Diverse, diversissime, praticamente uguali. Ballano sulla stessa mattonella in cima al grattacielo, in tre con 12 punti, mai successo dopo cinque turni da quando la vittoria di punti ne vale tre. Il Napoli sembrava strafavorito, e invece. Il Milan e la Roma ne avevano già persa una in casa, e invece. Conte è sempre stato un drago della difesa, e invece. Gasperini non parte mai fortissimo, e invece. La difesa della Roma non è mai stata un muro, e invece. La catena dei paradossi può continuare: Pulisic non è mai stato un goleador, e invece (un capocannoniere americano, nientemeno). Modric non giocava più una partita intera, e invece (sembra Pirlo nella Juve, dopo che il Milan l’aveva scartato). De Bruyne pareva l’incastro perfetto, e invece. Nessuno, francamente, si aspettava questo letto a tre piazze, e invece sì. E due delle tre hanno pure cambiato allenatore. Il Napoli non è andato in fuga come Pogacar, Conte fatica a inserire i nuovi eppure De Laurentiis ha speso tanto in estate. Allegri è già padrone della situazione, non sbaglia niente, non di corto muso ma con la testa alta. La Roma era caduta contro il Toro all’Olimpico, e serviva molto impegno per riuscirci, e il Milan era stato battuto in casa addirittura alla prima giornata dalla Cremonese (ancora a zero sconfitte, peraltro). La rovesciata è clamorosa: se Milan e Roma hanno ribaltato le premesse, il Napoli ci si è attorcigliato. Poi, certo, la Juve è lì a un punto e l’Inter a tre, la musica è appena cominciata, però i primi passi hanno un ritmo intrigante.
Pregi e difetti
Considerazioni sparse. Il Milan non dipende più da Leao, e questo potrebbe anche alleggerire il ragazzo. Intanto, però, Pulisic sembra un olandese dei ruggenti Settanta, è ovunque e fa tutto, una specie di classico della modernità. E che dire di Svilar, portiere pressoché imbattibile e fortunato della Roma? Che dire, più in generale, della fase difensiva giallorossa? Ma Gasp non era semmai lo stratega del miglior attacco? Le tre gemelle diverse ne hanno già vinte quattro e persa una, il parallelismo continua. Ma solo due allenatori, da quando la serie A ha 20 squadre e vincere vale 3 punti, hanno vinto lo scudetto perdendo la prima, uno si chiama guarda caso Allegri (era la Juventus del 2015/16), l’altro è stato Conte l’anno scorso. Allegri, che contro Conte si è difeso alla perfezione con un uomo in meno, anche se fino a quel momento sembrava averne dieci in più. Da quanti secoli il livornese allena questo Milan? Poche settimane appena? Siete sicuri?
Napoli, De Bruyne è un caso ma Conte sa come gestirlo (di Marco Azzi)
La Champions logora chi la fa e il Napoli ha pagato pegno per la prima volta alle sue ritrovate mire europee, arrendendosi nello scontro al vertice di San Siro anche all’emergenza e al turn over, oltre che al Milan. L’esatto contrario del campionato scorso, in cui proprio la mancata partecipazione alle Coppe aveva aiutato gli azzurri a fare all-in sullo scudetto. Ma ora le priorità sono cambiate. Domani al Maradona arriva lo Sporting e ritorneranno tra i titolari Beukema, Spinazzola e Olivera, risparmiati da Conte nella sfida ad alta quota con i rossoneri nonostante le già pesanti assenze in difesa di Rrahmani e Buongiorno. Strategia obbligata, più che coraggiosa. Il campionato è infatti all’inizio, mentre in Europa dopo il ko al debutto con il City i campioni d’Italia hanno già l’urgente bisogno di rialzare la testa. Pure per questo è stata subito mandata in archivio l’insubordinazione di Kevin De Bruyne, che si era lamentato in modo vistoso dopo la sua sostituzione al Meazza. Il campione belga è stato tenuto a rapporto da Oriali e poi dal suo allenatore, alla presenza dei compagni. Nessuna multa però per KDB: solo un avvertimento deciso ed esteso nello spogliatoio al gruppo. Non saranno mai più perdonati comportamenti simili. Il caso disciplinare è chiuso, insomma. Ma De Bruyne è sott’osservazione anche per il suo rendimento. Non ingannino i 3 gol (due su rigore) segnati nelle prime 5 giornate dal belga. Per lui il Napoli ha rinunciato agli equilibri del 4-3-3, il modulo dello scudetto. Adesso tocca a KDB dimostrare che ne vale la pena.
