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Retegui, Cambiaso, McTominay e Ricci: una vita nuova grazie all’allenatore

La Serie A ha già raccontato storie di rilancio. Partiti campioni come Osimhen
e Zirkzee al loro posto Conceiçao, Paz Neres e De Gea

Il capitale più prezioso che gli allenatori possano spendere, ovviamente se e quando ce l’hanno, è la fama di migliorare i giocatori. Si tratta di una voce che attraversa i ritiri a prescindere dal tipo di calcio che vi si pratica, un tam-tam che gira e rigira finché non arriva all’orecchio di tutti, perché i giocatori fra loro parlano, si consigliano, si avvisano: quel tecnico trova sempre uno spazio per te, se ti chiama non indugiare, non starci nemmeno a pensare. Antonio Conte un giorno disse che quell’etichetta — lui certamente ce l’ha — gli dava la forza di pretendere molto dalla società. Tanta fama è un plus, perché la gente accetta di venire (anche senza Europa, come il Napoli quest’anno), ma anche uno stress, perché chi arriva ha grandi aspettative. Una volta Nils Liedholm aggiustava i piedi dei meno dotati mandandoli a palleggiare contro il muro per delle mezze ore. I metodi di oggi sono più scientifici, e quando si parla di miglioramenti è soprattutto la tattica individuale a venire sollecitata. Non per questo la tecnica non può (e spesso deve) essere affinata. Il nuovo centravanti della Nazionale ne è un ottimo esempio.

Retegui e la stagione sì al Genoa

Mateo Retegui arrivò dall’Argentina meno di due anni fa, frutto della disperata ricerca di un 9 da parte dell’allora ct Roberto Mancini. I suoi primi passi azzurri furono discreti, nulla più, ma bastarono a convincere il Genoa all’investimento l’estate successiva, e Mateo funzionò: dinamico, potente e colmo di passione, segnò 7 reti contribuendo a mantenere la squadra di Gilardino per l’intera stagione molto sopra la zona salvezza. Nei guai per il grave infortunio di Scamacca, l’efficientissima Atalanta l’ha preso in 48 ore lo scorso agosto (6 milioni il guadagno del Genoa, la differenza tra i 16 spesi per acquistarlo e i 22 incassati per cederlo), e tutti noi che dubitavamo di una sua affermazione rapida oggi lo guardiamo in testa alla classifica marcatori con 7 gol — sì, siamo già al totale della stagione scorsa — e diffondiamo il tam-tam pro-Gasperini. Anche lui migliora i giocatori. Il colpo di tacco col quale Retegui sabato ha liberato Ederson alla botta del 3-0 soltanto qualche mese fa non figurava nel suo repertorio (che poi Ederson, a proposito di crescita, ormai è un candidato al titolo di miglior giocatore della Serie A).

Il valore aumentato dei nazionali

Il salto di qualità di Retegui è il più apprezzato e sospirato di questo avvio di stagione, perché potrebbe finalmente colmare il ruolo azzurro da più tempo vacante. Ma ci sono altri nazionali, o aspiranti tali, ad aver aumentato il loro valore in questi primi due mesi: Bastoni ha aggiunto tanto alla fase offensiva (e non è lui il colpevole dei gol in più presi dall’Inter), Fagioli avanza palleggiando con sicurezza, Ricci attacca e difende come richiede la modernità del ruolo, Cambiaso interpreta più compiti con lo stesso profitto, Lucca vanta il fisico di Sesko e dunque ha un gran modello da inseguire, Baldanzi e Pisilli portano talento dalle nazionali giovanili. Daniel Maldini, infine, ha completato la rimonta dal suo cognome, quello che ha fatto sussurrare ai maligni “gioca perché si chiama così” rendendo paradossalmente più lunga e difficile un’affermazione doverosa, vista la qualità.

La sfida di Fabregas

Ci sono molte storie nuove, in Serie A. Il ciclo di lavoro settimanale di Conte che consente la posa in opera del 4-3-3 necessario per godersi McTominay. Il pendolo di Thiago Motta tra l’istinto offensivo (Lipsia) e l’allergia al rischio (Napoli). La chance di calcio ambizioso che Baroni si sta giocando benissimo alla Lazio. Il braccio di ferro tra Fonseca e alcuni colonnelli del Milan, perché la storia dei due rigori sottratti al designato Pulisic è un ammutinamento bello e buono. Le fughe dalla zona calda di Udinese ed Empoli, salve l’anno scorso all’ultima giornata. Il grande calcio del Como di Fabregas, che sfiderà Arteta e Maresca e chissà chi altro per l’eredità Guardiola; e restando al club lariano, la bontà dell’impianto di gioco e il talento di alcuni ragazzi in decollo verticale (dateci tanto Nico Paz, non ne abbiamo mai abbastanza) accendono i riflettori sul suo modello di business turistico-sportivo. Perché a Como c’è una visione complessiva.

Chi ha rimpiazzato Osimhen e Zirkzee

I singoli, adesso. La A ha perso Osimhen, Zirkzee (sigh), Calafiori e Chiesa, ma il bilancio è riequilibrato dal fenomenale De Gea, l’astuto Nuno Tavares, l’elettrico Conceiçao, il capitano di Spagna Morata, l’illusionista Neres con l’irresistibile McTominay, il prolifico Dovbyk, il sorprendente Che Adams, il gelido Tengstedt, l’onnipresente Fadera. E siccome i giocatori forti a volte si bloccano, ma a volte ritornano, iscriviamo al registro degli indagati per scudetto, Europa o zone limitrofe Kvara, Anguissa e Lobotka, Locatelli e Kalulu, Dia, Thauvin e anche Cutrone, certo. Non s’era perso in B, stava soltanto prendendo la rincorsa.

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