Il Parigi San Germano sa quasi tutto di noi perché è una squadra di vecchie conoscenze, anche se non tutti riuscirebbero a riconoscere in Fabian Ruiz, uno che a centrocampo ha l’eleganza del levriero e la tigna del mastino, la stessa mezzala languida che a Napoli un po’ faceva innamorare e un po’ dannare.
Cinque titolarissimi dalla A. E c’è anche Luis Enrique
Cinque titolarissimi degli undici che sfideranno l’Inter a Monaco di Baviera vengono dalla serie A e a loro bisogna aggiungere l’allenatore, Luis Enrique, che proprio da noi cominciò la sua carriera, oramai tredici anni fa: se ne andò dopo una fugace stagione romanista e non sapremo se fu incompreso da noi o incomprensibile lui. Sta di fatto che da allora, pur con tutte le sue rigidità tattiche e caratteriali, ha centrato un triplete (Barcellona 2015) ed è in lizza per il secondo.
Donnarumma guida la pattuglia
La pattuglia degli “italiani” è rappresentata prima di tutto da un italiano senza virgolette, Gigio Donnarumma, che nella sua quarta stagione ha finalmente spazzato via i dubbi che per un triennio hanno aleggiato su di lui, facendone un perenne oggetto di critica. In estate il club lo aveva messo in discussione investendo 20 milioni su un altro portiere, il russo Safonov, ma Gigio ha recuperato in fretta il posto perso e ha cominciato a collezionare un miracolo dopo l’altro, specie in Champions e specie quando è cominciata la fase a eliminazione diretta. Ha stregato i rigoristi del Liverpool e poi i frombolieri di Aston Villa e Arsenal: vede gli inglesi e mette il mantello di Superman (do you remember Wembley 2021?). Sul viso porta i segni di una terribile (ma involontaria) tacchettata dell’ex torinista Singo, oggi al Monaco, che l’ha quasi sfigurato: “Ma magari mi ha fatto bene, adesso sembro più cattivo”.
Marquinhos, l’unico sopravvissuto del periodo grandeur
Gigio è un sottoposto del capitano Marquinhos, l’unico sopravvissuto degli anni della grandeur spendacciona, quando il Paris comprava chiunque e pagava qualsiasi cifra purché il giocatore fosse una stella. Quando lasciò la Roma dopo un solo anno, nel 2013, il brasiliano aveva appena 19 anni: costò 34 milioni e sembrava potesse diventare il più forte difensore al mondo. Non è andata così, ma si è comunque conquistato un posto di riguardo nella storia parigina (è diventato il giocatore con più presenze di sempre nel Psg): è il leader che ha resistito anche negli anni più difficili e il solo uomo di smisurata esperienza in questa banda di ragazzini sfrontati. Oltre che del Psg, è capitano del Brasile. Qualcosa vorrà dire.
Hakimi, il vero grande ex della finale
Alla sua destra c’è Hakimi, ex “italiano” e soprattutto ex interista: a San Siro ha sfrecciato per un solo anno, prima di diventare il primo grande sacrificio di Marotta per sanare il bilancio, nonché la principale ragione per cui Conte lasciò l’Inter dopo lo scudetto, convinto che, con la cessione di un giocatore importante come lui e delle altre che sarebbero venute, non ci sarebbe stata più trippa per gatti. Come no. Al suo posto arrivò Dumfries: qualcuno farebbe il cambio, oggi?
L’evoluzione di Fabian Ruiz
A Parigi, Hakimi sfreccia come a Milano ma deve pure difendere come un terzino: a volte ci riesce e a volte no, ma sta comunque disputando una stagione stratosferica quasi come Fabian Ruiz, che lasciò Napoli dopo 4 anni e prima di godersi i grandi successi (festeggiò solo la Coppa Italia della pandemia) e a Parigi fu poi raggiunto dal ct che gli aveva stroncato la carriera in nazionale, escludendolo dal Mondiale 2022. E invece Fabian è cambiato e Lucho pure: oggi i due connazionali sono perennemente connessi tra loro e Ruiz è una sorta di secondo allenatore in campo, un prolungamento del guru che sta in panchina.
Kvaratskhelia uomo ovunque
Infine c’è Kvaratskhelia, l’uomo che vincerà due campionati in una sola stagione, divisa a metà tra Napoli, dove comunque il suo contributo nel girone d’andata è stato pesante, e Parigi. In Francia è arrivato tra molte perplessità (dicevano. tutti quei soldi per un georgiano, oltretutto nel ruolo del ragazzo di casa Barcola?), che ha cominciato a debellare quando la Champions è entrata nel vivo: si è preso il posto fisso (au revoir, Barcola), si è integrato a meraviglia con Dembélé e Doué, ha sfornato gol e assist in serie e si è pure smazzato un lavoro mostruoso in copertura. Gioca per due e da quando c’è lui il Paris Saint-Germain sembra in dodici. Il Parigi San Germano, anzi.