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Spagna-Inghilterra, la finale è il derby d’Europa: soldi, trofei, precedenti

Stasera si incoronano i campioni: a Berlino due modelli a confronto. Altra sfida dopo l’U21 e il mondiale donne. E la Champions è cosa loro

BERLINO — Carico di storia com’è, l’Olympiastadion si presta al rischio delle iperboli: l’Italia di Spalletti lo ha appena verificato. Ma prima di questa finale berlinese dell’Europeo è lecito esagerare un po’. Tutta l’Inghilterra la aspetta con ansia, per celebrare finalmente un grande trofeo dopo il Mondiale di 58 anni fa. Il ct Southgate lo ammette: «Più che nel destino io credo nei sogni. E noi abbiamo l’occasione di regalarne uno al nostro popolo». Invece tutta la Spagna aspetta l’appuntamento con gusto, per diventare la nazionale più vincente di sempre all’Europeo (oggi ha tre titoli, come la Germania) e per dimostrare che spettacolo e vittoria possono andare di pari passo. Il ct De la Fuente si concede la frase a effetto: «I giocatori sfruttino l’occasione di unire il nostro Paese come non succede da tempo».

Bellingham e Foden contro Yamal e Williams

Seguono le semplificazioni del caso. La meglio gioventù: Bellingham e Foden contro Yamal e Williams. Il centravanti più concreto, mestiere per uomini maturi: Morata contro Kane. Il centrocampista più decisivo: la freschezza di Mainoo contro la razionalità di Rodri. Infine, il ct da laureare: De la Fuente, che nelle Under spagnole ha allenato mezza Roja di oggi, contro Southgate, che voleva fare il giornalista e che dai giornalisti viene giudicato ogni giorno, sbeffeggiato e adesso incensato, con l’invito alla FA, la federcalcio di Londra, perché lo mantenga in sella fino al Mondiale 2026.

Real-City in Champions antipasto della finale

In tribuna re Felipe e il principe William, accompagnati dai due premier Sanchez e Starmer, certificheranno che tra Spagna e Inghilterra, al di là della Brexit, è in gioco soprattutto la corona calcistica d’Europa. Al netto della Francia, che ha un debole per il Mondiale, il duello tra i due movimenti in campo stasera è l’unità di misura da vent’anni. Dal 2004, su 20 edizioni della Champions, 16 le hanno vinte squadre spagnole (10: il Real quest’anno) o inglesi (6: il City l’anno scorso). Ancelotti, demiurgo madridista, ha riassunto così: la vera finale della Champions è stata, nei quarti, Real-City. Certo, quel duello era anche figlio dello strapotere economico: è per soldi che Bellingham gioca nel Real Madrid e Rodri nel Manchester City.

L’eterno Spagna-Inghilterra

Però qui è diverso. La nazionale spagnola non è mai stata così ecumenica e così poco targata Real e Barcellona, come De la Fuente rivendica. E in questa nazionale inglese, col portiere dell’Everton Pickford e il centrale Guéhi del Crystal Palace (che ha il record dei convocati, 4 su 26), l’appartenenza alla Premier League si ammanta di fierezza. Nel 2023 l’Europeo Under 21, massima vetrina giovanile, lo ha vinto l’Inghilterra (1-0) sulla Spagna, il Mondiale femminile la Spagna (1-0) sull’Inghilterra: nulla di casuale, molto di programmato.

Inghilterra, una maledizione da allontanare

Il travolgente percorso spagnolo, 6 vittorie su 6 con bel gioco accluso, non indirizza il pronostico: Southgate sembra avere raddrizzato l’accidentato cammino inglese, la rovesciata di Bellingham alla Slovacchia all’ultimo respiro, i rigori con la Svizzera, la finale scritta dalla girata in extremis di Watkins, invocato da preghiere immemori al posto del capitano Kane. A proposito di preghiere, quella scritta a Southgate dell’ex ct dell’Inghilterra, lo svedese Eriksson, è andata dritta al punto: «Vinci per tutti noi successori di Sir Alf Ramsey, che non ci siamo riusciti mai dopo il 1966: fallo per me e per Bobby Robson». La corsa per la corona è qui, gli altri si consolano come possono. La Francia si accontenta dell’arbitro Lexetier. Tre anni fa Chiellini e l’Italia sollevavano la coppa a Wembley. Poteva andare meglio.

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