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Nazionale, le correzioni necessarie di Spalletti e i tempi delle riforme di Gravina

I cambi del ct rispetto all’Europeo e la voglia di ripartire: perché la sfida contro la Francia può essere un nuovo inizio

Mentre stasera la Nazionale di Spalletti prova a riannodare il filo spezzato a Berlino mettendo la testa nelle fauci del leone francese — e ripartire da un confronto impossibile può anche essere un bene — i famosi “saggi” dei club evocati da Gravina il giorno dopo il fallimento europeo (Marotta, Giuntoli, Marino, Sartori e altri ne verranno) hanno ricevuto comunicazione che presto verrà fissata un’agenda di lavoro. La statura dei convocati, e il fatto che all’altro capo del tavolo troveranno in Gigi Buffon una figura inedita (Riva e Vialli erano capi delegazione, lui viene descritto più come un manager del club Italia: ai più anziani ha ricordato il ruolo assunto negli anni 70 da Italo Allodi), fanno sperare in un tentativo più serio di altri di armonizzare gli interessi di solito divergenti fra le società e le nazionali. Abbiamo un esempio sotto gli occhi, l’astensione di Barella dall’azzurro di questi giorni per un lieve intervento: è ovvio che se fossimo sotto Mondiale ci avrebbe pensato prima, saltando una partita dell’Inter, mentre l’appeal non enorme della Nations gli ha fatto privilegiare la società che lo stipendia.

Le proposte di Gravina

Fino a quando non si codificherà una politica di ponte tra i due fronti, l’Italia potrà anche centrare traguardi episodici (Euro 2020) perché un torneo è un torneo, ma non uscirà strutturalmente dalla sua crisi. Nella riforma alla quale Gravina affiderà le sue fortune elettorali c’è la semplificazione dell’organizzazione tecnica federale: si può immaginare una fusione tra Settore tecnico e Settore giovanile scolastico, ma soprattutto si deve ottenere il coinvolgimento dei club nel processo. È anche un modo perché si assumano le loro responsabilità, consapevoli che il calcio moderno è un tavolino che si regge su tre gambe, campionato, coppe e Nazionale: segarne una è una pessima idea. Presto la Lega di A otterrà almeno in parte ciò che le spetta, un aumento sostanzioso del peso elettorale, oggi modesto: se lo userà solo per alzare la voce sui suoi interessi non sarà un bene, se in cambio accetterà di farsi carico del problema azzurro il gioco sarà valso la candela.

La Nations League con vista sul Mondiale

Se questi cambiamenti avranno un peso nel miglioramento della Nazionale, non sarà Spalletti a goderne: il coinvolgimento dei “saggi” inciderà infatti a lungo termine mentre l’Italia attuale ha il problema molto più pressante della Nations League e soprattutto delle qualificazioni al prossimo Mondiale. Si legge e si sente ovunque che non lo possiamo mancare per la terza volta di fila, esattamente come si diceva della seconda (la prima nessuno lo riteneva possibile), e dunque occhio. L’Europeo è stato un disastro, Spalletti ha raccontato della sua pessima estate, e certo piacevole non poteva essere. Poi ha individuato quelli che ritiene essere stati i suoi errori, e ha spiegato come intende porvi rimedio. E qui qualche ragionamento va fatto, perché il nostro ct si muove sulla lama di un rasoio. Le esperienze con Roma, Inter e Napoli testimoniano che ci troviamo dinanzi a un allenatore di qualità estrema, un costruttore di macchine complesse che dopo il giusto addestramento girano come orologi svizzeri. Spalletti ha imputato proprio a questa complessità i problemi di giugno, alla difficoltà di insegnare in poco tempo meccanismi come “difendere a quattro e impostare a tre”, e ha annunciato semplificazioni tattiche. Ecco, c’è una misura in tutte le cose, e ci rendiamo conto che i commenti seguiti al bagno con la Svizzera fossero tutti rivolti in quella direzione: ma il plusvalore di Spalletti è appunto la complessità, e dunque ci aspettiamo — non tanto stasera, quanto da qui al Mondiale — una correzione intelligente più che una rivoluzione/regressione. In attesa delle prossime generazioni — e qualcosa si sta muovendo — gli azzurri sono questi, per competere hanno bisogno che la panchina ci aggiunga del suo. Spalletti ha un suo punto di vista sul mondo, e nel primo anno di mandato ce l’ha raccontato in tutti i modi (lo zen e l’arte della rinuncia alla playstation): nel più totale rispetto, è il suo punto di vista tattico che interessa d’ora in poi.

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