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Sambenedettese, il club che visse 5 volte ora porta allo stadio 11mila tifosi in serie D

Una storia secolare tra gloria, tragedie, tanti fallimenti e giocatori simbolo come Zenga e Cagni. Ora, con l’entusiasmo tornato alle stelle, il pubblico è superiore ad alcune piazze di A

Ricucendo con pazienza il filo della propria storia, la Sambenedettese sta vivendo un rinascimento non previsto dal palinsesto cronologico – fallita, morta, sepolta, resuscitata ben cinque volte nel nuovo millennio: 2006, 2009, 2013, 2021 e 2023 – e fuori contesto, poiché portare quasi 11.000 spettatori allo stadio – praticamente un cittadino su cinque – per una partita di Serie D contro il Chieti (è successo domenica scorsa) costituisce la più felice delle anomalie.

Quando De Rossi paragonò la Samb al Boca

Giusto per misurare l’entusiasmo contabile della città: in quattro città di Serie A – Venezia, Como, Empoli e Monza – l’affluenza media si attesta sui 10-11 spettatori a partita, a conferma del calore di una piazza che qualche anno fa Daniele De Rossi inserì tra le più “eccitanti” del panorama addirittura mondiale, insieme a quelle del Boca Juniors, Liverpool, Galatasaray. Prima in classifica a +9 dal Teramo nel girone F nel cerchio infernale dei dilettanti, la Samb del presidente Vittorio Massi sta risalendo le impervie pareti che nelle intenzioni dovrebbero restituirla al calcio professionistico, abbandonato nell’estate del 2021.

Una storia secolare

Lo sta facendo portando sulle spalle – non come un peso ma come un vanto – una storia secolare (il club è stato fondato nel 1923) cui fanno da punteggiatura tracce di una memoria che è davvero di tutti. Come in “Boogie Woogie” di Paolo Conte l’orchestra-calcio quest’anno si dondola come un palmizio davanti a un mare venerato e tra le onde che si intravedono da Viale Buozzi riaffiorano dal passato nomi, facce, figurine, leggende e coriandoli di allegria, dribbling, amori e dolori di un destino che ha alternato in egual misura schiaffi e carezze.

La tragedia nel giorno della festa

Il giorno dell’innocenza perduta ha una data – 7 giugno 1981 – e due nomi da custodire, Carla Bisirri e Teresa Napoleoni, le due ragazze – poco più che ventenni – morte in quello che viene ricordato come “Il rogo del Ballarin”, la più grande tragedia nella storia del calcio italiano. Era di domenica, la Samb di Nedo Sonetti affrontava il Matera per l’ultima giornata del campionato di Serie C ed era pronta a timbrare la promozione. Scoppiò un incendio, causato dal lancio di razzi, bengala e petardi. Venne poi calcolato che in Curva Sud c’erano almeno sette quintali di carta, tra striscioni, bandiere e fogli di giornale. Il vento – di libeccio, umido e violento, lo chiamano “Garbì” – alimentò le fiamme che saettarono tra i gradoni. Fu il caos. Nella calca delle gradinate roventi gli spettatori fuggirono, ma le due uscite della Curva Sud erano chiuse. Molti bambini vennero sollevati di peso e gettati dall’altra parte della rete come sacchi: fu la loro salvezza. Carla Bisirri e Teresa Napoleoni vennero portate in elicottero all’ospedale Sant’Eugenio di Roma, morirono a pochi giorni di distanza dal rogo.

Il nuovo stadio e il film di Gigi e Andrea

Si giocò ugualmente, la Samb venne promossa in B. Era la squadra del giovane Walter Zenga che sistemava il ciuffo prima di piazzarsi tra i pali e di capitan Gigi Cagni a fine carriera, di Italo Schiavi e Fabiano Speggiorin, di Sauro Massi e Antonio Bogoni. La Samb mantenne la categoria per il tempo record di otto anni consecutivi. A metà degli anni 80 il nuovo stadio – il Riviera delle Palme – venne scelto come location per una commedia di successo, “Mezzo destro e mezzo sinistro – Due calciatori senza pallone”, con protagonista la coppia di comici bolognesi molto in voga all’epoca, Gigi e Andrea. In molte delle scene di quel film appare il porto, con i tipici pescherecci cittadini, mentre il volo di qualche annoiato gabbiano in lontananza solca l’orizzonte: l’ultima cartolina felice di un tempo che poi – anno dopo anno, campionato dopo campionato – è declinato tra dirigenze sciagurate, improbabili mezze tacche, ex nomi di richiamo in disarmo (Maxi Lopez ha chiuso qui la carriera, dopo una dimenticabile stagione in cui venne espulso per proteste al debutto) e rimbalzi sbagliati, con palloni che si sono inabissati, catturati dai gorghi del mare. Oggi è tornato il sereno, il mare si è chetato, la Sambenedettese naviga verso il futuro, che da queste parti si prefigura spesso come un ritorno.

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