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Next Gen, la Juventus raccoglie i frutti: Thiago Motta il tesoro ce l’ha in casa

Incisivi sul campo (Savona in gol a Verona l’ultimo esempio), utili nel bilancio (vedere Soulé). La politica sui giovani del club bianconero sta dando i suoi frutti

Il primo è stato Nicolussi Caviglia, l’ultimo l’attaccante genovese Anghelè. Il tesoro tecnico (e non solo) della Juventus Next Gen, e di rimando del calcio italiano, sta prendendo definitivamente forma dopo un percorso iniziato nel 2018, quando si chiamava ancora Under 23. Negli ultimi anni lo sviluppo, un po’ per scelta e un po’ per necessità, è stato esponenziale: se i giovani prodotti del settore giovanile hanno finanziato i colpi di mercato in entrata, è altrettanto vero che oggi la Juventus di Thiago Motta è prima in classifica, per carità dopo sole due giornate e con un campionato intero da giocare, grazie anche ai gol e agli assist di Mbangula, alla rete di Savona, alle geometrie di Fagioli, alle giocate da fuoriclasse assoluto di Yildiz. Un tesoro tecnico valorizzato prima da Allegri e oggi da Motta, che sta pescando con sapienza e anche un po’ di buona sorte, la miglior alleata delle sceneggiature vincenti e coinvolgenti: esordio da titolare in Serie A con gol per Mbangula e Savona. Un copione praticamente perfetto.

Il livello dell’allenamento e la fiducia nei giovani

Quando quest’estate, nella prima amichevole stagionale contro il Norimberga, Thiago Motta ha infarcito la squadra titolare di giovani, lo stupore è stato attenuato dai turni che caratterizzato l’estate dei calciatori, tra vacanze, impegni con le nazionali, il mercato che detta i tempi. Con il senno di poi è stato un manifesto programmatico del tecnico italo-brasiliano, che punta sulla meritocrazia e sull’intensità degli allenamenti: i giovani della Next Gen fanno parte del gruppo e, per non tradire i propri principi, quando meritano di giocare ricevono una maglia da titolare. Ecco perché alla prima di campionato è toccato a Mbangula, classe 2004, ricevere la maglia da titolare e a metà gara, quando Weah ha alzato bandiera bianca, non si è scervellato per trovare un cambio di sistema per inserire un giocatore “esperto”, ma ha attinto dalla panchina puntando su Savona, classe 2003. Nella seconda ha confermato la scelta fatta all’esordio, facendo partire dall’inizio sia il terzino che l’attaccante esterno belga: anche in questo caso è stato premiato. Oggi, con il mercato ancora aperto, la Juve ha scoperto di aver trovato in casa i migliori innesti: e alle loro spalle scalpita una nuova generazione di talenti.

Formazione ma anche reclutamento

L’aspetto che stupisce di più è la capacità di coniugare due filosofie che spesso faticano a convivere: il reclutamento e la formazione. Savona, Nicolussi Caviglia, Miretti, Fagioli sono cresciuti nella Juventus. Alcuni, come Miretti, hanno indossato la maglia bianconera fin da bambini, compiendo tutta la trafila fino a esordire in prima squadra mentre altri, come Fagioli, sono arrivati a Torino in giovanissima età, giocando comunque per anni a Vinovo e alla Continassa. Altri, come Mbangula, Soulé, Huijsen, Iling-Junior, lo stesso Yildiz, che è un predestinato ma che in ogni caso ha giocato sia in Primavera che in Next Gen, anche se per poco, sono il risultato del reclutamento, del lavoro di scouting fatto da una fitta rete di osservatori che individuano i profili più adatti al presente e al futuro della società. Li formano, individuano la strada migliore per loro e la perseguono con convinzione. Alcuni diventano giocatori inseriti in prima squadra, altri finanziano con le loro cessioni, spesso milionarie, la costruzione di una squadra competitiva.

Tesoro tecnico ed economico

Non è un mistero, l’ultimo mercato di Giuntoli è stato fatto anche grazie ai milioni di euro raccolti con le cessioni di giovani prodotti dal settore giovanile. Huijsen, Soulé, Barrenechea, Iling-Junior: circa 100 milioni entrati nelle casse bianconere, senza per questo impoverire il potenziale di un progetto che si sta rivelando vincente e che rispecchia in tutto e per tutto quanto fatto da tanti club europei negli anni passati. Al punto che anche l’Atalanta con l’Under 23 e il Milan con la squadra denominata Milan Futuro hanno scelto di seguire questa strada. Tornando alle cessioni, a fianco ai colpi multimilionari come Soulè, accolto da una marea di tifosi festanti a Roma, o Huijsen, arrivato in Premier League a soli 19 anni, ci sono anche i vari Barbieri, Nicolussi Caviglia, Muharemovic, Pecorino. In passato De Winter, Dragusin, Portanova, Kastanos, Dany Mota, Akè. Molti sono in rampa di lancio, pronti a esordire in prima squadra per costruirsi una carriera, per provare magari a cogliere l’occasione come fatto da Savona e Mbangula: si parla di Mancini, Adzic, anche se non è un prodotto della Next Gen, così come il 2008 Durmisi, ultimo arrivo che rinforzerà la Primavera. L’errore più grande è considerarli “il nuovo qualcuno”, accostandoli a campioni del presente o del passato. Si tratta semplicemente del nuovo modo di fare calcio, di costruire il futuro: nuovo in Italia, meno nel resto d’Europa. L’importante è arrivarci e i primi ne raccolgono i frutti. In campo e a bilancio.

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