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Ranieri e il suo no: il messaggio notturno e la battuta di un amico, così è nato il gran rifiuto

Un whatsapp a Gravina: “Non posso più, ho preso un impegno con Friedkin”. Il peso del memorandum Figc con i paletti del doppio ruolo

Mentre Luciano Spalletti si accomodava per l’ultima volta sulla panchina della Nazionale a Reggio Emilia contro la Moldova, lunedì sera, Claudio Ranieri era virtualmente il suo erede. Con la Federcalcio aveva parlato anche dello staff che avrebbe voluto portare in azzurro. Ma durante la serata è successo qualcosa. Gravina, il presidente della Figc che lo aveva contattato, lo ha scoperto che la partita era finita da poco più di un’ora, quando sul suo smartphone si è accesa la notifica di un messaggio whatsapp: “Scusa presidente, non posso farlo. Ho dato la mia parola a Dan Friedkin”.

Il no di Ranieri

Così Claudio Ranieri è uscito dall’impegno verbale che aveva assunto pochissime ore prima. E alla telefonata con cui il numero uno del calcio italiano avrebbe voluto chiedergli spiegazioni, cosa fosse successo e se ci fosse il modo di risolvere i suoi dubbi, non ha mai risposto. Aveva capito sir Claudio che non avrebbe potuto fare il ct. O meglio: che il prezzo per farlo era di rinunciare alla sua consulenza con la Roma: non solo formalmente, ma anche a livello pratico. Fare il ct e restare consigliere personale di Friedkin: questa era condizione. Ranieri però alla fine della serata si era convinto che conciliare le due cose sarebbe stato impossibile e ha rinunciato. Gli è diventato chiarissimo quando la Federcalcio, su sua richiesta, ha messo nero su bianco un “memorandum” con le prescrizioni che da un punto di vista legale rendevano possibile unire i due ruoli: non avrebbe potuto rappresentare la Roma, partecipare a eventi con la divisa del club o comparire come dirigente al fianco dei tesserati della società giallorossa. E di certo non avrebbe potuto prendere posizioni per difendere la squadra dopo una decisione arbitrale contestata.

Il doppio incarico impossibile

Insomma, nei fatti il doppio incarico non sarebbe stato doppio: provare a portare l’Italia ai Mondiali avrebbe voluto dire rinunciare alla Roma. Ranieri ha valutato quel perimetro di divieti insieme a Friedkin, che li ha bollati come incompatibili con la permanenza di Claudio nel suo staff. A quel punto Ranieri era di fronte a un bivio: o la Roma o la Nazionale. E a 73 anni non ha voluto tradire l’impegno che aveva preso con Friedkin e con la città. È di fronte alla battuta di una persona del club che le sue certezze hanno iniziato a sgretolarsi: “Mister, ma se volevi continuare ad allenare, non potevi restare a guidare la Roma?”. Un pensiero in più nella testa dell’ormai ex tecnico romanista. Così nella notte di lunedì Ranieri ha preso il telefono e ha digitato quel messaggio. Ieri mattina, poi, ha comunicato la decisione ormai irreversibile alle persone che aveva già coinvolto nel progetto azzurro: “Scusate, non posso più farlo”.

L’ipotesi nata sabato

L’idea Ranieri era nata nella testa del presidente Gravina sabato. Quando, poche ore dopo la dolorosa sconfitta con la Norvegia, ha convocato un gruppo di calciatori per capire cosa fosse successo. I giocatori si sono assunti la responsabilità del risultato, hanno detto di essere stanchi. Poi, hanno usato un’espressione diversa: “Non siamo sereni”. In quel momento probabilmente ha maturato la convinzione che servisse una figura diversa in panchina: un aggiustatore. E chi se non Ranieri. Poche ore dopo ha parlato con Spalletti e aperto la crisi azzurra. Che oggi è diventata una voragine.

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