezza del suo comando sulla fascia destra e va facile nelle intese con Politano, e lo stesso Politano dopo aver segnato subito il gol che brucia come una frustata sulla schiena del Milan, controlla la fascia destra anche in fase difensiva e propone spunti interessanti per Lukaku. Conceicao trascorre il tempo dei rimorsi prima di cambiare, un Napoli spigliato che gioca a memoria e domina. Si sarà pentito di aver escluso il bizzarro ma sempre pericoloso Leao, gli permette anche di prepararsi sul campo nell’intervallo evitando l’inutile dibattito negli spogliatoi. Non vede l’ora di riportarlo in gioco, e Leao è il velenoso fantasista che era mancato. E dove? Proprio sulla sinistra , essendo la destra la base operativa di maggiore vivacità del Napoli. È inevitabile che la partita torni in equilibrio con Leao, subentrato a Bondo dimenticabile mediano. Ma anche Jimenez, rimasto a guardare per oltre un’ora dalla panchina. È un altro Milan.
I cambi migliorano la squadra che soccombe, non il Napoli che infila Billing in tempo utile per fargli commettere un fallo da rigore. Tace Conte che glissa su uno stanco Lukaku e Neres spento ormai dopo i petardi dell’inizio. Un Napoli affaticato che pesantemente si abbandona al destino, qualcuno lo salvi se può. La tempestività dei cambi e la tenuta atletica ripropongono qualchelamore. Diventa una costante, purtroppo. Come era temibile, il Napoli perde campo e deve contenere il Milan che si ritrova e avanza con la fluidità che gli era stata proibita dal miglior Napoli per molto tempo. Jimenez però si fa parare un leggibile interno sinistro alla sinistra di Meret che intuisce e gli chiude la porta. Non sbaglia Jovic in un arroventato finale. I cambi della disperazione portano il Napoli dalla festa all’incubo e poi di nuovo a respirare aria di scudetto.