Roma, Svilar saracinesca, ma Dovbyk ha bisogno di aiuto (di Marco Juric)
Primo posto, sì. Ma senza fanfare. La Roma guarda tutti dall’alto e Gasperini continua a spegnerne il volume. «Risultati piacevoli», concede, ma frena subito. «Adesso valutiamo partita per partita. Pensiamo a costruirci e migliorarci. Dobbiamo allargare la rosa». La classifica, aggiunge, «è meritata, non abbiamo rubato niente», ma «è solo la quinta giornata». Niente paragoni con Milan, Inter, Juventus e Napoli, «non è il momento». Ma l’ultima volta che la Roma si è trovata al primo posto in classifica dopo 5 giornate era il 2014 e sulla panchina c’era Rudi Garcia, con 15 punti insieme alla Juventus. Il punto è che i giallorossi sono arrivati lassù con una formula sobria: applicazione e pochi fronzoli. Un gol subìto in cinque gare, tre 1-0 portati a casa. Leggendo questi numeri sembra ancora la Roma di Ranieri. Invece è quella di Gasp, che ha piegato i propri dogmi al materiale umano a disposizione. Con un mercato a metà, senza ali veloci e con due attaccanti da rivitalizzare, il tecnico è ripartito dal blocco che già reggeva: la difesa. Nel 2025 è la meno battuta nei cinque grandi campionati europei: 12 reti. Merito di «un grande portiere» come Svilar, certo. Ma c’è anche una dose di fortuna in questo avvio di stagione: gli errori macroscopici di Dia e Orban, il palo di Cataldi al derby o il Var favorevole sempre contro il Verona. Il lavoro da fare — parola chiave di Gasperini — è ancora tanto. La Roma è in vetta con la calma di chi non vuole più raccontarsi favole. E con l’ambizione, silenziosa, di restarci quando conterà davvero.
Milan, Pulisic capocannoniere e Leao non è più insostituibile (di Andrea Sereni)
Lo scacco matto al Napoli ha lasciato al Milan una consapevolezza maggiore e la vetta della classifica 700 giorni dopo l’ultima volta. In un mese Allegri ha trasformato il Diavolo, partendo dalla difesa, ora molto più solida. L’altro segreto è Modric, il secondo giocatore in A per intercetti. La sua esultanza domenica, in ginocchio sul prato di San Siro con le braccia alte, ha colpito i compagni. Per loro è una guida e un esempio: Luka è sempre il primo ad arrivare a Milanello e l’ultimo ad andare via. In copertina c’è anche Pulisic, il capocannoniere del campionato, 4 gol in 5 gare. Max gli ha cambiato ruolo e gli dato più libertà, lui si è scatenato. Mai era partito così forte. Allegri ha dato delle regole alla squadra, che lo segue come fosse un messia, senza fiatare. Un esempio? Ieri non ha concesso un giorno di riposo, confermando il programma che prevedeva colazione alle 8.30 a Milanello e poi l’allenamento. Un modo per evitare che i calciatori – che riposeranno oggi – domenica sera festeggiassero troppo. Non è tutto rose e fiori. Tomori ha un risentimento all’adduttore che lo dovrebbe tenere fuori con la Juve. Gimenez, l’unico centravanti di ruolo, continua a non convincere: Leao è in rodaggio prenderà il suo posto, ma i risultati hanno dimostrato che il Milan sa vincere anche senza di lui. Poi, soprattutto, ad Allegri non è piaciuto l’atteggiamento del Diavolo con il Napoli nella mezz’ora tra il 2-0 e il rigore di De Bruyne: lì il Milan ha concesso troppo, fino a quando non è rimasto in inferiorità numerica. La strada è giusta, ma è ancora molto lunga.