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Salvatores: “Tifo Inter perché ha l’azzurro del Napoli nella maglia, città unica anche nel futuro”

Il regista di “Napoli-New York”: “E’ la mia seconda squadra. Qualsiasi strada che Napoli troverà verso il futuro, sarà diversa da quella di qualsiasi altra città perché in questo luogo tutto viene vissuto e creato in maniera unica. Ed è stato sempre così”

«Qualsiasi strada che Napoli troverà verso il futuro, sarà diversa da quella di qualsiasi altra città perché in questo luogo tutto viene vissuto e creato in maniera unica. Ed è stato sempre così», dice Gabriele Salvatores.

Il regista premio Oscar, fresco del grande successo conseguito dal suo ultimo film, “Napoli-New York”, ha seguito con emozione particolare il travolgente finale di campionato di calcio concluso con l’assegnazione dello scudetto degli azzurri di Antonio Conte. «Sono sinceramente contento per la vittoria del Napoli», sottolinea Salvatores. E aggiunge: «Sono nato a Napoli, è la mia seconda squadra».

La prima qual è?

«Sono interista. Però vorrei raccontare perché».

Prego.

«Sono emigrato a Milano nel 1956, quando ancora si affiggevano i cartelli “non si affitta ai meridionali”. A quell’età tifavo Napoli, ma vi lascio solo immaginare a scuola quale fosse la reazione degli altri bambini. Fui in qualche modo costretto a scegliere una delle due squadre della città. E ho scelto quella che aveva anche l’azzurro del Napoli sulla maglia».

Allora come ha vissuto questo campionato?

«È stata un’altalena di emozioni. Ci siamo superati, ripresi, scavalcati di nuovo. Credo che l’Inter sia la squadra più forte, ma sul risultato finale ha avuto grande merito Antonio Conte. E credo che questa città abbia trasmesso un po’ del suo cuore alla squadra. Lo scudetto la dice lunga sulla capacità di resilienza di Napoli. E anche se noi lo abbiamo un po’ regalato, va bene così. Ora mi auguro di vincere la Champions».

Per la città invece che significato può assumere il secondo scudetto nello spazio di tre anni?

«In questo periodo a Napoli stanno accadendo tante cose positive. È migliorata la vivibilità, noto iniziative significative su diversi fronti. Già negli anni ‘70 era stata fondamentale per la musica e il teatro, ma oggi nel cinema è diventata quasi più importante di Cinecittà, si girano film, serie televisive, gli attori napoletani sono straordinari. La Coppa America mi pare una grande opportunità. La vittoria dello scudetto aiuta ad alzare il morale e, ripeto, ne sono davvero molto contento. Adesso però bisogna cogliere il momento».

E come si fa?

«Le carte in regola ci sono tutte. Sia i cittadini, sia chi governa Napoli devono farsi ispirare dall’amore verso la città e non dagli interessi di parte. In altre parole, serve mettere in campo iniziative importanti, impostando eventi culturali e progetti di vita comune. Ultimamente ad esempio sono stato a Bagnoli, un luogo meravigliosamente vivo. Ma è Napoli ad avere una sua multiformità che non la farà mai omologare ad altre città».

Si spieghi.

«È un luogo pieno di misteri, di fantasia. È certamente solare, ma con un senso profondo dell’umanità, della disgrazia e della morte. È abituata a confrontarsi con la novità e la diversità. La nostra lingua, perché è molto più di un dialetto, è influenzata da tantissimi altri idiomi, spagnolo, francese, arabo. Ecco, troppo spesso noi napoletani non ci siamo assunti la responsabilità di essere importanti e diversi. È importante avere la coscienza di disporre di qualcosa di unico in Italia e di poterlo insegnare ad altri. Naturalmente so che non è facile».

Perché?

«Napoli si porta dietro anche tutte le difficoltà che conosciamo, a cominciare dalla criminalità. Però ha anche le potenzialità per reagire. Penso a figure come Ciro Oliva, un esempio perché non ha solo realizzato una pizzeria di successo, ma ha contribuito a recuperare un quartiere come la Sanità e mette in campo tanti progetti, insegna ai ragazzi come diventare sommelier. Queste sono le esperienze importanti, come quella dei maestri di strada che è nata proprio a Napoli con risultati apprezzati in tutta Italia. E questa città ha insegnato tanto anche a me».

Che cosa?

«Ha un cuore grande che quando è pieno di gioia lo mostra e non ha paura. E soprattutto ha la capacità di intravedere la comicità anche nella tragedia e viceversa. Questo, per uno che fa il mio mestiere, è un grande insegnamento».

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