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Pagliuca: “Da portiere dico no all’idea di Collina. Che goduria parare il rigore e poi la ribattuta”

Intervista al numero uno che in carriera ha parato 31 tiri dal dischetto: “Le parate in serie, soprattutto se cominciano con un calcio piazzato, sono l’apoteosi per chi gioca fra i pali”

MILANO – In carriera ha parato 31 rigori. Nessun italiano ha fatto meglio di lui e in Serie A ha un record migliore solo lo sloveno Handanovic. Gianluca Pagliuca non ha dubbi: “Collina è un grandissimo arbitro, uno dei migliori di sempre. Ma la sua idea di abolire la possibilità per gli attaccanti di segnare dopo la ribattuta di un rigore non mi convince”.

Sarebbe un vantaggio per i portieri. Come mai non le piace?

“Toglierebbe la gioia impagabile di parare prima il tiro dagli undici metri, poi quello sulla ribattuta. Le parate in serie, soprattutto se cominciano con un calcio piazzato, sono l’apoteosi per chi gioca fra i pali”.

Sempre meglio bloccarla, però.

“Certo. A noi insegnavano così: buttati e prendila, senza tante storie. Probabilmente i palloni di un tempo, più lenti, ci aiutavano. Oggi i portieri parano di figura, cercano di aumentare il volume del corpo. Imparano da ragazzini a fare la croce iberica, nel timore di prendere gol sotto le gambe”.

Tecnicamente eravate più bravi voi?

“Con le mani e nelle uscite sì. Oggi se la cavano meglio coi piedi. E si trovano di fronte attaccanti che, più che ad attaccare, in area pensano a buttarsi per terra. Ecco, su questo interverrei subito”.

Le regole sulla simulazione?

“Certo. Basta rigorini per mezzi contatti, pestoni involontari, manate date in corsa. Il Var dovrebbe essere usato per punire i furbi. Ti sei buttato per terra? Salti una partita. Vedi come torna bello il calcio. E falli di mano come quello fischiato a Darmian in Inter-Fiorentina gridano vendetta. Ma scherziamo? Il rigore dev’essere un momento eccezionale, la punizione estrema”.

Oppure, un modo per decidere il vincitore in caso di pareggio nei tornei a eliminazione diretta.

“Davanti alla tv, spero sempre che si arrivi ai rigori. Mi piacciono moltissimo. I tempi supplementari, invece, trovo abbiano senso solo nelle finali”.

Lei aveva qualche trucco per parare i rigori?

“Andavo a istinto e studiavo gli attaccanti, che a loro volta studiavano me. Alcuni li fregavo, con altri non c’era niente da fare. Penso al mio amico Beppe Signori. Niente rincorsa e precisione millimetrica. Un fenomeno”.

Fra i portieri di oggi, in chi si riconosce?

“In nessuno, è cambiato tutto. Oltre ai soliti noti, dico De Gea e Skorupski, che stanno facendo stagioni fantastiche. La scuola italiana resta importante, ma i buoni portieri crescono ovunque. Probabilmente anche qui in Finlandia”.

Cosa ci fa in Finlandia?

“Ho accompagnato mio figlio Mattia a operarsi a un tendine. Gioca nella Virtus Verona, in Serie C. È attaccante. Quando vedo che si butta per terra, cercando un rigore, m’incazzo e gli urlo dietro”.

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