ROMA — Mastica amaro, con una gomma americana da torturare, in panchina, sentendosi solo. Fuori dal campo, dal progetto, dal futuro immaginato e programmato dalla Roma. Semplicemente, Paulo Dybala è fuori. Ingaggio alto, rendimento basso, per i freddi conti della proprietà americana che vive di algoritmi il risultato è prevedibile e inevitabile: chi offre di più? Sillogismi calcistici dell’era moderna, di società che pensano più ai costi che ai risultati. Ed è così che si sente Dybala: un peso. Si accomoda in panchina, mastica il suo chewingum, a guardare questo ottavo di Coppa Italia con la Sampdoria e Dovbyk che per una volta non ha bisogno di lui per segnare una doppietta a una squadra 15ª in serie B. Applaude il gol di Baldanzi. Si prende il cinque di Shomurodov che segna il 4-1 alla Sampdoria che manda la Roma ai quarti di Coppa Italia contro il Milan. Recita la parte di quello sereno, mette le mani tra i capelli quando Soulé centra la traversa, ogni tanto sorride.
Il futuro di Dybala
Stile, orgoglio, dignità. Non mi volete? Avrete un sorriso, anche se niente fa più male della delusione. Aveva rinunciato a soldi, tanti, quest’estate. Non è andato in Arabia mentre lo spingevano verso l’uscita. Ha rinunciato ad almeno 10 milioni a stagione: non aveva avuto il piano B che lo eccitava, Roma era però il suo progetto di riserva. Il pubblico lo ama. Chiedete a un bambino a Roma quale maglia vuole: solo la 21. Chiedete a un tifoso romanista se c’è un giocatore che ha emozionato il pubblico dopo Totti. Solo Dybala. Unico libero di inventare, di giocare, di parlare con il pallone. Ma due soli gol in questa stagione, un ritmo troppo basso in campo, la scarsa capacità di aiutare la squadra in un periodo così complicato con tre allenatori in stagione hanno riportato Dybala ai margini del progetto. Esattamente dove era quest’estate: fuori. Solo la pressione della città aveva convinto la famiglia Friedkin che vive di consensi a rivedere l’idea. Dybala ha scelto di restare, i tifosi hanno festeggiato la sua retromarcia, ma la storia non è stata una favola e lui non è stato il principe azzurro. La stagione burrascosa, gli esoneri di De Rossi e Juric, hanno fatto scivolare tutto nel buio. Ora che si è presentato il Galatarasary con un’altra offerta da 10 milioni a stagione, l’argentino ha chiesto spiegazioni e progetti alla società senza avere risposta. Messo ai margini, fuori. Senza che qualcuno si sia sforzato di parlare, spiegare, trattenere. Che abbia fatto qualcosa, una qualsiasi cosa. Per lui la delusione è enorme, e la delusione è un sentimento che non mente mai.