NAPOLI — Questa volta Partenope non si è disunita e alla fine di un’altra partita ad altissima tensione, in coda a una stagione sull’ottovolante, la città seduta tra due vulcani è finalmente esplosa di gioia per la conquista del quarto scudetto.
Grande festa a Napoli
Dopo una vigilia vissuta «come il tappo di una bottiglia di spumante al quale è già stato tolto il ferro», il gol di McTominay viene accolto come una liberazione. Poi si va sul filo dei nervi fino alle 22.48, quando Napoli si ritrova in festa per la seconda volta in due anni: da largo Maradona ai Quartieri Spagnoli al cuore di Forcella, da Secondigliano al lungomare invaso dai turisti: è la “Scudetto experience”. Un grande tricolore viene esposto sulla facciata del Comune.
Manfredi: “Commenti a Conte e De Laurentiis”
«È la vittoria meritata di una squadra straordinaria e di una città che non smette mai di sognare, di lottare e di amare. Complimenti ai giocatori, a mister Conte e al presidente De Laurentiis», commenta il sindaco Gaetano Manfredi. Ci si abbraccia davanti ai maxischermi installati in piazza del Plebiscito, a Scampia, piazza Mercato e in 53 comuni della provincia.
Tre feriti lievi prima della partita
Il bilancio del piano di sicurezza si potrà tracciare solo nelle prossime ore, ma già dalle prime ore del pomeriggio la città era in delirio. Alle 19.30 piazza del Plebiscito era talmente piena che le forze dell’ordine hanno chiuso i varchi. A seguire la gara davanti al colonnato della chiesa di san Francesco da Paola saranno almeno in 50mila. Folla oceanica a Fuorigrotta dentro e fuori lo stadio, dove si sono registrati i primi tre feriti: due per fratture alle gambe nel tentativo di scavalcare, una bambina al naso nella calca. Alle 21.30, nessun ferito in codice rosso, 10 in codice giallo nei punti di primo soccorso allestiti dall’Asl Napoli 1 di cui cinque trasferiti in ospedale. Altri 32 solo in codice verde.
I tifosi e lo scudetto dedicato a chi non c’è più
Il resto è gioia. Ma è una festa diversa da quella di due anni fa. E non solo perché il titolo è stato assegnato con il batticuore. Ora non ci sono i supereroi del 2023, il nigeriano mascherato e il georgiano triste non abitano più nel tempio di Diego Armando Maradona. Nello stadio che porta il nome dell’unico Dìos del calcio, si canta l’inno scritto da un musicista che suonava la chitarra tra i turisti del centro storico, Cristian Vollaro, scomparso a 45 anni senza aver mai potuto vedere la sua canzone intonata da 50mila persone. Sulle magliette indossate per l’ultimo atto sono scritte mille storie da raccontare. “Zio Peppe il professore ti porto sempre nel cuore”, campeggia sulle spalle di un uomo che avrà più di 50 anni, un padre e un figlio adolescente sfoggiano due T-shirt uguali che recitano: “Ninotto, quanto ci manchi”. Gerardo Cervone, ristoratore che vive a Verona e a ogni partita percorre più di 1.500 chilometri con i soci del suo club, srotola un grande striscione e la scritta: “Grazie Patrizia”. E spiega: «È mia moglie, eravamo in ritiro a Dimaro e ha insistito affinché rinnovassimo l’abbonamento».
Napoli tra problemi e sviluppo
È una Napoli consapevole, quella di questo 2025. Ha consolidato il suo primato turistico e pianto le vittime della guerra dei ragazzi a mano armata, affrontato le spallate del bradisismo, l’ultima ieri, magnitudo 2.6, e incassato l’assegnazione di un evento di portata mondiale come la Coppa America di Vela 2027. Non si è pianta addosso, è rimasta in piedi. Sarà pure scaramantica, ma è stanca di apparire oleografica. E non ha bisogno dello scudetto per risollevarsi. «Nella nostra normalità, la storia calcistica non detiene i destini di Napoli, abbiamo imparato a festeggiare anche altri momenti», sottolinea la scrittrice-tifosa Viola Ardone.
Napoli e una vittoria per tutto il Sud
«Ora si deve lavorare per rendere stabili questi successi e per farlo servono infrastrutture: stadio, centro sportivo, settore giovanile. Lo stesso discorso vale negli altri campi. La Coppa America è una straordinaria opportunità, il turismo è una condizione necessaria, ma non sufficiente», ragiona Roberto Barbieri, l’amministratore delegato di Gesac, la società che gestisce l’aeroporto di Capodichino. «Ripartire sarà la sfida di domani, nel frattempo questo scudetto viviamocelo tutto intero», commenta il procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli, appena rientrato da Palermo, dove aveva preso parte alle celebrazioni per la ricorrenza dell’attentato di Capaci, e adesso al suo posto di abbonato nel settore Distinti del Maradona. Per il pm antimafia Antonello Ardituro «si chiude un cerchio: “I primi due scudetti genio e sregolatezza, il terzo la bellezza, il quarto il lavoro. Amma fatica’”, come ha detto mister Antonio Conte».
Lo scudetto come lo aveva immaginato Sorrentino
È notte scudetto da vivere a piedi, con le strade delimitate da 85 varchi, 1.800 appartenenti alle forze dell’ordine schierati sul campo e 1.250 steward allo stadio. Fra un paio di giorni sarà la volta della sfilata della squadra in bus sul lungomare, appuntamento negato due anni fa e ora invece già pronto proprio come lo aveva immaginato Paolo Sorrentino nella scena finale del suo ultimo film. Aveva ragione, il regista premio Oscar nonché grandissimo tifoso del Napoli. Partenope è invecchiata, ma è più consapevole e in questa notte colorata d’azzurro sembra ancora più bella.