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Serie A al via con la testa al mercato. L’Inter resta la squadra da battere

Torna il campionato con quattro anticipi: subito in campo le milanesi. Alle spalle dei campioni in carica tre rivali principali: il Milan rafforzato, la Juve rivoluzionata, l’Atalanta consapevole. Resta l’emergenza della Nazionale dopo il flop europeo

Siamo ormai abituati ai campionati che ripartono dopo una batosta della Nazionale, e l’attesa che li accompagna descrive bene la separazione ormai sedimentata fra il calcio dei club e quello delle rappresentative, con l’indignazione per Italia-Svizzera impennatasi nelle 48 ore post-match e altrettanto rapidamente scemata in quelle successive, quando gli intrecci di mercato della squadra del cuore hanno iniziato a vellicare l’attenzione dei tifosi. La grande questione delle riforme che non decollano nasce dalla scarsa spinta che ricevono una volta affievolito lo tsunami di rabbia popolare. Lungi da noi l’apprezzamento per gli autocrati, ma il dirigente con una visione dovrebbe prendere l’iniziativa anche in solitudine e ad acque calme, o ancora in un periodo elettorale come questo — è evidente che si sta aspettando il nuovo presidente, ma il processo per eleggerlo è accidentato — perché il calcio consiste di un tavolo a tre gambe (campionati, coppe, nazionali) che in Italia molto più che negli altri Paesi traballa vistosamente.

La crisi della Nazionale e il modello spagnolo

Nella famosa conferenza stampa post-Svizzera l’unica misura annunciata da Gravina fu la creazione di una commissione di saggi composta da quattro figure dei club universalmente stimate (Marotta, Giuntoli, Sartori e Marino), ai quali chiedere un’assunzione di responsabilità, che poi alla fine è sempre la stessa, fare in modo che aumenti il numero di giocatori italiani in campo in Serie A. Non era un’idea strampalata, da questa situazione non se ne esce se non tutti assieme; ma il campionato riparte oggi e nessuno, a partire da questi dirigenti, ha avuto più notizia della commissione. Nelle ore successive al crac la frenesia di trovare la soluzione magica ha portato al solito copione: un’orgia di benaltrismo (“non basta certo questo…”) sfumata nel sostanziale disinteresse. Il mezzo per rilanciare la Nazionale è quello di consentire al ct una scelta molto allargata rispetto a oggi: decidessero loro come arrivarci (centri federali, Under 23, incentivi). C’è bisogno di un modello? Quest’estate la Spagna ha vinto l’Europeo assoluto e quello Under 19 più l’Olimpiade, utilizzando tre squadre diverse per un totale di 66 uomini (Fermin Lopez e Alex Baena hanno “doppiato”), tutti forti visti i risultati, tutti che giocano o che stanno per farlo. Se si esclude il Real Madrid, dove resiste il solo presidio di Carvajal a fronte di un’internazionalità ormai dominante, nei club spagnoli giocano un sacco di calciatori spagnoli. E la gente — udite udite — ne è contenta.

Pochi italiani nelle big

La classifica dell’ultima Serie A dice Inter prima, Milan secondo e Juve terza. Sempre la stessa storia? Mica tanto: era dal 2009 che le tre grandi del Nord non occupavano l’intero podio, e nel lungo periodo di dittatura bianconera — nove scudetti di fila — Milano era pressoché sparita. Ora che è tornata in forze, va rilevato come l’Inter abbia partecipato con cinque uomini alla spedizione azzurra in Germania (hanno giocato male, ma questa è un’altra faccenda), mentre il Milan non ne aveva nessuno, e questo è clamoroso per chiunque ricordi la filastrocca difensiva Tassotti — Costacurta — Baresi — Maldini. La Juve ne aveva quattro, ma il solo Chiesa in posizione di rilievo, peraltro deludente. Il calcio in cui era possibile costruire una nazionale sullo scheletro di un club non c’è più e non tornerà mai, ma rivedremo un’Italia competitiva quando le squadre che lottano per i grandi traguardi — la Champions è il primo esempio, fondamentale veicolo di crescita — impiegheranno un numero superiore di azzurrabili.

La Serie A inizia con il mercato aperto

Amen. L’omelia è finita, ma non andate in pace perché la curiosa anomalia del mercato che non riesce a chiudere in corrispondenza della prima giornata di campionato — a dire il vero l’Italia ci aveva provato, nel 2018, ma il fatto che gli altri Paesi fossero rimasti alla scadenza di fine agosto rese necessario il ritorno alle date attuali — ci propone anche quest’anno tre giornate, le prime, da maneggiare con cura. Con giocatori fuori rosa che a settembre magari ci rientreranno a denti stretti, direttori sportivi sempre più stravolti alla ricerca dei bonus giusti, allenatori costretti a inventare formazioni che fra due mesi sembreranno assai strampalate. E però sono tre giornate che pesano. L’anno scorso la Roma raccolse un solo punto, e le sue ambizioni erano finite prima di cominciare. Il Lecce ne fece 7, e senza quella dote iniziale sarebbe finito in Serie B. La classifica diceva Inter e Milan appaiate a quota 9, Juve dietro a 7: le stesse prime tre di maggio. Per cui, occhio: agosto sa essere molto indicativo.

Inter favorita

L’Inter è la favorita naturale per i 19 punti di vantaggio accumulati l’anno scorso. È vero che il Napoli ne dissipò 16, ma l’Inter non ha perso Marotta, Inzaghi e Bastoni, per citare le figure corrispondenti a Giuntoli, Spalletti e Kim: l’unica cosa che ha cambiato è la proprietà, guadagnando in prospettiva. Sarà una stagione stressante, perché la forza si accompagna sempre alle responsabilità e quindi è richiesto un lungo cammino nella nuova Champions.

Le rivali dell’Inter

Alle sue spalle sono tre i club con l’ambizione di competere e magari vincere: il Milan rafforzato, la Juve rivoluzionata e l’Atalanta consapevole. Fonseca pare aver scongelato l’ambiente anche grazie agli acquisti mirati della società, su Thiago Motta e il suo calcio brillante è stato fatto a Torino un investimento imponente (tra gli scartati c’è gente di livello), a Bergamo negli ultimi otto anni sono successe cose talmente eccezionali da rendere lo scudetto un obiettivo conseguente. Dietro alla prima fila, per tre quarti lombarda, il Bologna deve scrivere una nuova storia dopo che gli autori della vecchia, Motta, Zirkzee e Calafiori, se ne sono andati. Nuova anche la Lazio che ha congedato la vecchia guardia, nuova la Fiorentina dopo tre finali perdute in due anni, nuova la Roma riprogrammata dai Friedkin: dopo l’allentamento del controllo Uefa, la strategia dei colpi estemporanei (Mourinho, Lukaku, a quanto pare anche Dybala) lascia spazio a una di maggiore prospettiva. Per capire quanto sarà nuovo il Napoli, riemerso dal pozzo con la faccia ambiziosa di Antonio Conte, aspettiamo la soluzione del rebus Osimhen. In chiusura, previsioni-sorpresa: ci stupirà l’Udinese, Daniel Maldini conquisterà l’azzurro, Vanoli al Torino sarà il tecnico emergente, le tre neopromosse non retrocederanno, i ragazzini del Milan (Torriani, Liberali, Zeroli e Camarda) forzeranno Fonseca a far loro un po’ di spazio. Okay, quest’ultima più che una previsione è una speranza.

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