Non so voi ma io, se devo prendere un aereo, cerco di essere sicuro di farcela. Specialmente se non esiste un volo successivo per quella destinazione. Punto ad arrivare in aeroporto con due ore di anticipo, se la tratta è internazionale, una se nazionale. Faccio, se è possibile, il check in on line. Viaggio con il bagaglio a mano. Combatto gli imprevisti (traffico, incidenti sul percorso, passaporto dimenticato) prenotando il taxi la sera prima e scendendo ad aspettarlo con 10 minuti di anticipo. Lascio un margine di garanzia, a costo di annoiarmi davanti al gate. Finora, mai perso un volo. La serie A, invece, rischia di restare a terra con una pesante valigia di risultati mancanti o condizionati.
La scadenza di fine maggio (finale di Champions, poi tutti alle nazionali) si avvicina e la strada non è ancora sgombra. Ogni recupero è una polemica e, soprattutto, un inciampo verso un traguardo che non può essere spostato più in là. La compilazione di un calendario rigido e affollato dev’essere opera di uno di quelli che arrivano all’imbarco correndo, identificabili per nome e cognome giacché all’altoparlante sono già stati invocati due volte. Dovrebbe essere evidente che nel corso di nove mesi ci saranno temporali furibondi (in qualche caso, purtroppo, alluvioni), lutti sportivi che fermeranno una partita o il campionato o così eccellenti da bloccare il Paese, cavallette e altri eventi straordinari. Che dal martedì al giovedì pioveranno coppe, che sarà tre volte Natale e ci si giocherà sopra, come a Pasqua. Quest’anno c’è lo sbarramento delle qualificazioni mondiali, l’anno prossimo addirittura i mondiali. L’ipotesi non così remota di uno spareggio fra Inter e Napoli sbatte contro quella di una finale di Champions per metà nerazzurra. Che si fa? Un ex aequo come Tamberi e Barshim ai giochi olimpici di Tokyo? Non è previsto. Proprio come l’imprevisto. E allora?
Si va dal barbiere: sfoltire, grazie. Dove? Tre suggerimenti. Il primo, respinto con perdite dalla bulimia di società e tv, sarebbe una salutare dieta che porti alla riduzione a 18 squadre (partite migliori, più pubblico allo stadio e a casa). La seconda (già avanzata dal sito Ultimo uomo). Una coppa Italia dei campanili, con 4 gironi per aree territoriali e una final eight in una settimana di gennaio. La terza: spiegare all’Uefa che quella Champions con 32 squadre e la classifica serpentone (ma dove sono Liverpool e Lille?) non è piaciuta a nessuno, solo gli scontri diretti fanno sangue e arena. Non si torna indietro? E allora avanti, di corsa, il portellone si sta chiudendo.