Un infortunio mai visto in un calciatore. Un lungo calvario, superato con fatica. Ora, però, è tornato a splendere il sole sul volto di Cristiano Piccini. Il laterale del Valencia ha raccontato la sua storia in un’intervista rilasciata ai microfoni di ‘Gianlucadimarzio.com’:
“All’inizio mi hanno nascosto la gravità per proteggermi, ma questo infortunio era per ritirarsi, per ritirarsi. Solo dopo qualche mese il chirurgo mi disse che non avevano mai visto un infortunio così in un calciatore. Tuttalpiù in motociclisti che erano caduti di ginocchio. Era gravissimo”.
Un percorso lunghissimo iniziato il 28 agosto 2019, quando si fratturò la rotula. L’ex Atalanta ricorda la disperazione dei compagni di squadra:
“La prima cosa che ricordo è quando alzo la testa da terra e vedo i miei compagni con le mani sul volto, disperati. Uno di loro mi abbraccia, mi butta giù per non farmi vedere cos’era successo e mi dice: ‘Hermano, ne usciremo insieme, tranquillo’. Io sul momento non capivo, poi mi sono visto il ginocchio: non c’era più nulla, un pezzo di rotula era sul quadricipite, un altro sulla tibia. Lì ho detto: ca**o. Questa è dura’”.
Sveglia alle 6 per il primo allenamento. Alle 7 lo spostamento al centro sportivo per la fisioterapia, poi un’altra sessione d’allenamento. Pranzo, un’ora di riposo, di nuovo la fisioterapia per altre quattro ore, prima di andare a dormire. Una routine durata per quasi due anni:
“Ero entrato in un vortice di infelicità, insoddisfazione. Non vivevo più, vivevo per recuperare. Alla fine sono qua di nuovo. Un infortunio non può ritirarmi dal calcio, sono io a decidere quando smettere”.
Ma nonostante un ritmo incessante tra fisioterapia e allenamenti, i risultati tardavano ad arrivare:
“Dopo un anno e mezzo. Vedevo che stavo rientrando, ma poi non riuscivo a reggere i carichi di lavoro. Ogni volta che facevo una cosa in più mi si gonfiava il ginocchio, e lì dovevo fermarmi un altro mese. Succede una volta e lo accetti, la seconda e lo accetti, alla terza capisci che c’è qualcosa che non va. Il mio ginocchio non ce la faceva. Io che ca**o devo fare più che lavorare tutti i giorni? Non sapevo dove andare a battere il capo. Per mesi ho pensato che fosse il caso di smettere”.
L’esperienza all’Atalanta dura pochissimo. Cristiano Piccini riesce a raccimolare appena 59 minuti giocati, nonostante la volontà di Gasperini di averlo a tutti i costi a disposizione. Lo stesso calciatore non si aspettava di superare le visite mediche con il club orobico:
“Non riuscivo a saltare sulla gamba destra. Ma loro mi hanno rassicurato dicendomi che con un mese di lavoro a parte sarei rientrato. Il primo giorno mi mettono subito a fare lavoro in gruppo, mattina e pomeriggio. Quarto giorno, ginocchio gonfio come un pallone. Ero zoppo. Lo mostro all’allenatore e mi dice che non potevo allenarmi, che avevano sbagliato a prendermi. Io venivo da un infortunio gravissimo, avevo bisogno di sentirmi aiutato, e invece mi hanno affossato. Dopo una settimana ero già fuori rosa per un motivo per cui io non potevo fare nulla”.
Ai microfoni di ‘Gianlucadimarzio.com’, Piccini si sfoga:
“Come essere umano venire trattato così è la cosa peggiore che ho sofferto in tutta la carriera, peggio dell’infortunio. Quasi cadevo in depressione”.
Dopo aver pensato al ritiro, Piccini si è ripreso il suo posto in campo e in questa stagione ha già collezionato 316 minuti in 7 presenze, con un goal contro l’Elche, tra Liga e Coppa del Re.
Ora però c’è da pensare al futuro, che sarà lontano da Valencia. Il contratto scade a fine stagione ma il club spagnolo non ha intenzione di rinnovarlo:
“Posso firmare con chi mi vuole. (Restare al Valencia, ndr) Sarebbe il mio obiettivo, ma in società non hanno queste intenzioni. Dovrò guardarmi intorno, a malincuore, perché Valencia e casa mia e qui tornerò dopo il calcio”.
Davanti a lui c’è anche mezza stagione per dimostrare di aver archiviato l’infortunio ed essere pronto per tornare ad essere protagonista, proprio come accaduto in passato nelle varie esperienze con Fiorentina, Betis, Sporting Lisbona e proprio Valencia, prima di quel maledetto 28 agosto 2019.