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Non si dimette mai nessuno. Gravina e Spalletti resistono

Dopo il flop a Euro 2024 e due mondiali saltati, dalla Federcalcio arriva la solita autoassoluzione. Nasce una commissione con i direttori tecnici dei grandi club

Iserlohn – Nessun dorma: la Nazionale meno elettrizzante di sempre non se lo può più permettere. Però nessuno si dimetta, per carità. L’ordine del giorno della Figc, un gioco di equilibrio sul filo dell’autoassoluzione, è partito subito dopo la disfatta di Berlino con la Svizzera ed è diventato parola d’ordine. Nessuno si dimetterà, appunto: né il ct, né il presidente. Altro che lasciare, Spalletti promette di raddoppiare l’attenzione sui talenti: “Rimango: ringiovanirò ancor di più la squadra”. Anche Gravina continua, altro che andarsene: “Il progetto è pluriennale: non lo si abbandona dopo pochi mesi”.

La tesi della Figc: “Troppo rischiosa ora una rivoluzione”

Entrambi saranno in sella il 6 settembre a Parigi, nel complicato battesimo con la Francia in Nations League 2024-25, che è un salvagente per andare ai play-off verso il Mondiale 2026 per chi non vince il girone e non è nemmeno secondo. La tesi federale è che una rivoluzione nella sala comandi sia rischiosa, in prossimità di partite così delicate. Ma l’immutabilità al vertice significa che viene considerato un risultato normale una mortificante eliminazione dall’Europeo. Era già successo nel marzo 2022, quando lo 0-1 di Palermo con la Macedonia del Nord spinse la Nazionale fuori dal Mondiale in Qatar, ma non fece tremare la panchina di Mancini e la poltrona di Gravina. Il quale punta alle elezioni 2025, sapendo che il suo destino si intreccia con quello del ct.

Spalletti e l’ansia di imprimere il suo marchio all’Italia

C’è però una sostanziale differenza, rispetto a 27 mesi fa, quando gli azzurri venivano da un titolo europeo: si è moltiplicato il senso di impotenza verso avversari più forti. Dopo l’abbandono agostano di Mancini per l’Arabia Saudita, la scelta dell’allenatore reduce dal favoloso scudetto col Napoli era stata condivisa da tutti. Spalletti, al netto del ruolo nuovo (“e diverso”, ammette), non può avere smarrito da ct la genialità tattica. Tuttavia l’ansia di imprimere subito il suo marchio non si è scontrata solo con l’impossibilità di lasciare il segno in sole 10 partite – così si è presentato in Germania – ma con la solita dicotomia: può un didatta abituato a un club conciliare la sua inclinazione col compito di selezionatore? Lo hanno fatto bollare come confusionario i ripetuti cambi di modulo, dalla difesa a 3 a 4 e viceversa, e la massiccia rotazione degli interpreti, simboleggiata dalla bocciatura di Jorginho regista e dal lancio del semidebuttante Fagioli: dopo 7 mesi senza gare, causa squalifica per scommesse, non poteva avere il ritmo necessario.

La commissione di direttori tecnici, la delusione dei tifosi

Senza fuoriclasse (a parte Donnarumma), e con una serie A popolata di stranieri (67%), Gravina architetta una commissione di dt (Marotta dall’Inter, Giuntoli dalla Juventus, Marino dall’Atalanta, Sartori dal Bologna) per non disperdere i talenti delle Under azzurre, ultimamente le migliori d’Europa fino all’U20. Nessuno si azzardi a parlare di commissariamento del ct, spiega la Figc, che ha un’urgenza assoluta: evitare la terza mancata partecipazione consecutiva al Mondiale, potenziale “disastro inimmaginabile”, per usare le parole di Gravina, che rimandano all’“apocalisse” del predecessore Tavecchio. La Figc è sopravvissuta agli inciampi, il tifo un po’ meno: in Germania gli italiani allo stadio erano sempre in minoranza. Ieri, davanti alle transenne del ritiro azzurro e al bus in partenza per l’aeroporto, gli immigrati imploravano la squadra: “Vergogna: nemmeno un saluto, siamo qui dalle 9”. Nicodemo, 44 anni, calabrese di Germania, si è indignato per tutti ad alta voce: certi dribbling fanno proprio arrabbiare.

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