Monaco di Baviera – Vincere ogni partita, facendo giocare chi sta meglio, per portarsi a casa tutti i trofei. L’approccio alle competizioni dell’Inter di Inzaghi è semplice da spiegare e difficilissimo da mettere in pratica, come i progetti dei bambini. Solo che, a differenza delle fantasie infantili, finora sta funzionando. I nerazzurri sono primi in campionato, +3 sul Napoli a 7 giornate dalla fine. Giocheranno in casa il ritorno della semifinale di Coppa Italia col Milan, in uno stadio per quattro quinti nerazzurro. E dopo la vittoria 2-1 sul Bayern Monaco all’Allianz Arena, dove in Champions nessun avversario vinceva da quattro anni, quel “corriamo per tre trofei, anzi quattro col Mondiale per club” detto dall’allenatore interista dopo la vittoria degli ottavi a Rotterdam suona sempre meno come una battuta. Ci credono lui e i giocatori. Soprattutto i veterani di Istanbul, che la coppa dalle grandi orecchie l’hanno vista a un metro.
In Champions l’Inter affronta avversarie più ricche
Per l’Inter e il sogno del triplete vale la storiella del coleottero, che si racconta nelle facoltà d’Ingegneria aerospaziale: vola perché non sa di non avere le caratteristiche per farlo. I nerazzurri sono penultimi per costo della rosa fra le otto qualificate ai quarti di Champions, e le scommesse su una vittoria interista pagano dieci volte la posta. Hanno già giocato 47 partite in stagione e scendono in campo ogni tre giorni, mentre l’avversaria nella corsa scudetto, il Napoli, non ha altri pensieri che la Serie A. In Coppa Italia devono affrontare il Milan, bestia nera in questa stagione, contro cui hanno perso due partite e altre due le hanno pareggiate. Eppure sono lì, in corsa per tutto e (a ieri sera) primi nel ranking Uefa, sopra ad Arsenal e Barcellona, che potrebbero incontrare rispettivamente in finale e in semi di Champions.
In campionato il Napoli ha un calendario più facile
Aspettando il ritorno a San Siro contro il Bayern, che nel torneo ha segnato 29 gol e punta alla finale in casa, l’Inter sabato dovrà superare l’ennesimo esame di maturità. Contro il Cagliari, dovrà affrontare Luperto e Piccoli come fossero Kimmich e Sané, evitando un passo falso come quello di Parma, dove i campioni d’Italia si sono fatti rimontare dal 2-0 al 2-2 da una squadra che lotta per non retrocedere. Nulla di strano, in una corsa scudetto in cui il Napoli ha lasciato due punti a Venezia e tre a Como, e guarda con legittimo sospetto un calendario che le metterà di fronte solo squadre di medio-bassa classifica. All’Inter toccheranno Bologna, Roma e Lazio. Sulla carta, un percorso più difficile. Ma nel caos di motivazioni del finale di stagione, chi vivrà vedrà. Ed è proprio “siamo ancora vivi” la frase preferita di Inzaghi, che prima di presentarsi ai microfoni ha preso l’abitudine di mettersi l’elmetto. Si difende, contrattaccando, da due tipi di critiche: quelle ai suoi giocatori e quelle ai cambi, quasi sempre forzati, in una squadra in cui un buon terzo della rosa convive con acciacchi, da Lautaro a Thuram, da Taremi a De Vrij.
Le differenze con la squadra di 15 anni fa
Sa bene di rischiare di chiudere la stagione con zeru tituli. Ma vede anche la possibilità di replicare le gesta di chi quell’espressione l’ha inventata. In più, l’Inter di Mourinho aveva l’esperienza: “Eravamo quasi tutti capitani di nazionali”, ricorda Dejan Stankovic. Ma anche la squadra di Inzaghi si è abituata ai lunghi voli e agli speaker degli stadi che parlano altre lingue. Con Conte, l’Inter in Champions usciva da ultima al girone, ora non si pone limiti. Nemmeno quando l’obiettivo appare abnorme: triplete, o treble che dir si voglia. Nella storia ce l’hanno fatta otto squadre appena. Per due volte, solo Bayern e Barcellona: l’avversaria dei quarti e quella probabile delle semifinali. Sognare di volare non costa nulla, e per farcela devi provarci. Chiedetelo al coleottero.