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Spagna, l’ex ct Clemente: “Ho allenato De la Fuente, mai avrei creduto che avrebbe fatto l’allenatore”

Il tecnico che ha allenato la Nazionale e l’Athletic Bilbao non è però stupito del successo dell’attuale commissario tecnico

BARCELLONA Javier Clemente difficilmente utilizza filtri. Una cosa o è bianca o è nera: “Non avevo mai pensato alla possibilità che Luis De la Fuente potesse diventare allenatore”. E, lui, lo conosce bene l’attuale commissario tecnico della Spagna – che domani sera affronta l’Inghilterra nella finale dell’Europeo di Germania – per averlo avuto ai suoi ordini, da calciatore, a Bilbao.

Era l’epoca d’oro dell’Athletic Club campione di Spagna per due anni di fila, tra il 1982 e il 1984. Trionfi che, qualche anno dopo, gli valsero l’incarico di ct delle allora Furie rosse.

E c’era proprio lui sulla panchina della Spagna nel 1994, quando, ironia della sorte, la furia di Mauro Tassotti se la prese con il setto nasale di Luis Enrique: “Quell’anno, se avessimo eliminato gli azzurri, avremmo vinto il Mondiale. Quella, però, era un’Italia fortissima”, assicura prima di inveire contro i detrattori del catenaccio. Ma andiamo in ordine.

Buongiorno mister, le piace come gioca la Spagna di De la Fuente?

“Tanto. E quello che mi piace di più è che gioca molto sulle fasce e a grande velocità. Luisito sta facendo bene oramai da diversi anni, sin da quando allenava le categorie inferiori. E, per questo, ho sempre avuto la speranza che un giorno sarebbe arrivato sulla panchina della nazionale maggiore”.

Perché le cose gli stanno andando bene?

“È intelligente e sceglie i buoni giocatori. Perché senza una buona squadra, un allenatore non vincerà mai niente”.

Buona parte di questi calciatori li aveva anche Luis Enrique.

“Beh, non tutti. Non è la stessa squadra perché ora ci sono Nico Williams e Lamine Yamal. E la differenza più grande la fanno quei due perché se si analizza la Spagna è chiaro che la maggior parte delle azioni offensive si svolgono con l’intervento delle due ali”.

Se ai tempi di Usa ’94 fosse esistito il VAR, la sua Spagna sarebbe arrivata, probabilmente, almeno in semifinale.

“Sì, perché avremmo eliminato l’Italia. Ma, in realtà, sono convinto che saremmo diventati campioni del mondo perché quell’anno avevamo la squadra più forte. Detto questo, ci ha battuto un’Italia fortissima che non ha nulla a che vedere con l’Italia di oggi”.

Non ce lo ricordi.

“Il livello del calcio degli anni Ottanta era molto più alto di quello di oggi. Il problema dell’Italia radica nel campionato italiano. Non ci sono più i giocatori di una volta. Allora l’Italia dominava, rappresentava l’élite del calcio europeo. Perché? Beh, perché c’erano club con molti soldi. C’erano Berlusconi e tanti altri presidenti che compravano buoni giocatori e gli italiani si ritrovavano a competere contro i migliori. E tutto ciò incide sul livello generale”.

Da qualche lustro, in Italia c’è, ciclicamente, carenza di talento. La Spagna, invece, anche quando la Roja non vinceva, ha continuato a formare calciatori di qualità.

“Dipende da cosa si insegna nelle ‘canteras’ e nei club. I bambini imitano i loro idoli. Noi in Spagna avevamo il migliore al mondo: Lionel Messi. Da quando Messi ha iniziato a giocare nel Barcellona, 20 anni fa, ha fatto vedere delle cose uniche che i bambini di 5, 6 e 7 anni hanno provato a imitare e da lì nasce la pratica del calcio e viene fuori il talento. Ora, però, le faccio io una domanda: per quale aspetto del gioco l’Italia era considerata un punto di riferimento nel mondo?”.

Per quello difensivo.

“E come lo chiamavate?”.Il catenaccio.”Ecco, in Italia il catenaccio è scomparso. Prima l’Italia era fortissima e quando giocavi contro di loro dicevi sempre ‘mamma mia, sono davvero molto forti, è impossibile segnare contro di loro’. Ebbene, qualcuno ha poi deciso che difendersi bene, fare catenaccio, è negativo. E per quale aspetto del gioco l’Italia è considerata oggi un punto di riferimento? Nessuno!”.

Torniamo al Var: per Koeman non è calcio.

“Il problema del Var è che sbaglia spesso. Per esempio, la mano di Cucurella: il mese scorso in Liga avrebbero fischiato rigore per un fallo del genere. Ma c’è qualcuno che si dedica a cambiare i criteri ogni cinque giorni. Vanno a bere una birra insieme e stabiliscono una nuova regola. Un braccio staccato dal corpo è sempre stato rigore. Oggi, però, arriva la Uefa e dice che all’Europeo un braccio staccato non è più rigore. Il Var ha cose buone, ma è gestito malissimo. Il fallo di Dumfries su Kane, però, non solo era rigore ma anche espulsione”.

Chi vincerà la finale e perché la vincerà?

“Facile: chi segnerà più gol”.

Si vede che ha conosciuto Vujadin Boskov.

“Vujadin era un tipo molto simpatico… Beh, la Spagna è favorita. L’Inghilterra è inferiore e, se non si preoccuperà di neutralizzare le virtù della squadra di De la Fuente, perderà. Se, invece, deciderà di provarci, a differenza di quanto fatto dalla Francia, sarà una gara molto complicata perché anche loro hanno ottimi giocatori. E poi le finali sono sempre molto difficili e imprevedibili. C’è molto nervosismo, tensione e, talvolta, ci si mette anche l’arbitro… Vedremo”.

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