C’è un video girato a bordo del volo BZ131 della Blue Bird Airways decollato da Bruxelles il giorno di Natale e diretto a Tel Aviv: ritrae un agente della Polaria di Fiumicino trascinare il centrocampista belga Stephane Omeonga, 28 anni, giù dall’aereo. C’è la versione pubblica, che il calciatore, tesserato della squadra di Serie A israeliana Bnei Sakhnin, il 31 dicembre affida ai social: «Sono stato picchiato dalla polizia italiana perché sono nero», scrive Omeonga sulla sua pagina Instagram. Infine c’è la versione agli atti della polizia. Il 25 dicembre gli agenti intervengono a bordo dell’aereo fermo per uno scalo sulla pista dell’aeroporto di Fiumicino (per far salire altri passeggeri), su richiesta del comandante e del responsabile della compagnia aerea.
Al momento dell’intervento forse l’ex calciatore dell’Avellino (2016-17), del Genoa (2017-19) e del Pescara (2020-21) non sa ancora di essere stato inserito nella black list di Israele. In Belgio l’hanno lasciato imbarcare, ma è un fatto che per le autorità israeliane Omeonga non può più mettere piede a Tel Aviv. Allora viene richiesto l’intervento della polizia. «Uno steward — ammette il calciatore su Instagram — mi ha avvicinato per un presunto problema con i documenti e mi ha chiesto di lasciare l’aereo. Confidando nella validità del mio passaporto, gli ho chiesto con calma che tipo di problema ci fosse. È stata chiamata la polizia, sono stato ammanettato e portato via con la forza».
Poi l’affondo: «Lontano dalla vista dei testimoni — accusa — gli agenti mi hanno picchiato, uno di loro ha premuto il ginocchio contro la mia testa. Sono stato poi portato su una macchina, ammanettato come un criminale, fino all’aeroporto, dove mi hanno chiuso in una stanza grigia per diverse ore».
La versione della polizia è diversa. È agli atti: Omeonga è stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Secondo gli agenti della Polaria il centrocampista si è rifiutato per oltre 20 minuti di lasciare l’aereo, finché non è stato trascinato a terra per consentire al comandante di riprendere il viaggio verso Tel Aviv.
Nessuno l’avrebbe picchiato. Anzi, una volta arrivati negli uffici di polizia, il calciatore — racconta una fonte a Repubblica — «si è commosso e si è scusato ripetutamente con noi per il comportamento che ha tenuto». A sei giorni di distanza Omeonga ha consegnato ai social una versione opposta, che ora potrebbe costargli una querela per diffamazione da parte degli agenti che hanno gestito l’intervento a bordo dell’aereo.
Resta da capire perché sia stato bandito da Israele. Omeonga, terzo di cinque figli, nasce a Rocourt, in Belgio, da una famiglia congolese. Dopo le esperienze in Italia e al Livingston, in Scozia, due anni fa è approdato al Bnei Sakhnin, squadra formata da arabi e israeliani. Finché, a Natale, non è stato inserito nella black list.