MILANO – Di derby ne ha vissuti tanti. Prima da figlia di Beppe e nipote di Franco, capitani dell’Inter e del Milan. Poi da calciatrice, con indosso la maglia nerazzurra e la fascia al braccio. Infine, dopo il ritiro dal calcio giocato a 29 anni, da tifosa interista. “Di tutti quelli che ho visto, il derby che più mi è rimasto nel cuore è quello dello scorso aprile, che ha cucito sulle maglie di Lautaro e compagni lo scudetto e la seconda stella, in casa del Milan. Ero allo stadio con le amiche, papà quella sera a San Siro non c’era”, racconta Regina Baresi, da quest’anno volto e voce di Dazn. “In occasione di questo derby milanese arriverà anche il nuovo appuntamento della domenica: Dazn Serie A Show, condotto da Giorgia Rossi. Sarà un programma innovativo che porta una nuova dimensione alle analisi calcistiche grazie all’uso di realtà aumentata e scenari immersivi. Sono contenta di fare parte di questa famiglia”, dice.
A proposito di famiglia, perché si chiama Regina?
“Era il nome di mia nonna paterna, morta giovane come anche mio nonno. Per i miei genitori è stata la scelta più ovvia”.
Anche nonno era appassionato di pallone?
“Non che io sappia, non so nemmeno che squadra tifasse. Di sicuro, mandando papà e zio Franco all’oratorio di Travagliato, il loro paese, ha dato inizio a tutto. E non ho mai saputo se papà e zio fossero tifosi da piccoli. Di certo, molto presto sono diventati l’uno milanista e l’altro interista”.
Ricorda il primo derby che ha giocato, contro il Milan, con indosso la maglia dell’Inter?
“È stato in Coppa Italia, quando noi ancora eravamo in Serie B. Ricordo l’emozione dell’entrata in campo da capitano. Mi sono sentita parte di una storia, quella della mia famiglia. Un grandissimo orgoglio”.
Ha mai indossato, magari adattandola, una fascia da capitano appartenuta a suo padre?
“Non penso ne abbia conservata nessuna, e di sicuro in casa non ne ho mai viste. Le mie me le sono sempre fatte fare, dopo averle disegnate io stessa. Ho studiato grafica”.
Da commentatrice di calcio, cosa si aspetta dalla partita di domenica fra le squadre di Inzaghi e Fonseca, dopo le partite europee?
“Sono squadre che stanno vivendo momenti molto diversi, sia come forma generale sia come condizione mentale. Sulla carta potrebbe non essere una bella partita. Il Milan è in crisi, l’Inter parte avvantaggiata. Ma i derby sono partite a sé, fatte apposta per ribaltare i pronostici”.
Ha mai visto un derby con suo padre e suo zio insieme, in tribuna o sul divano?
“Tutti e tre insieme, mai. Con papà invece tanti”.
Suo padre è fiero del fatto che lei abbia scelto una vita nel calcio?
“All’inizio non voleva che io giocassi a calcio, come nemmeno mia madre. Lo consideravano uno sport da uomini, con troppi rischi di farsi male. Hanno provato a farmi fare pallavolo, nuoto e tennis, ma palleggiavo di piede con le palline. Quando hanno capito quanta passione ci mettevo, hanno cominciato ad appoggiarmi. A dodici anni ho cominciato a giocare nelle Azzurre di Corsico, squadra che è diventata Asd Inter Milano, poi acquisita dall’Inter”.
Che ricordo ha del periodo in cui suo padre era vice-allenatore di Mourinho?
“Meraviglioso. Mourinho era ed è ancora una persona buonissima e straordinaria, oltre che un motivatore. Capitava che fosse espulso e papà andava in panchina come primo allenatore. Hanno ancora un bel rapporto”.
Sua madre Elena, anche lei lavora nello sport.“Si è avvicinata al calcio femminile seguendo me. È diventata presidente dell’Asd Inter Milano, la mia ex squadra, arrivando a crescere più di duecento piccole calciatrici. Col tempo, la mia passione è diventata anche la sua. Oggi, dopo vent’anni, è responsabile del settore femminile della Pro Sesto”.
Lavora con suo fratello?
“Sì lavorano insieme. Lui è allenatore in seconda della prima squadra femminile, in Serie C. Ha trent’anni, tre meno di me. Diciamo che ho avvicinato al calcio femminile tutta la famiglia”.
Chi è il suo idolo sportivo?
“Ronaldo il Fenomeno. L’ho conosciuto da bambina, ho una foto con lui. Ero emozionatissima, avevo otto anni. Ero con mio fratello, prima di scattare la foto ci ha abbracciati”.
E nella vita, che è il suo punto di riferimento?
“Mamma e papà sono esempi forti, papà nel calcio, mamma come donna. Ho imparato tanto da entrambi”.
A Dazn lei commenta anche il calcio femminile. Come pensa si possa fare apprezzare il calcio delle donne al pubblico abituato alle partite fra maschi?
“Partendo dal fatto che il pregiudizio è molto difficile da battere e purtroppo ci sarà sempre qualcuno a cui sarà difficile far cambiare opinione, la visibilità è molto importante. E sono fiera che Dazn, nel rinnovarsi e nel mostrare il calcio a 360 gradi, dia spazio ai tornei femminili, tanto la Serie A quanto la Champions League”.
Lei è per la parità salariale fra uomini e donne, o se il calcio maschile genera più profitti è giusto che gli uomini siano pagati di più?”E’ vero che c’è ancora tanto da fare per portare il calcio femminile allo stesso livello di quello maschile, ma bisogna cominciare investendo seriamente in questo mondo. Dobbiamo far sì che sempre più persone si appassionino e seguano le partite, sia allo stadio che in TV, perché è da lì che parte il cambiamento. È ovvio che al momento gli uomini siano pagati di più, ma l’obiettivo è ridurre sempre di più questo divario economico, e per farlo serve l’impegno di tutti”.
Alisha Lehmann, nuova calciatrice della Juventus, ha dichiarato che sarebbe per la parità subito.“Alisha è preziosa, ha tantissima visibilità ed è una buona ambasciatrice per il nostro mondo. Ma arrivare oggi a pretendere la parità salariale penso sia prematuro”.
Lei ai suoi 162mila follower su Instagram mostra soprattutto i suoi allenamenti. Quale messaggio vuole passare?
“Cerco di raccontare quello che veramente sono. E l’allenamento è fondamentale, anche adesso che mi sono ritirata dall’attività agonistica”.
Perché ha deciso di ritirarsi dal calcio giocato così giovane?
“A ventinove anni ho sentito che era arrivato il momento. Avevo progetti che mi impegnavano i weekend, dentro e fuori dalla tv. Il calcio mi occupava troppo tempo e noi donne dobbiamo sempre pensare a un piano B. A questo si aggiunga che gli ultimi due anni in Serie A sono stati complicati, ho giocato di meno e faticavo ad accettarlo”.
Le mancano il campo, lo spogliatoio, le partite?
“Mi mancheranno per sempre. Lo spogliatoio, il gruppo, le vittorie, i gol, le esultanze. Però la preparazione atletica non mi manca affatto. Correre mi piace, ma quando sono stanca voglio potermi fermare, ascoltando il mio corpo”.
Nelle interviste lei parla di “allenatrici”, al femminile, ma poi si definisce al maschile “capitano”. Come se ne esce?
“In campo si usano i ruoli al maschile, mentre fuori li si declina al femminile. La presidente. L’allenatrice. Suona meglio”.