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Osimhen una trappola, il nuovo Napoli di Conte bloccato dal mercato

De Laurentiis ha scelto un tecnico di prima fascia per il rilancio dopo il decimo posto della stagione post scudetto. Il grande affare con il Psg però non si chiude, meglio tenere il nigeriano un altro anno che prendere Lukaku

È passato quasi un mese dalla volta in cui Antonio Conte si lamentò dell’eccesso di ottimismo che avvertiva attorno a sé. “Sento parlare di scudetto” disse in sala stampa con l’aria del maestro di una classe di discoli, e gli bastò evocare l’enormità del peccato per riscuotere il diniego dei penitenti. È che a volte si tende un po’ troppo a semplificare: come il Titanic venne sciaguratamente pilotato contro l’iceberg, ma in sé era una barca sontuosa, così il Napoli della scorsa stagione è passato alla storia per la peggiore difesa del titolo di sempre, ma il valore individuale dei suoi giocatori è rimasto notevole.

Osimhen trappola di mercato

Restituiti a una guida capace e autorevole, perché non dovrebbero tornare al rendimento offerto con Spalletti? Il ragionamento ha i suoi punti di forza – confessiamo di essere caduti in tentazione, gli innesti di Buongiorno, Marin e Spinazzola ci sono piaciuti molto – ma è evidente che un mese fa certi problemi che oggi sono degli Everest sembravano ancora delle colline. Conte, invece, ne aveva già intuito il profilo devastante: Osimhen, per esempio, è la più grande trappola di mercato a memoria d’uomo. Se la sua situazione non si sbloccherà nelle prossime ore, e non è facile, il Napoli comincerà il campionato mandando in tribuna un giocatore da un milione al mese di stipendio, e alla fine della fiera gli pagherà il dovuto per astenersi dal lavoro perché questo dovuto è troppo. Nolan l’avrebbe immaginata più lineare.

Il Psg non affonda e aspetta gli ultimi giorni

Il cuore del problema è che nel calcio contemporaneo non è più possibile considerare lo stipendio del giocatore slegato dal valore del suo cartellino. Se a inizio mercato il Paris St.Germain, indiziato principale per accogliere Osimhen, a sorpresa ha fatto gli occhi dolci a Kvaratskhelia, è perché il suo stipendio – in perenne attesa di adeguamento – è ancora di 1.5 milioni annui. Si può ben pagare un cartellino se poi hai un tale margine per convincere il giocatore. Viceversa gli 11 milioni di ingaggio di Osimhen, che magari nelle discussioni private col Psg (che si suppone ci siano state) avrà concordato anche di più, abbattono i fondi disponibili per il cartellino. Altro che clausola da 130 milioni. Se non succede nulla col Chelsea, l’altro più impervio punto di caduta del nigeriano, il Psg verrà il giorno prima della chiusura del mercato col borsellino degli spiccioli. Prendere o lasciare.

Meglio puntare un altro anno su Osi

Al posto di Aurelio De Laurentiis noi lasceremmo. Per carità, niente è più facile che fare i moralisti con i soldi degli altri, ma qui non è soltanto questione di morale. Victor Osimhen due anni fa è stato un centravanti indimenticabile: forte, veloce, elastico, astuto, con un veleno addosso mai visto prima. Attenzione, non è in scadenza di contratto, come si potrebbe pensare vedendo i movimenti febbrili attorno al suo futuro: ha ancora due anni, e per l’imbuto nel quale si è cacciato il Napoli potrebbe trovare conveniente prendere tempo e goderselo ancora una stagione. Dovrebbe versargli gli emolumenti concordati, certo, e a quanto si è capito questo sarebbe un grande problema. Ma riavrebbe un super centravanti – non dubitiamo della capacità di Conte di riprogrammarlo anche dal punto di vista psicologico – e risparmierebbe i soldi per Lukaku. Al di là della stima dell’allenatore per l’attaccante belga, fattore certamente importante, tre anni di ingaggio per un centravanti di 31 anni che appare in parabola discendente sono una spesa imponente, alla quale non aggiungeremmo mai 30 milioni di cartellino.

Non ha senso che il Napoli resti imprigionato da Osimhen e nel contempo liberi il Chelsea dalla situazione analoga cui la costringe Lukaku. Se proprio decide di prenderlo, approfitti della debolezza londinese come il Psg vuole approfittare della sua.

Conte per archiviare il rimpianto di Spalletti

De Laurentiis ha spesso portato a Napoli allenatori grandissimi, alzando la posta nei momenti difficili: Rafa Benitez per parare l’addio di Mazzarri dopo il secondo posto (2013), Carlo Ancelotti per far dimenticare ai tifosi l’amato Sarri (2018) e adesso Conte per archiviare il rimpianto di Spalletti. Stavolta però c’è stata di mezzo una stagione, totalmente sballata, in cui ulteriori frutti avvelenati sono cresciuti a primavera, quando ormai si pensava di aver toccato il fondo. Nelle ultime dieci gare il Napoli ha vinto una volta sola, allontanandosi dalla Champions per incapacità, dall’Europa League per distrazione e dalla Conference per snobismo.

Centrocampo vuoto e Folorunsho sul mercato

In tanti hanno ironizzato sul passato di Conte, che ha vinto al primo colpo campionati straordinari con la Juve e il Chelsea anche perché la mancata qualificazione alle coppe gli permise cicli di lavoro settimanale molto intensi: vuoi vedere che glielo ha chiesto lui, di arrivare decimi… Beh, il tecnico ha fatto strame di queste maldicenze nel dopo-gara della coppa Italia, quando ha fatto suonare l’allarme mercato citando fra le difficoltà del ds Manna quella di convincere i giocatori a scegliere una squadra che quest’anno è fuori dall’Europa. Molto vero, e infatti ci risulta complicato comprendere la scelta di mettere sul mercato Folorunsho, che la scorsa primavera a Verona filava che era un piacere vederlo (si conquistò pure la Nazionale!). E questo in un reparto di centrocampo pressoché vuoto. Allo stesso modo Ngonge, pure lui ex-Verona, risulta in bilico. Non conosciamo gli atteggiamenti dei due — chissà se la discriminante è lì — ma dal punto di vista tecnico una rosa oggi striminzita avrebbe bisogno di due giocatori così.

L’obiettivo è il ritorno in Champions

La stella polare del Napoli è il ritorno in Champions League, base economica necessaria per tornare ambiziosi. Negli ultimi dieci anni è successo sei volte, e non sempre si qualificavano le prime quattro (o addirittura cinque): ciò significa che il Napoli si è comportato da grande club, con alcune défaillance. L’ideale tema di racconto per una penna innamorata, spiritosa e arguta come quella di Gianfranco Lucariello, che ci ha lasciato in questi giorni, e al quale va il nostro pensiero affettuoso. Ci mancherà tantissimo.

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