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Non è più una Nazionale di bamboccioni. Calafiori guida la nuova ondata dei talenti italiani all’estero

Spalletti può contare sulla tendenza dei giovani potenziali campioni italiani di mettersi alla prova soprattutto in Premier League. Da Gattuso a Verratti, tutti i casi di successo dei ragazzi che sono andati a giocare nei campionati stranieri e sono diventati pilastri azzurri

Firenze – I tempi cambiano e i bamboccioni, anche nel calcio, non sono più quelli di una volta. Nel 2009 l’allora ministro dell’economia, Tommaso Padoa-Schioppa, coniò la famosa metafora per definire i giovani italiani refrattari a uscire dal comodo guscio casalingo e a cercare lavoro: i dati Istat confermano che, 15 anni dopo, nella maggior parte dei casi non si tratta di scelta ma di necessità, essendo appunto il lavoro spesso una chimera e spessissimo sottopagato. Non è certo così nel ricco mondo del calcio e lo scorso settembre lo aveva sottolineato Gigi Buffon, attuale dirigente nonché simbolo della Nazionale, dall’alto del suo record di presenze (176). In un’analisi informale del risultato dell’Europeo – e dei due Mondiali consecutivamente mancati – così concludeva il discorso: “Una delle cause potrebbe essere il fatto che i nostri talenti trovano sì poco spazio nel nostro campionato, ma fanno fatica ad andare a giocare all’estero, dove crescerebbero più in fretta”. Devono averlo ascoltato, perché ora la Nazionale pullula di ragazzi in carriera impegnati nelle leghe straniere, come dimostra la rosa della squadra che si prepara ad affrontare il Belgio in Nations League.

Gli esempi Donnarumma e Tonali

Tra i titolari, al venticinquenne capitano Donnarumma, ormai portiere veterano in Francia nel Psg, si sono aggiunti il ventiquattrenne Tonali, che ha praticamente perso la sua prima stagione al Newcastle ma è tornato subito protagonista in campo, e il ventiduenne Calafiori, che dal Bologna si è trasferito all’Arsenal, irrompendovi con la stessa sicurezza sfoggiata all’Europeo da centrale difensivo con licenza di attaccare: si è preso la maglia di terzino sinistro, ha segnato un gol al Manchester City e in Champions League non è stato affatto un comprimario, nella vittoria contro il Psg. Quanto al venticinquenne oriundo argentino Retegui, il suo è un caso di emigrante alla rovescia, che prima del Genoa e dell’Atalanta attuale è passato, tra giovanili e prime squadre, da River Plate, Boca, Estudiantes, Talleres e Tigre.

Vicario, Udogie e Okoli apripista per Chiesa

Ma anche in panchina Spalletti troverà giocatori rampanti della Premier League: Okoli, ventiduenne difensore centrale del Leicester, e Udogie, ventunenne terzino sinistro (e all’occorrenza mediano) del Tottenham, si sono aggiunti al ventottenne Vicario, nomen omen nell’Italia (è il vice di Donnarumma), ma portiere titolare sempre del Tottenham. Tra chi è rimasto a casa stavolta, c’è il ventiseienne Chiesa, che si sta mettendo alla prova al Liverpool. Il ventiquattrenne Kean ha giocato nel Psg e nell’Everton, il venticinquenne Zaniolo nell’Aston Villa e nel Galatasaray e il suo coetaneo Scamacca nel Psv, nel Pec e nel West Ham. Del trentunnene El Shaarawy è noto il periodo cinese, del trentaquattrenne Darmian la fase quadriennale al Manchester United. Nell’Under 21 di Nunziata i casi si sprecano: Gnonto, Oristanio, Ndour, Casadei, Pirola. E nelle altre Under vale lo stesso concetto.

Il pentimento del campione anni Novanta

“Io oggi sento di essere stato sciocco: se potessi tornare indietro, cercherei di andare a giocare all’estero: è un’esperienza preziosa, dentro e fuori dal campo, anche per la tua famiglia. Non l’ho fatto e a posteriori posso dire di essere stato superficiale, anzi un deficiente”. Così parla un famoso calciatore, volutamente anonimo, della serie A degli anni Novanta e Duemila: lui ha guadagnato bene e ha vinto abbastanza, però ritiene che gli manchi qualcosa nel curriculum. A sua parziale discolpa, quando la serie A dominava in Europa e il campionato era una gara avvincente tra squadre molto forti e molto ricche, l’idea di trasferirsi all’estero, per i migliori calciatori italiani spesso superpagati, era una bizzarria da riservare eventualmente all’estremo lembo della carriera, magari per prendersi l’ultimo ingaggio robusto sul viale del tramonto.

Vialli pioniere al Chelsea

Correvano appunto i favolosi anni Novanta delle Sette Sorelle, la Nazionale era popolata di protagonisti della corsa allo scudetto e la cosa pareva perfettamente logica. Anche se, a ben guardare, i pionieri – senza andare troppo indietro a Vittorio Pozzo calciatore in Svizzera col Grasshopper o a Chinaglia ragazzo in Galles e poi maturo attaccante negli Usa o al crepuscolo di Antognoni al Losanna, Bettega al Toronto e Tardelli al San Gallo oppure ancora di Nista al Leeds e Osio al Palmeiras – risalgono proprio a quel periodo. L’antesignano può dirsi Vialli al Chelsea, dove sarebbero poi sfilati Zola, Di Matteo, Casiraghi, Cudicini e Ambrosetti, ma pure, nell’Academy, Dalla Bona, Borini e Luca Percassi, oggi guida dirigenziale dell’Atalanta. La lista esterofila si è poi allungata parecchio: Ravanelli, Festa, Lombardo, Pistone, Benito Carbone, Materazzi, Berti, Eranio, Baiano e soprattutto Di Canio, che al West Ham ha costruito la propria fama. In Scozia Annoni, Amoruso, Negri, Porrini, Salvatori e Bruno non sono stati meteore.

Gattuso ventenne a Glasgow

Un discorso a parte lo merita Rino Gattuso, l’antitesi del bamboccione, lui che a vent’anni si trasferì da Perugia a Glasgow e che non smette di ripetere il suo mantra: “Senza quell’esperienza ai Rangers non sarei mai diventato un calciatore di alto livello”. Vale a maggior ragione lo stesso discorso per Marco Verratti, dodici stagioni al Psg, partendo dal Pescara, senza avere giocato un solo minuto in serie A. Erano già affermati Panucci, quando passò al Real Madrid, Carboni al Valencia e Vieri, la cui stagione all’Atletico Madrid fu da goleador e capocannoniere. Dalla Liga transitarono Lucarelli, Fiore, Moretti, Corradi, Di Vaio, Tavano e Bonera, nonché Cerci e Cassano, il quale non manca di pentirsi per lo scarsa impegno nei suoi mesi madridisti. Poi, al netto degli oriundi cresciuti all’estero (Pepito Rossi, Grifo, Soriano, Sansone), c’è tutto il resto, col capitolo dei campioni emigrati sul finire della carriera: Chiellini, Pirlo, Nesta, Del Piero, Materazzi, De Rossi, Gilardino, Pellé, Diamanti. E naturalmente Balotelli, globetrotter per definizione. Ma adesso è un’altra storia. E gli azzurri di Spalletti hanno un nuovo slogan. Bamboccioni a chi?

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