Il dito nella crisi di risultati del Milan di Fonseca l’ha affondato Conte, conscio del fatto che l’estate scorsa la maggioranza dei tifosi rossoneri avrebbe voluto lui in panchina: “Il cartello lavori in corso vale più per il Napoli, visti i 22 punti di differenza dell’ultimo campionato. Fonseca è partito da una base più solida”. Il sottinteso è che, se il Milan era arrivato secondo e al momento sarebbe fuori dalle coppe, mentre è primo il Napoli ereditato al decimo posto, evidentemente qualche errore al Portello è stato commesso. Per i tifosi è stata sbagliata la costruzione della squadra, ma soprattutto la gestione tecnica, tattica e di gruppo. In poche parole è principalmente colpa dell’allenatore: concetto che la dirigenza, assente a Milanello il giorno dopo la disfatta, non fa molto per ribaltare. Accadde del resto già con Pioli: il successore portoghese sembra quasi tuffarsi nel ruolo di capro espiatorio ideale.
I numeri horror del Milan: 5 sconfitte, 16 gol subiti
Fonseca pare il Candido di Voltaire, per l’ottimismo ostentato a dispetto della classifica e della statistica (12 partite giocate, Champions inclusa, e 5 sconfitte, con 16 gol subiti in totale), per l’insistenza su scelte al limite dell’autolesionismo (l’ostracismo a Leao, ancora riserva malgrado la decimazione dei titolari), e per una sincerità inusuale, che finisce con lo smascherare i problemi di spogliatoio: dalla confessione che i rigori sbagliati da Theo e Abraham a Firenze avrebbe dovuto tirarli Pulisic alla fresca ammissione che sta continuando il braccio di ferro con Leao. “Non c’è conflitto, ma io non prego i giocatori, non mendico l’impegno di nessuno” ha detto Fonseca del suo attaccante, svalutato pure sul mercato, con soddisfazione degli spasimanti, dal Barcellona in giù, consapevoli che la clausola da 175 milioni sia oggi virtuale.
Allegri alternativa plausibile, più di Tudor e Terzic
Se ci sia a lungo posto per il tecnico, artefice di un gioco a sprazzi apprezzabile e penalizzato dalle topiche di alcuni acquisti (col Napoli è franato il trio Emerson Royal-Pavlovic-Terracciano), è materia da calciomercato: Allegri, ora più di Tudor e Terzic, resta un’alternativa plausibile, anche se non è dato sapere a chi spetterebbe l’ultima parola sul cambio di allenatore, tra il lontano azionista di maggioranza Cardinale, Ibrahimovic presente a intermittenza, l’ad Furlani e il poco appariscente dt Moncada.
I sommovimenti in casa Milan sono all’ordine del giorno: lasciano la statunitense Tania Moreno, responsabile marketing, e Roberto Masi, del business, mentre risulta congelato Marco Lomazzi, direttore delle operazioni stadio. Ingarbugliano la matassa l’inchiesta ultrà e le insistenti indiscrezioni dal mondo della finanza sulle difficoltà di Cardinale di fronte alla scadenza del 31 agosto 2025. Quando, per continuare a controllare il Milan, dovrà rimborsare a Elliott quasi 700 milioni di prestito, con un’ulteriore incombenza in vista: se l’affare stadio San Donato sfumasse, la sua RedBird dovrebbe comunque tenersi i terreni, operazione da 55 milioni. La priorità San Donato, ribadita da Paolo Scaroni, non è solo del presidente del Milan.