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“Norme Fifa contro il diritto Ue”: così la sentenza Diarra cambierà il calciomercato

Dopo la decisione della Corte di Giustizia europea sul caso del calciatore licenziato dalla Lokomotiv Mosca dovranno essere riscritte le regole sui trasferimenti internazionali

Tra le tessere del regolamento Fifa si è aperta una falla. Un’altra, dopo la breccia scavata dalla sentenza sulla Superlega, anche se stavolta a essere investito è il calciomercato globale. Una cosa è certa: a forza di rinviare le riforme, l’ordinamento della Fifa lo stanno riformando le sentenze. Quella della Corte di Giustizia europea emessa ieri passerà alla storia come la sentenza Lassana Diarra, calciatore che nel 2014 fu licenziato dalla Lokomotiv Mosca dopo un periodo di tensioni iniziato quando il club decise che lo avrebbe pagato meno. Lui smise di allenarsi, loro lo licenziarono chiedendo un indennizzo per gli anni rimasti di contratto, lui si accordò con lo Charleroi, che però non poteva tesserarlo. Il motivo? Le regole Fifa.

Se un calciatore – come Diarra – si svincola senza giusta causa, il nuovo club che lo tessera è obbligato a rispondere in solido dell’indennizzo che chiederà la società da cui si è liberato unilateralmente. Questo ovviamente disincentiva altri club a ingaggiarlo, e quindi limita la libera circolazione di calciatori all’interno dell’Unione europea. Questo sostenevano Diarra e il suo legale, l’avvocato Dupont: un nome che evoca la leggendaria sentenza Bosman, che a metà degli anni Novanta cambiò per sempre il calcio mondiale. Da qui la causa alla Corte di giustizia europea, sostenuta dal sindacato mondiale dei calciatori, FifPro.

Ci sono voluti 10 anni ma la decisione di ieri ha accolto l’idea di Diarra e ha stabilito che i commi 2 e 4 dell’articolo 17 del regolamento Fifa sulla risoluzione del contratto senza giusta causa sono contrari al diritto europeo. Nessun club dovrà più pagare un indennizzo: sarà legittimo richiederlo al giocatore, ovviamente, ma non alla sua nuova squadra. Che non potrà essere punita con la chiusura di due finestre di mercato, come invece avveniva oggi. Ma il verdetto apre anche una questione sullo status di lavoratore del calciatore e sulle norme scritte per una sola categoria.

Al contrario la decisione porterà conseguenze. La prima: costringerà la Fifa a riscrivere le sue norme sui trasferimenti internazionali, anche se l’organo che controlla il calcio globale proverà ad appellarsi. La seconda riguarda le società, convincendole a intervenire per prevenire i rischi di fuga. Come? Inserendo nei contratti con i calciatori delle clausole rescissorie.«Non è un liberi tutti», avverte Daniele Muscarà, avvocato esperto di diritto sportivo e membro del consiglio direttivo dell’associazione Avvocati dello Sport. «La Corte ha stabilito che non si possa imporre a una Federazione di non rilasciare un calciatore e a una società, cioè al nuovo datore di lavoro di un calciatore, di dover subire delle sanzioni economiche e sportive per il tesseramento di un calciatore che risolve senza giusta causa il precedente contratto. L’eventuale risarcimento del danno sarà solo in carico al calciatore. Ma questa decisione potrebbe incentivare l’inserimento di specifiche clausole di recesso, come opzioni di buy-out, per predeterminare condizioni negoziate a cui sarà lecito separarsi».

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